Perdite su crediti

I comportamenti caso per caso
01 IL CREDITO PRESCRITTO NEL 2011
Nel periodo d'imposta 2011 si è verificata la prescrizione quinquennale di un credito vantato dalla società nei riguardi di un cliente, relativo alla somministrazione di servizi da cui scaturiscono pagamenti periodici. Non si è verificata alcuna interruzione o sospensione della prescrizione. La società non ha dedotto ai fini fiscali la perdita nel 2011 e intende effettuare la deduzione nella prossima dichiarazione dei redditi
La norma in base alla quale gli elementi certi e precisi sussistono quando il diritto alla riscossione è prescritto ha effetto dal periodo d'imposta in corso al 12 agosto 2012 ma l'agenzia delle Entrate ha chiarito che si tratta di una fattispecie estintiva del credito che operava già in passato (circolare 26/E/2013). Non è, quindi, possibile dedurre la perdita in Unico 2014, essendo la stessa di competenza del periodo 2011
02 POSSIBILE LO SGRAVIO PARZIALE
Nel 2013 è stata emessa una sentenza dichiarativa di fallimento di un debitore e l'impresa creditrice non intende dedurre integralmente la perdita, dato che c'è la fondata possibilità di recuperare il 30% del credito sulla base delle risultanze dell'inventario predisposto dal curatore. Si intende, quindi, imputare al conto economico 2013 e dedurre conseguentemente in Unico 2014 soltanto il 70% della perdita
Il comportamento è corretto, perché il periodo d'imposta in cui dedurre la perdita va individuato, in base al principio di derivazione, dando rilievo alla scelta effettuata nel conto economico applicando le ordinarie regole di competenza (circolare 26/E/2013). Va fatto, a tal fine, riferimento alle risultanze dei documenti di natura contabile e finanziaria redatti o omologati dall'organo della procedura
03 FACTORING: COSÌ LO SCONTO
Un credito vantato nei riguardi di un cliente è venduto mediante una operazione di factoring con cessione pro soluto, con trasferimento dei rischi inerenti. La differenza tra il corrispettivo e il valore nominale del credito, al netto dell'importo accantonato al fondo svalutazione crediti, viene iscritta come perdita alla voce B.14 del conto economico. Il credito è cancellato dal bilancio relativo all'esercizio in cui avviene la cessione
La perdita è deducibile ai fini fiscali perché la cancellazione del credito è stata effettuata in applicazione dei principi contabili. La bozza del documento che integra il principio Oic 15 chiarisce che la cessione pro soluto del credito comporta la sua cancellazione dal bilancio se sono effettivamente trasferiti tutti i rischi. L'agenzia delle Entrate può disconoscere la deduzione della perdita in caso di operazione elusiva o antieconomica
04 BOCCIATA LA CESSIONE «LIMITATA»
Un credito nei confronti di un cliente è ceduto in base a un contratto nel quale la cessione è definita come pro soluto. In base a un accordo collaterale il cedente è, però, tenuto a risarcire il danno pagando una penale in caso di mancato pagamento del debitore. Il contribuente decide di cancellare il credito dal bilancio nel quale è iscritta la perdita
La perdita su crediti non risulta deducibile in sede di determinazione del reddito d'impresa. La bozza del documento che integra il principio contabile Oic 15 chiarisce che l'obbligo contrattuale di pagare una penale è equiparabile alla garanzia offerta in caso di cessione pro solvendo e il credito non può essere, quindi, cancellato dal bilancio
05 DEDUZIONE IN CASO DI RINUNCIA
Un'impresa rinuncia alla riscossione di un credito al fine di mantenere buoni rapporti con la società debitrice in vista di future occasioni di commesse di lavori. L'abbandono del credito non dipende, quindi, dalla sua irrecuperabilità ma da una scelta di convenienza, operata in considerazione anche dell'attuale situazione di crisi economica e che si inserisce nella complessiva strategia aziendale, ispirata da criteri di economicità
Il credito può essere cancellato dal bilancio perché i diritti contrattuali sui flussi finanziari si estinguono (bozza Oic 15). La perdita è, quindi, deducibile ma a condizione che la stessa risulti inerente, cioè non sia configurabile un atto di liberalità (come precisato anche dalla circolare 26/E/2013). Deve essere, pertanto, provata dall'impresa l'inconsistenza patrimoniale del debitore o, come nel caso in esame, l'inopportunità dell'azione esecutiva

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