Dopo i controlli d'obbligo la pausa di 60 giorni

A conclusione delle operazioni di controllo, il termine dei 60 giorni, prima dei quali l'ufficio non può emettere l'atto impositivo, va rispettato, a pena di invalidità, anche in assenza di compilazione del verbale di constatazione.
Ad affermare questo principio è la Corte di Cassazione, sezione tributaria con la sentenza 5373 depositata ieri (pres. Cirillo, rel. Perrino). 
La pronuncia evidenzia, in modo inequivocabile, l'invalidità dell'accertamento per il mancato rispetto del termine dilatorio a prescindere dalla redazione o meno del processo verbale di constatazione. Si tratta di una questione molto delicata e interessante sia perché si verifica in pratica abbastanza frequentemente, sia perché gli uffici dell'agenzia delle Entrate sostengono la tesi esattamente contraria, come nella vicenda oggetto della pronuncia della Suprema Corte. Di sovente, infatti, per svolgere un controllo, i funzionari del fisco si recano presso la sede dell'azienda, ritirano i documenti e proseguono il controllo in ufficio ovvero, pur restando in azienda, limitano la verbalizzazione a poche attività svolte.
In sostanza viene direttamente emesso l'accertamento senza farlo precedere da alcun verbale di chiusura delle operazioni, o, al più, viene redatto un verbale interlocutorio avente le più svariate denominazioni (contraddittorio, operazioni eseguite e così via) che sempre secondo l'assunto delle Entrate non determina il ripetuto diritto sancito dalla menzionata norma, non trattandosi di verbale di constatazione.
Nella vicenda oggetto della sentenza, d una società veniva rettificata la dichiarazione Iva per aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti. L'impresa impugnava l'atto emesso a seguito di alcuni verbali di accesso, l'ultimo dei quali redatto 30 giorni prima (e non 60) dell'accertamento, in violazione del disposto dell'art. 12, co. 7 della legge 212/2000. La commissione provinciale rigettava il ricorso mentre i giudici di appello condividevano la tesi del contribuente. Ricorreva allora per cassazione l'amministrazione evidenziando, in sintesi, che nella specie, non essendo stato redatto un Pvc non poteva applicarsi la predetta regola.
La Suprema corte ha respinto il ricorso confermando l'invalidità dell'atto impositivo emesso "ante tempus" a prescindere dalla tipologia e dalla denominazione del verbale redatto, ciò sia in conformità alla pronuncia delle sezioni unite (18184/2013) sia di altre pronunce della stessa Suprema Corte (da ultimo 20770/2013).
I giudici hanno chiarito che occorre riconoscere il diritto al contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio che chiude le operazioni di accesso, ispezione o verifica. Ciò affinché l'amministrazione possa valutare il proprio interesse non soltanto alla luce degli elementi raccolti ma anche alle osservazioni su di essi rese dal contribuente.
Fonte: il sole 24 ore autore Antonio Iorio

Commenti