Imposizione integrale in caso di recesso da società di persone

Per individuare l’anno di tassazione, rileva la data in cui si è esercitato il diritto di recesso
La dichiarazione di recesso da parte del socio di società di persone produce significativi effetti fiscali sia riguardo alle imposte indirette che, soprattutto, per le imposte dirette.
In particolare, laddove si decidesse di assegnare al socio uscente un immobile strumentale, occorre considerare che tale operazione sarebbe esente da IVA, salvo che il cedente non abbia optato in atto per l’imponibilità.
Tali assegnazioni sono soggette, inoltre:
- all’imposta di registro in misura fissa (200 euro);
- l’imposta ipotecaria con aliquota del 3%;
- l’imposta catastale con aliquota dell’1%.
Ai fini dell’imposta di registro e delle imposte ipotecaria e catastale, la base imponibile è rappresentata dal valore venale in comune commercio alla data dell’atto. Non risulta applicabile, invece, la valutazione automatica basata sul valore catastale dell’immobile, preclusa per gli immobili diversi da quelli a destinazione abitativa.
Con riferimento all’imposizione diretta, la fattispecie appare più complessa. In caso di recesso da società di persone, il reddito del socio uscente è determinato a norma dell’art. 20-bis del TUIR che, rimandando all’art. 47 comma 7 del TUIR, lo quantifica in base alla differenza tra le somme ricevute (o il valore normale dei beni assegnati) e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Per valore normale del bene si intende quello determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR, ovvero il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari. Accettando l’impostazione dottrinaria prevalente, secondo cui il reddito percepito dal socio che recede da una società di persone ha natura di reddito d’impresa, esso è integralmente imponibile in capo al socio.
Solo nel particolare caso in cui, a fronte dell’attribuzione del bene, vengano annullate riserve di capitali, si rende necessario distinguere l’importo corrisposto al socio a titolo di utile dall’importo residuo al quale verrà applicato il regime delle plusvalenze (se eccedente rispetto al valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione). Tale “importo residuo”, qualora riferito a partecipazioni con i requisiti di cui all’art. 87 del TUIR, ai sensi dell’art. 58 del TUIR non concorrerebbe alla formazione del reddito imponibile in quanto esente limitatamente al 50,28% del relativo ammontare.
Per i redditi da recesso, il regime naturale è quello della tassazione separata, con facoltà di optare per il regime ordinario nella dichiarazione dei redditi. Considerato che il reddito prodotto dal socio recedente ha natura di reddito d’impresa, in applicazione dell’art. 109 commi 1 e 2 del TUIR, l’esercizio di competenza dovrebbe essere individuato, in linea generale, in quello in cui è avvenuta la dichiarazione di recesso.
Assegnazione d’azienda “neutrale”
A differenza da quanto avviene in caso di assegnazione di singoli beni, il recesso del socio con assegnazione d’azienda presenta gli stessi profili fiscali della continuazione dell’attività imprenditoriale da parte dell’unico socio nella forma dell’impresa individuale; se ne differenzia solo perché, sul piano civilistico, il recesso presuppone una sopravvivenza della rimanente compagine sociale, ma i profili fiscali che ne conseguono sono pressoché identici.
Nelle imposte dirette, muovendo da quanto sostenuto dalla circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54, l’assegnazione di azienda al socio che abbia esercitato il recesso non realizza plusvalenze in capo alla società assegnante, a condizione che:
- il socio (recedente) continui l’attività sotto forma di impresa individuale;
- mantenga inalterati i valori dei beni ai fini fiscali.
In pratica, vige lo stesso principio di neutralità fiscale proprio del conferimento di azienda regolato dall’art. 176 del TUIR; tanto che nello studio del Notariato n. 74-2011/T si parla di una sorta di “conferimento rovesciato”.
Dal punto di vista delle imposte indirette, l’imposta di registro è dovuta in misura fissa, ma si segnala che la ris. Agenzia delle Entrate 3 aprile 2006 n. 47 ha affermato come, in caso di assegnazione d’azienda con beni immobili, sia necessario applicare le ipocatastali in misura proporzionale, comportando l’assegnazione un caso di trasferimento di beni immobili aziendali.
Tuttavia, tale impostazione ha subito diverse critiche in dottrina: infatti, in caso di continuazione dell’attività imprenditoriale i beni aziendali non fuoriescono dall’impresa e quindi non si realizza quell’effetto traslativo che giustificherebbe la misura proporzionale delle imposte ipocatastali.
Fonte: Eutekne autore Salvatore Sanna

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