La cartella deve essere chiara

È illegittima la cartella che si limiti ad una motivazione «incomprensibile» quando non è stata preceduta da un atto prodromico. Ad affermarlo è la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 8934/2014, depositata il 17/4/2014.
La vicenda trae origine da una cartella di pagamento emessa in seguito al controllo automatizzato che è previsto dall'articolo 36-bis del Dpr 600/73. Normalmente, in esito a tali verifiche, l'amministrazione finanziaria invia il cosiddetto avviso bonario, dal quale (a grandi linee) è possibile desumere la motivazione del provvedimento.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, il contribuente – impugnata la cartella di pagamento – lamentava che in assenza della notifica della predetta comunicazione, la motivazione stringata che era stata riportata nell'iscrizione a ruolo non gli consentiva di comprendere le ragioni della pretesa. Una doglianza che appariva fondata a entrambi i giudici di merito investiti del caso. Infatti, sia in primo sia in secondo grado veniva confermata la nullità del provvedimento emesso a carico del contribuente.
In particolare la Ctr (Commissione tributaria regionale) precisava che la cartella di pagamento non costituisce un semplice atto di riscossione, bensì un accertamento del debito di imposta quando non sia preceduta da un autonomo avviso di accertamento. Da ciò consegue che la cartella deve contenere anche una sufficiente motivazione circa la ragione dei recuperi, senza che l'amministrazione possa "sanare" il vizio in sede di giudizio, allegando prove che in precedenza aveva omesso.
Contro la decisione della Commissione, l'agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, eccependo che il collegio di seconde cure aveva trascurato che la cartella di pagamento era stata preceduta dalla notifica dell'avviso bonario. Pertanto, il contribuente aveva avuto modo di comprendere la natura della pretesa.
I giudici di legittimità hanno tuttavia confermato le decisioni di merito.
Preliminarmente, hanno rilevato che la pretesa riguardava il recupero di un credito di imposta, che di per sé avrebbe obbligato l'ufficio a precisare se le somme dovute derivassero dall'erronea contabilizzazione ovvero dall'inesistenza dei presupposti per la spettanza.
Sono così stati richiamati i princìpi già affermati nella sentenza n. 26330 del 16 dicembre 2009, secondo i quali la cartella esattoriale che non sia stata preceduta da un avviso di accertamento deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intelligibile.
Tale obbligo, secondo i giudici, deriva dai princìpi di carattere generale indicati dalla legge 241/1990 e recepiti in materia tributaria dall'articolo 7 della legge 212/2000 (lo Statuto del contribuente).
In effetti, le cartelle di pagamento contengono ordinariamente sintetiche motivazioni, il più delle volte limitate a meri riferimenti normativi. La pretesa è, così, determinata con meri calcoli matematici in rettifica delle poste indicate nella dichiarazione del contribuente.
Questo chiarimento contenuto nella decisione della Cassazione consente di affermare che chi riceva una comunicazione di iscrizione a ruolo deve disporre di sufficienti elementi per comprendere la posizione dell'ufficio in ordine alla somma richiesta. In caso contrario, la pretesa dell'amministrazione è illegittima.
Fonte: Il sole 24 ore

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