Sui bilanci il nodo rivalutazione

Per chi intende rinunciare effetti rilevanti sui rendiconti già chiusi o in chiusura
L'obbligo di pagare le imposte sostitutive sulla rivalutazione dei beni aziendali in unica soluzione ed entro il 16 giugno 2014, anziché in tre rate, previsto dal decreto legge Renzi pubblicati ieri (Dl 66/2014 articolo 4), sta mettendo in difficoltà le imprese che hanno sfruttato questa chance. Si sta determinando anche la necessità di rivedere le scelte effettuate nella redazione del bilancio. 
«È evidente – spiega infatti Andrea Trevisani, direttore Politiche fiscali di Confartigianato – che costringere le imprese ad effettuare un unico versamento per gli importi dovuti sulla rivalutazione dei beni d'impresa, i cui positivi effetti sono spostati nel tempo, ridurrà ulteriormente la convenienza per le imprese. Peraltro, la norma in sé appare già poco "interessante", considerati sia la crisi di liquidità delle aziende come pure il decremento di valore che hanno subito gli asset, in primis gli immobili strumentali». 
La pianificazione finanziaria posta alla base della decisione di procedere alla rivalutazione andrà perciò rivista. «E si tratta – sottolinea Alessandro Solidoro, presidente dell'Ordine dei dottori commercialisti di Milano – di una necessità provocata da una decisione del legislatore di modifica in corso d'opera il contesto normativo di riferimento. Capisco che sia stato fatto per esigenze di gettito, ma non si possono sottovalutare effetti collaterali che minano ancora una volta il rapporto di fiducia tra contribuenti e fisco».
Le conseguenze della disposizione del Dl Renzi non possono non avere effetti, inoltre, sulla procedura di approvazione del bilancio d'esercizio 2013, adempimento cui sono chiamate molte imprese entro il prossimo 30 aprile. Si tratta di un effetto che pare essere stato sottovalutato da chi ha deciso, all'ultimo istante, di modificare i termini previsti nella Legge di stabilità sulla procedura di rivalutazione. Questa disciplina consente la rivalutazione con il pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'Irap e di eventuali addizionali pari al 16% con riferimento ai beni ammortizzabili e al 12% per quelli non ammortizzabili. Questo versamento poteva essere eseguito col pagamento in un'unica soluzione o, in alternativa, in tre rate annuali senza l'applicazione di interessi legali. 
Pertanto, supponendo che un'impresa procedesse a rivalutare di 5 milioni di euro i beni ammortizzabili in dotazione, dovrà versare un'imposta sostitutiva di 800mila euro. Per effetto della modifica voluta ora dall'Esecutivo, l'impresa dovrà versare questo importo interamente il prossimo 16 giugno e non più in tre rate di 266mila euro circa. Seguendo il filo dell'esempio riportato, l'impresa dovrà far fronte ad un maggior flusso finanziario in uscita di oltre 533 mila euro. Non poco. Non è inverosimile, quindi, che con queste nuove regole molti tornino sui propri passi, declinando l'opportunità di rivalutare, per altri versi già poco conveniente. 
Il problema è capire come rinunciare. Per chi non avesse ancora approvato il bilancio, con annessa rivalutazione, ma ha già redatto il progetto di bilancio (onere posto a carico degli amministratori dai 15 ai 30 giorni antecedenti l'approvazione), si ritiene che, d'accordo con le indicazioni dei principi contabili Oic 29 e Ias 8, sia possibile, in sede di approvazione del bilancio, apportare eventuali correzioni tendenti ad annullare la rivalutazione eseguita, eliminando i maggiori valori iscritti, la riserva di valutazione e le imposte anticipate iscritte.
La dottrina prevalente, infatti, sembra escludere che la modifica di norme tributarie sostanzi una delle cause che consentano il differimento dei termini di approvazione del bilancio, in base all'articolo 2364 del Codice civile, poiché sarebbe basata su cause palesemente esterne alla vita sociale, e non interne (oggetto sociale) e strutturali alla stessa come richiede, oggi, il Codice civile.
Chi, invece, ha già approvato il bilancio potrebbe trovarsi in un vicolo cieco. In tale caso, infatti, andrebbe valutata l'ipotesi di convocare una nuova assemblea, oltre i termini previsti dagli articoli 2364 e 2478-bis del Codice civile, che riapprovi un bilancio corretto da sostituire al precedente.
Fonte: Il sole 24 ore autore Marco Bellinazzo Alessandro Sacrestano

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