Confermata l’impugnazione «facoltativa» della risposta all’interpello

Per la Cassazione, non è corretta la sentenza 8663/2011, che rendeva di fatto obbligatorio il ricorso contro il diniego della DRE
La Corte di Cassazione, con la sentenza 11929 depositata ieri, ribadisce che il ricorso contro la risposta all’interpello della DRE è facoltativo, quindi la sua omissione non comporta nessuna conseguenza processualmente pregiudizievole per il contribuente.
Ai sensi dell’art. 37-bis comma 8 del DPR 600/73, “le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi. A tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio, descrivendo compiutamente l’operazione e indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione”.
Il c.d. “interpello disapplicativo” consente quindi al contribuente che debba porre in essere un’operazione potenzialmente elusiva di chiedere alla DRE la rimozione degli effetti di una norma introdotta alla scopo di inibire determinati comportamenti.
Quanto detto vale anche per l’interpello presentato per la disapplicazione del regime di cui all’art. 30 della L. 724/94 in tema di società non operative, posto che la domanda di interpello è inviata ai sensi dell’art. 37-bis comma 8 del DPR 600/73.
I giudici richiamano, condividendola, la precedente pronuncia 17010/2012, e ritengono errata la presa di posizione espressa con la sentenza 8663/2011, che tanto ha fatto preoccupare i difensori.
Accogliendo la tesi di quest’ultima sentenza, infatti, la risposta della DRE viene equiparata ad un diniego di agevolazione, atto non solo autonomamente ma anche necessariamente impugnabile, per cui l’omesso ricorso contro la risposta della DRE avrebbe comportato l’impossibilità di difesa nel merito nell’impugnazione contro l’atto successivo, sia questo un accertamento o un silenzio-rifiuto.
In sostanza, il rapporto tra risposta della DRE e accertamento/diniego di rimborso è il medesimo che sussiste tra accertamento e cartella di pagamento.
Non esaminata la questione sulla preventività
Invece, con la sentenza odierna si nega la menzionata equiparazione, e si stabilisce che, siccome l’impugnabilità della risposta deriva dall’interpretazione estensiva dei provvedimenti impugnabili elencati nell’art. 19 del DLgs. 546/92, tramite interpretazione l’interprete non può introdurre nessuna decadenza.
Ergo: il ricorso contro la risposta della DRE è facoltativo, e se viene omesso nessuna limitazione nell’oggetto della difesa si potrà verificare in sede di ricorso contro l’atto successivo.
Inoltre, viene riaffermato che la definitività della risposta della DRE, sancita dall’art. 1 comma 6 del DM 259/1998, postula solamente che essa non è suscettibile di ricorso gerarchico.
Alla luce di quanto illustrato, se sull’autonoma impugnabilità del diniego della DRE e sul carattere facoltativo del ricorso si ha, attualmente, una “copertura giurisprudenziale”, altrettanto non può dirsi in merito al requisito della preventività, comune secondo le Entrate a tutti gli interpelli.
Si veda la circolare 32/2010 § 5.2, ove si evidenzia come tale elemento sia da ricollegare al termine di presentazione della dichiarazione, rispetto al quale l’istanza di disapplicazione deve essere presentata in tempo utile.
Uno dei quesiti posti alla Cassazione riguardava proprio la validità di un interpello presentato tardivamente, che funga da “sanatoria” per le condotte pregresse, ma il quesito, per motivi processuali, non è stato esaminato.
Fonte: Eutekne autore Alfio CISSELLO

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