Non sanzionabile la dichiarazione di variazione dati IVA tardiva

Si tratta di questione meramente formale, che non incide sui controlli, sulla determinazione e sulla liquidazione del tributo
L’art. 35 del DPR 633/72 stabilisce che i contribuenti, anche con mezzi telematici oppure avvalendosi degli intermediari abilitati, devono inviare all’Amministrazione finanziaria la dichiarazione di inizio, variazione e cessazione attività, entro trenta giorni decorrenti da quando si verifica il fatto relativo alla denuncia.
Ad esempio, se muta il luogo dove vengono conservate le scritture contabili, entro trenta giorni dalla variazione occorre inviare la comunicazione, e lo stesso dicasi per la localizzazione dell’attività.
Per le inadempienze, è prevista una sanzione da 516 euro a 2.065 euro.
La Commissione tributaria regionale di Palermo, con la sentenza 157/2/13, ha affermato, richiamando il concetto di violazione formale, che non può essere sanzionato il ritardo nell’invio della comunicazione di variazione dati (nella specie, di novanta giorni), nella misura in cui non ci sia stata alcuna incisione sui controlli fiscali, né sulla determinazione o liquidazione del tributo.
Nel caso in oggetto, la comunicazione riguardava la cessazione di un cantiere.
Peraltro, l’applicazione dell’esimente relativa alla natura formale non sanzionabile della violazione, prevista dall’art. 6 comma 5-bis del DLgs. 472/97, non può essere lasciata alla discrezionalità dell’ente impositore.
Nonostante l’aspetto non sia stato trattato nella sentenza, vi è da ricordare come l’art. 5 comma 6 del DLgs. 471/97, nel contemplare la sanzione, affermi che essa “è ridotta a un quinto del minimo se l’obbligato provvede alla regolarizzazione della dichiarazione presentata nel termine di trenta giorni dall’invito dell’ufficio”.
L’invio del menzionato invito dovrebbe essere obbligatorio, pena una irragionevole disparità tra contribuenti, ove si ammettesse che sia l’Ufficio a decidere quando e a chi notificare l’invito.
Occorre anche l’invito alla regolarizzazione
Da quanto esposto dovrebbe discendere che, ove l’invito sia omesso, se il giudice accerta la debenza della sanzione, essa dovrebbe comunque essere applicata nella misura di un quinto del minimo, per cui nella misura di euro 103 (516/5).
La tesi del carattere formale non sanzionabile della violazione era stata sostenuta pure dalla Provinciale di Salerno nel 2001, con la sentenza n. 231.
Persuade il ragionamento secondo cui la violazione è formale quando non ha inciso in concreto sui controlli, posto che essi avvengono a distanza di anni da quando è stata inviata la comunicazione o la dichiarazione che di volta in volta può essere considerata.
Così è stato deciso, ad esempio, per le sanzioni irrogate agli intermediari come conseguenza del tardivo invio delle dichiarazioni dei redditi, ove il ritardo era di pochi giorni (Provinciale di Torino n. 1 del 2009).
La Cassazione, specificando il concetto di violazione formale, ha di recente stabilito che occorre un’indagine concreta e non astratta, eseguita ex ante e non ex post, siccome in caso contrario “l’intero sistema dell’illecito tributario risulterebbe privo di efficacia deterrente, dovendo in tal caso attribuirsi tautologicamente la qualifica di violazione formale a qualsiasi illecito che venga ad essere comunque scoperto dagli Uffici nell’esercizio della attività di controllo consentendo quindi di accertare l’effettivo imponibile o la imposta dovuta” (Cass. 27678/2013).
Fonte: Eutekne autore Alfio CISSELLO

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