Dichiarazione omessa: il credito non è perso

Potrebbe accadere che una dichiarazione, dalla quale emerge un credito, non sia presentata.
In questo caso appare ovvio come l’Agenzia delle Entrate possa disconoscere, già in sede di controllo formale, la spettanza del credito riportato nella dichiarazione successiva: ciò in quanto, ovviamente, il credito non risulta al sistema.
Il contribuente si vedrà quindi raggiunto da una comunicazione di irregolarità, con la quale gli Uffici potranno richiedere il pagamento del credito indebitamente esposto in dichiarazione, nonché gli interessi e le sanzioni.
Com’è possibile tutelarsi in questi casi?
Ebbene, il contribuente in oggetto, può comunque dimostrare l’esistenza del credito, provvedendo a fornire all’Agenzia delle Entrate la documentazione a supporto entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.
Più precisamente, come chiarisce la Circolare 21/E del 2013, con riferimento alle eccedenze IVA, può essere utile esibire i registri IVA e le relative liquidazioni, la dichiarazione cartacea relativa all’annualità omessa, le fatture e ogni altra documentazione ritenuta utile.
Ferma restando la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di effettuare le attività di controllo ai fini dell’IVA, delle imposte sui redditi o dell’Irap in merito alla dichiarazione omessa (anche al fine di accertare l’effettività sostanziale del credito maturato nel relativo periodo d’imposta), “la dimostrazione dell’esistenza contabile del credito pone il contribuente, ancorché tardivamente, nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato qualora avesse correttamente presentato la dichiarazione”.
In ogni caso, come precisato dalla stessa Agenzia delle Entrate (sempre nella stessa Circolare 21/E del 2013), a fronte del comportamento omissivo del contribuente sono comunque dovuti gli interessi e le sanzioni, sulla parte di credito effettivamente utilizzata (e non su tutto il credito spettante sulla base della dichiarazione omessa).
Sarà tuttavia possibile chiudere tempestivamente la posizione, potendo beneficiare della sanzione ridotta dal 30 al 10%, qualora si provveda al pagamento entro i termini previsti.
Volendo fornire un esempio, possiamo ipotizzare il caso di un contribuente che non ha presentato la dichiarazione per l’anno 2011. Dalla dichiarazione in oggetto emergeva un credito di euro 5.000 che è stato quindi riportato nella dichiarazione 2012.
Ipotizziamo inoltre che il credito sia stato utilizzato per euro 1.000.
Sulla base di quanto sopra esposto, è possibile chiarire che la sanzione potrà essere applicata solo sulla parte di credito effettivamente utilizzata prima della presentazione dell’istanza di riconoscimento del credito, quindi euro 1.000.
Con riferimento invece alla misura della sanzione, nel caso in cui si provveda a versare tempestivamente gli importi, si potrà comunque beneficiare della riduzione al 10% della sanzione.
Identico problema potrebbe essere posto con riferimento all’eventuale riporto delle perdite pregresse.
In questo caso il principio cui fare riferimento pare essere identico, ragion per cui si ritiene perfettamente percorribile la strada della “sanatoria” già a seguito del controllo formale.
Gli orientamenti precedenti - Le precisazioni fornite con la Circolare 21/E del 2013 non devono essere sottovalutati, in quanto, in precedenza, il riconoscimento del credito in fase di controllo formale non era ritenuto ammissibile.
Deve infatti essere ricordato come, con la Circolare 34 del 2012, l’Agenzia delle Entrate avesse ammesso il riconoscimento del credito soltanto in sede di conciliazione o mediazione e solo previo versamento delle sanzioni (che, come noto, sono ridotte al 40% in mediazione/conciliazione).
Gli Uffici si sono quindi limitati, prima delle indicazioni fornite nel 2013, ad applicare letteralmente tale precisazione, ritenendo necessaria la notifica di un ricorso.
Erano invece puntualmente respinte le richieste di annullamento dell’avviso bonario.
Un orientamento, questo, che comportava soltanto più costi in capo al contribuente per l’avvio della fase contenziosa senza che a ciò si contrapponessero maggiori garanzie sulla spettanza del credito.
L’unica strada alternativa, inoltre, era rappresentata dall’integrale pagamento di quanto richiesto, per poi provvedere a una richiesta di rimborso.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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