Beni ai soci, conseguenze indirette

I risvolti fiscali della liquidazione di una società di persone possono essere distinti tra una prima fase di liquidazione e una successiva fase di chiusura della liquidazione.
La fase di liquidazione
Per le società di persone e ditte individuali, l'articolo 182, comma 2 del Tuir afferma l'applicazione delle regole ordinarie del Tuir nella determinazione del reddito sia dei periodi intermedi sia in occasione del bilancio finale. Ciò significa, per le società di persone, che vengono imputati per trasparenza al socio i redditi provvisori dei periodi intermedi, mentre laddove tali periodi si chiudano con una perdita, occorre operare un diverso ragionamento.
Infatti solo nell'ultimo periodo del citato articolo 182, comma 2 il legislatore prende in considerazione le perdite, affermando che sono imputabili al socio (con le normali regole fissate dall'articolo 8 del Tuir) solo quelle generate dalla chiusura della liquidazione, non quelle dei periodi intermedi. Pertanto è necessario sospendere l'imputazione di queste perdite al socio, in attesa di determinare quelle globali in occasione della chiusura della liquidazione.
Tale interpretazione diviene più problematica se la liquidazione supera la durata di tre anni poiché in tal caso i periodi intermedi a determinazione provvisoria diventano ex nunc a determinazione definitiva e si pone il dubbio di come gestire le perdite di quegli stessi periodi la cui imputazione è stata sospesa. La tesi più letterale, e per certi versi più cauta, è quella di attendere comunque il periodo di chiusura della liquidazione e imputare in quel momento al socio le perdite generate negli esercizi precedenti.
La chiusura
L'operazione certamente più delicata e complessa che si manifesta nella fase di chiusura è l'assegnazione ai soci di beni. 
Per la società può generarsi materia imponibile derivante dal confronto tra il valore normale del bene e il valore fiscalmente riconosciuto, posto che l'assegnazione si configura come una destinazione di beni a finalità estranee all'impresa.
Il socio non subirà alcuna conseguenza fiscale connessa alla distribuzione poiché semplicemente riduce il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione senza che si crei un imponibile da dividendo.
Certo se si considera complessivamente l'operazione un riverbero fiscale sul socio comunque si manifesta dato che la differenza tra il valore normale del bene assegnato e il costo fiscalmente riconosciuto dello stesso genera (se differenza positiva come avviene nella più parte dei casi) una variazione in aumento del reddito della società che poi confluisce per trasparenza nel reddito da partecipazione attribuito al socio. 
Se al posto di riserve di utile venissero azzerate riserve di capitale (in contropartita del bene assegnato) si ricadrebbe nell'articolo 20 bis del Tuir, in base al quale occorre confrontare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione e il valore normale del bene assegnato.
Se il bene assegnato eccede il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, l'eccedenza costituisce reddito. Ma questo esito, nel caso che stiamo analizzando, è alquanto improbabile poiché anche se il bene presenta un valore normale più elevato dell'ammontare di capitale ridotto, questa differenza rappresenta proprio il reddito che la società attribuisce al socio per trasparenza, e l'attribuzione incrementa il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Fonte: Il sole 24 ore Paolo Meneghetti

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