Indagini finanziarie. In autotutela il riesame degli atti già emessi per i prelevamenti

Finalmente, dopo quasi dieci anni dall'entrata in vigore della legge 311/2004 (Finanziaria 2005), la Corte costituzionale ha posto rimedio alla "svista" del legislatore, stabilendo che i prelevamenti dei lavoratori autonomi non possono considerarsi automaticamente compensi "in nero" se non sono indicati i beneficiari.
In proposito, si noti che, per i prelevamenti dei professionisti, nel 2011 era già stata proposta una modifica normativa che avrebbe dovuto eliminare questa assurdità. Il rimedio era stato previsto dal decreto legge approvato dal Governo il 30 giugno 2011, che aveva cancellato tre parole «i prelevamenti o» dall'articolo 32, primo comma, n. 2, del decreto 600/1973 sull'accertamento, eliminando così la doppia presunzione relativa ai prelevamenti bancari. La norma, così ripulita, stabiliva che, in caso di indagini finanziarie, comunemente chiamati controlli bancari, i dati e gli elementi acquisiti relativi ai rapporti e alle operazioni finanziarie sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito tassabile o che non hanno rilevanza fiscale; alle stesse condizioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti gli importi riscossi (ma non quelli prelevati, che non sono certo compensi) nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni. Ma il decreto legge proposto nel giugno del 2011 non ebbe seguito. Ora, anche se con quasi 10 anni di ritardo, il rimedio è arrivato grazie alla Corte costituzionale.
Per i giudici della Consulta, anche se le figure dell'imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini, esistono specificità di quest'ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento prevista dalla norma censurata, alla cui stregua anche per i professionisti il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di compensi. Per la Corte, la presunzione che i prelevamenti non giustificati sono compensi è lesiva del principio di ragionevolezza (articolo 3), nonché della capacità contributiva (articolo 53) «essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati a un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito».
Dopo questa sentenza, la speranza è che ora gli uffici rivedano gli accertamenti emessi, per evitare la prosecuzione di un inutile contenzioso. Per agevolare questo compito è bene che i professionisti si attivino per chiedere il riesame degli accertamenti in autotutela, anche se per questi accertamenti è stato già instaurato il contenzioso. Come sanno bene gli uffici, l'autotutela è possibile fino all'emanazione del giudicato; l'autotutela è esclusa solo «per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'amministrazione». Il potere di annullamento d'ufficio o di revoca sussiste «anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati»; insomma, l'autotutela non ha limiti quando serve per eliminare evidenti ingiustizie.
Fonte: Il sole 24 ore autore Salvina Morina Tonino Morina

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