Rinunce dei soci ai crediti sempre nel patrimonio netto

L'Oic 28 obbliga a parificare il trattamento in bilancio
La rinuncia ai crediti da parte dei soci, anche di natura commerciale, va sempre imputata al patrimonio netto come posta avente natura di riserva di capitale. È quanto si evince dal nuovo Oic 28. La versione aggiornata del principio contabile afferma, infatti, che la rinuncia al credito – che si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società – è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio. 
Di conseguenza, la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una riserva di capitale. Si tratta di aspetti che possono avere una ricaduta anche sotto il profilo del calcolo dell'agevolazione Ace per la capitalizzazione (si veda l'articolo in basso).
Le modifiche
Proviamo a fare un passo indietro. Il principio contabile, nella versione precedente, espressamente prevedeva che il passaggio a capitale per rinuncia al credito dovesse riguardare i versamenti a titolo di finanziamento iscritti nella voce D.3 del passivo. La stessa affermazione non era, invece, esplicitata per la rinuncia a crediti di natura commerciale. 
Proprio per questo, nella prassi, molte imprese rilevavano tali ultime rinunce tra le sopravvenienze attive del conto economico e non nelle poste del patrimonio netto. 
Diversamente, il nuovo principio contabile consente un unico comportamento contabile per la rinuncia a crediti, a prescindere dalla natura degli stessi, commerciale o finanziaria: l'imputazione al patrimonio netto. 
La finalità
Ciò che rileva è la finalità della rinuncia: la stessa deve essere indirizzata a un rafforzamento patrimoniale e finanziario della società, evento che risulta sempre più frequente a seguito delle difficoltà conseguenti alla crisi economica e di bilanci che chiudono «in rosso». È, infatti, un'operazione diffusa quella di rinunciare da parte del socio creditore a un credito sorto per un finanziamento effettuato nei confronti della partecipata o derivante da una operazione commerciale alla stregua di qualunque altro fornitore di beni o servizi.
Dal punto di vista fiscale, nelle imposte sui redditi c'è sempre stata una assimilazione tra i versamenti in conto capitale o a fondo perduto e le rinunce dei soci ai crediti. In effetti, la rinuncia a un credito non è diversa dalla fattispecie in cui il socio venga saldato per un suo credito e contestualmente riversi il medesimo importo in favore della partecipata a titolo di versamento a fondo perduto. Alla luce di questa assimilazione, l'articolo 88, comma 4, del Tuir tratta i due fenomeni unitariamente prevedendo che entrambi non danno luogo a sopravvenienze attive. 
L'irrilevanza reddituale di tali versamenti e di tali rinunce deriva dalla constatazione che gli stessi hanno la natura di apporti, seppure atipici, estranei alla nozione di reddito nonché a quella di liberalità, in quanto non sono giustificati da uno spirito liberale ma da un vincolo associativo (risoluzione 152/E /2002). In altre parole, per il debitore il sopravvenuto arricchimento patrimoniale non è manifestazione di nuova capacità contributiva, ma di mero apporto di capitale.
Inoltre, l'irrilevanza reddituale vale non soltanto per i versamenti fatti in favore di soggetti Ires, ma anche per i versamenti fatti in favore di società di persone (articolo 56, comma 1, del Tuir). La stessa disposizione vale anche relativamente agli apporti effettuati dai detentori di strumenti finanziari assimilati alle azioni e per i versamenti effettuati dal l'associato a fronte di un contratto di associazione in partecipazione.
La disposizione che prevede l'irrilevanza reddituale è "simmetrica" rispetto a quella dell'articolo 94, comma 6, dello stesso Testo unico la quale prevede che detti versamenti e rinunce concorrono solo a incrementare il valore delle partecipazioni. 
Allo stesso modo, si esprime l'articolo 101, comma 7, del Tuir in base al quale i versamenti a fondo perduto o in conto capitale nonché le rinunce dei soci di società di persone ai crediti non sono ammessi in deduzione e il relativo ammontare si aggiunge al costo della partecipazione.
Situazione differente
L'analisi finora effettuata non riguarda le ipotesi in cui si verifica una rinuncia al credito non a seguito di motivazioni di carattere finanziario ma per motivazioni commerciali. 
Può accadere, ad esempio, che il socio rinunci – per un difetto della merce – a un credito sorto per una fornitura di beni alla società. In tal caso, l'evento dà luogo a una riduzione del costo di acquisto a meno che si verifichi in un esercizio successivo all'acquisto. In presenza di una situazione simile, la sopravvenienza attiva dovrà essere imputata al conto economico.
NORME E TRIBUTI09 OTTOBRE 2014Il Sole 24 Ore
Importi di natura commerciale. La mancata imputazione a conto economico
Strada sbarrata per il calcolo dei valori ai fini dell'Ace
La rinuncia a crediti da parte dei soci rileva come incremento del capitale agevolabile con l'Ace (aiuto alla crescita economica) soltanto in ipotesi di crediti con natura finanziaria e non anche di crediti commerciali. Il Dm Economia del 14 marzo 2012, di attuazione dell'articolo 1 del Dl 201/2011, ha riconosciuto espressamente che la rinuncia incondizionata dei soci al diritto alla restituzione dei crediti verso la società (o la loro compensazione per aumenti di capitale) costituisce un apporto di denaro che risulta, quindi, rilevante per l'agevolazione. Si è trattato di un significativo passo in avanti rispetto a quanto affermato in passato in materia di Dit. Tuttavia, nella relazione illustrativa al decreto, è stato precisato che «in coerenza con il dettato normativo, la loro compensazione non può che riguardare esclusivamente i crediti aventi natura finanziaria, cioè derivanti da precedente finanziamento in denaro».
L'orientamento è stato confermato dall'agenzia delle Entrate nella circolare 12/E/2014. Sulla base di tale interpretazione, quindi, occorre verificare la natura del credito cui i soci rinunciano in quanto, ai fini dell'Ace, non rileva quale conferimento in denaro la rinuncia a crediti commerciali.
Tale assetto, nei fatti, poteva essere superato per effetto di un'impostazione contabile oggi non più prevista dal nuovo Oic 28 (si veda articolo in alto). Infatti, le imprese che contabilizzavano la rinuncia da parte di soci a crediti di natura commerciale nel conto economico tra le sopravvenienze attive (anziché al patrimonio netto) beneficiavano comunque, indirettamente, dell'agevolazione in quanto quel componente reddituale confluiva nell'utile di esercizio che, laddove realizzato e accantonato a riserva, rileva comunque ai fini Ace. Ed era difficile ritenere che tale sopravvenienza attiva potesse essere estrapolata dall'utile di esercizio per essere esclusa dal beneficio Ace (Assonime, circolare 17/2012).
In base al nuovo Oic 28, invece, l'imputazione al conto economico non è più consentita e, quindi, non è possibile "superare" la precedente interpretazione – che rende irrilevante ai fini Ace la rinuncia a un credito commerciale – mediante l'imputazione al conto economico e il concorso, quindi, alla formazione dell'utile di esercizio. Un simile comportamento, infatti, sarebbe contrario alla corretta applicazione dei principi contabili.
Semmai c'è da chiedersi se non sia giunto il momento di superare quanto affermato nella relazione al Dm 14 marzo 2012 e di considerare rilevante ai fini dell'Ace tutte le rinunce ai crediti da parte dei soci, a prescindere dalla loro origine. Laddove si tratti di rinunce motivate dalla scelta del socio di patrimonializzare la società partecipata si dovrebbe poter prescindere dalla fonte, commerciale o finanziaria, del credito stesso. Sia per gli uni che per gli altri crediti, la rinuncia è pur sempre una rinuncia a un pagamento in denaro che laddove eseguito potrebbe poi essere riversato alla società partecipata. Di questo ha preso atto, da sempre, il legislatore fiscale prevedendo un identico trattamento tributario in linea con i nuovi principi contabili che impongono l'imputazione a capitale anche per le rinunce a crediti con origine commerciale.
Va comunque sottolineato che, in assenza di nuove interpretazioni da parte degli organi competenti, rileva la prassi amministrativa sin qui emanata che è mossa da motivi di cautela fiscale per non esporre la disciplina Ace ad arbitraggi finalizzati a trasformare apporti in natura in apporti in denaro.
I casi pratici
LA SITUAZIONE
IL POSSIBILE COMPORTAMENTO
I soci di una società di capitali hanno effettuato nel 2013 un finanziamento nei confronti della società con obbligo di restituzione. Considerate le difficoltà finanziarie della società, i soci intendono,
nel 2014 e con atto unilaterale, rinunciare al diritto alla restituzione del credito e lasciare nella società le somme versate alla stessa
per rafforzarne l'entità del patrimonio.
Tale rinuncia può essere considerata
un apporto di denaro per l'Ace?
Nella fattispecie si configura la rinuncia, da parte dei soci, di un credito avente natura finanziaria nei confronti della società.
La rinuncia dà origine alla trasformazione, per la società, di un debito verso i soci in
una posta del capitale che incrementa il patrimonio netto. Per l'Ace tale rinuncia è considerata alla stregua di un conferimento in denaro e, quindi, concorre, in positivo,
alla formazione della base Ace oggetto
di agevolazione
I FINANZIAMENTI
Nel 2013 il socio di una Srl ha effettuato una prestazione di servizi nei confronti della società partecipata. Al termine dell'esercizio ha ancora un credito nei confronti della stessa. Nel 2014, considerata la scarsa patrimonializzazione della partecipata,
il socio intende rinunciare al credito
e consentire alla società di trasformare il debito verso il socio in una riserva di capitale. La rinuncia a un credito commerciale è rilevante per l'Ace?
La rinuncia a un credito commerciale da parte del socio dà luogo, per la partecipata, a una posta del patrimonio netto in quanto il debito nei confronti del fornitore si trasforma in una riserva di capitale. Tuttavia, tale rinuncia, secondo le indicazioni della prassi ministeriale, non configura un apporto
in denaro che concorre alla formazione
della variazione in aumento rilevante agli effetti del beneficio Ace, poiché non
riguarda un finanziamento
I CREDITI COMMERCIALI
Una Spa presenta nel passivo del bilancio
un debito nei confronti dei soci per un finanziamento, con obbligo di restituzione, effettuato dagli stessi. In vista di un aumento di capitale sociale, si intende procedere
con la compensazione del debito che i soci hanno per la sottoscrizione dell'aumento
del capitale con il credito preesistente
per il finanziamento. Tale compensazione
può essere considerata un apporto
di denaro per l'Ace?
Nella fattispecie si configura la compensazione del debito per la sottoscrizione con crediti preesistenti. L'ipotesi non differisce da quella di effettivo incasso da parte del socio e riversamento alla società partecipata. La compensazione dà quindi origine, per l'Ace, a un evento che
si configura alla stregua di un apporto in denaro che concorre, in positivo, alla formazione della variazione in aumento rilevante agli effetti del beneficio
LA COMPENSAZIONE DI CREDITI
Una società di capitali ha deliberato un aumento di capitale scindibile e la procedura di aumento del capitale è ancora in corso alla data di chiusura del bilancio. Come vanno contabilizzati gli importi di capitale sottoscritti dai soci, considerato che non è ancora avvenuta l'iscrizione nel registro
delle imprese dell'attestazione prevista dall'articolo 2444 del Codice civile da parte degli amministratori in base alla quale l'aumento di capitale è stato eseguito?
Qualora, al momento della chiusura dell'esercizio, sia ancora in corso il termine per la sottoscrizione del capitale, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, gli importi sottoscritti sono rilevati nella voce «Versamenti in conto aumento del capitale sociale» che costituisce una riserva di
capitale con un preciso vincolo di destinazione. Tale riserva sarà girata alla
voce A.1 (Capitale sociale) dopo l'iscrizione nel registro delle imprese
Fonte: Il sole 24 ore autore Luca Miele

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