Beni ai soci, caccia all'esonero

La trasmissione non è necessaria in caso di fringe benefit aziendali
Le imprese si misurano in questi giorni con l'invio della comunicazione dei beni concessi a soci o familiari nel corso del 2013. Un adempimento che, per tutti i soggetti che avevano come termine di trasmissione di Unico lo scorso 30 settembre, deve essere portato a termine entro il 30 ottobre prossimo (provvedimento n. 54581 del 16 aprile 2014). In realtà, però, l'impegno potrebbe essere meno gravoso del previsto. E questo non perché la materia non sia complessa o la compilazione non controversa, quanto perché i numerosi casi di esonero (si veda la scheda pubblicata a lato) coprono molte delle situazioni esistenti e chi era "in difetto" ha, in questi anni, provveduto a rientrare in una delle ipotesi descritte a lato. Se la "seconda" auto dell'imprenditore individuale (quella in uso al collaboratore familiare) è stata spesso "privatizzata", nelle società si è "istituzionalizzato" il benefit auto (o si è concluso un regolare contratto di locazione dell'immobile) per regolarizzare l'uso privato del socio dipendente o amministratore. Per quest'ultimo, a rigore, l'esclusione dalla comunicazione opera a prescindere dall'attribuzione di un compenso in natura, ma va ricordato che tra l'utilizzo gratuito di un veicolo da parte dell'amministratore e un'analoga situazione in capo al medesimo in qualità di socio, è quest'ultima che si fa preferire, per le conseguenze in termini di adempimenti del sostituto d'imposta e a livello contributivo che, nel caso del socio, non si presentano.
Le comunicazioni inviate, pertanto, riguarderanno in larghissima misura questa fattispecie, ossia quando si è deciso di valorizzare il controvalore dell'uso dell'auto nella dichiarazione del socio (quadro RL) piuttosto che ricorrere al benefit "col cedolino". E non è ragionevole pensare che la società, con la propria comunicazione, "smentisca" il modello Unico del socio presentato solo poche settimane fa, così come appare improbabile che il socio provveda alla comunicazione in proprio, sostituendosi alla società inadempiente. Per cui è evidente che (salvo situazioni particolari quali l'intestazione fiduciaria della quota), la comunicazione (quando sussiste) andrà a incrociarsi con la corrispondente dichiarazione del socio in Unico. A parte questa finalità "di controllo", non sembra che il dato comunicato possa avere rilevanti effetti sul redditometro (finalità originariamente dichiarata dell'adempimento), perché le "spese per elementi certi" legate al possesso del bene andranno attribuite in proporzione all'uso privato di questo, e comunque, si confronteranno con il reddito diverso già dichiarato dal socio. Per di più, nel caso assai diffuso in cui, per effetto della trasparenza (articoli 5 e 116 Tuir), i costi indeducibili del veicolo attribuiti al socio (eventualmente maggiorati del corrispettivo pattuito) superino il benefit convenzionale (articolo 51, comma 4, Tuir), non vi sarà né reddito dichiarato né comunicazione (Faq del 16 gennaio 2014), per cui il bene difficilmente entrerà nella ricostruzione del reddito del socio. Per le comunicazioni che verranno trasmesse ("in armonia" con quanto dichiarato dal socio) resta il dubbio di cosa indicare a rigo BG09. Il socio "trasparente", infatti, compilando il rigo RL10 di Unico, ha tenuto conto (in diminuzione) dei costi indeducibili a lui attribuiti attraverso il reddito di partecipazione. Se la società non fa altrettanto (indicandoli come "corrispettivo" a colonna 1 o come minor "valore di mercato" dell'uso del bene a colonna 2), comunicazione e dichiarazione del socio non si incrociano, per cui, nonostante le istruzioni nulla dicano sul punto, forse è meglio evitare disallineamenti. L'Agenzia dovrebbe chiarire se è superato quanto affermato con le circolari 24/E/2012 e 36/E/2012 sull'imputazione di un reddito in natura anche all'imprenditore individuale che usa promiscuamente il bene d'impresa, situazione che, non essendo soggetta a comunicazione, non consentirebbe alcun incrocio (e che, francamente, appare difficilmente sostenibile). Si ritiene (ma un chiarimento sarebbe opportuno) che l'uso del bene da parte del socio non a scopi privati ma nell'ambito della propria impresa o professione, non sia soggetto a questa disciplina, sussistendo un reddito alternativo al "reddito diverso" determinato ex lege e venendo meno ogni possibile imputazione del bene in ambito redditometrico.
Fonte: Il sole 24 ore autore Giorgio Gavelli

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