Finanziamenti dei soci alla società semplice in chiaro

Formalizzazione dei prestiti e delle rinunce utile all’atto dello scioglimento con assegnazione dei beni per evitare la tassazione dei soci
Lo scioglimento delle società semplici con assegnazione di beni ai soci è un’operazione potenzialmente suscettibile di determinare un’imposizione sui soci stessi. Si tratta, infatti, di un evento nel quale, se i soci ricevono beni il cui valore normale eccede il costo fiscale della partecipazione detenuta, la differenza positiva ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 20-bis del TUIR, il quale non riguarda la sola liquidazione delle società di persone commerciali, ma anche quella delle associazioni tra professionisti e delle società semplici.
Le difficoltà che si celano in queste occasioni, non oggetto di indagine in questa sede, riguardano essenzialmente l’inquadramento dei redditi che ritrae il socio assegnatario. L’impostazione maggiormente accreditata è quella per cui i redditi in questione debbano essere classificati nella stessa categoria nella quale si collocano i proventi che derivano dal realizzo dei plusvalori insiti nei beni posseduti dalla società: in questo senso, se la società semplice ha nel proprio patrimonio immobili, all’atto dell’assegnazione il socio realizzerebbe plusvalenze immobiliari (non tassate, se gli immobili – diversi dalle aree fabbricabili – sono posseduti da più di cinque anni), così come se la società semplice detiene partecipazioni, il reddito in natura rientrerebbe tra il capital gain, e così via.
Se sussistono i presupposti per la tassazione, il socio ha tutto l’interesse a ricostruire il costo fiscale della partecipazione nella società semplice sommando, a norma dell’art. 68 comma 6 del TUIR, ai conferimenti iniziali (spesso di ammontare non significativo) tutti i redditi a lui imputati per trasparenza durante il periodo di possesso, e sottraendo a tale importo le perdite imputate per trasparenza e gli utili effettivamente distribuiti. Proprio a questi specifici fini, spesso viene marginalizzato nell’ambito dell’analisi il ruolo che rivestono le somme impiegate dai soci per acquisire i beni posseduti dalla società; nel caso in cui, ad esempio, la società semplice sia usata come veicolo per acquistare un’area fabbricabile del valore di 900.000 euro, i soci ben potrebbero costituire la società stessa con 1.000 euro (spesso, anzi, il capitale è anche inferiore), intervenendo in proprio con i rimanenti 899.000 euro per acquistare l’area.
Proprio questo esempio, portato volutamente al paradosso, serve a comprendere che, se si applicasse l’art. 20-bis del TUIR considerando quale costo della partecipazione i soli 1.000 euro, qualora l’area venga assegnata ai soci sciogliendo la società semplice e il suo valore normale sia rimasto invariato, i soci realizzerebbero un reddito in natura pari a 899.000 euro, interamente tassato. Proprio i 899.000 euro, però, rappresentando per i soci crediti verso la società semplice, vanno ad incrementare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione nella società semplice se i soci decidono di rinunciarvi: in questo caso, all’atto dell’attribuzione del bene il reddito in natura verrebbe azzerato.
Proprio questa considerazione porta a sostenere che, sotto il profilo fiscale, il socio ha tutto l’interesse a formalizzare sia l’erogazione del finanziamento, sia la rinuncia (cosa che, naturalmente, va fatta con modalità tali da evitare l’imposizione di registro del 3%, tipicamente lo scambio di corrispondenza); si tratta di un comportamento che spesso non viene seguito nell’ambito delle società semplici, nelle quali la commistione tra sfera patrimoniale della società e sfera patrimoniale dei soci è molto accentuata, o di fatto totale, ma che tornerebbe molto utile all’atto dello scioglimento della società.
Il tutto, naturalmente, se non esistono patologie nel reddito dichiarato dai soci, i quali potrebbero rischiare in termini di ricostruzione sintetica del reddito qualora venisse acclarata una dotazione patrimoniale – espressa dall’ammontare dei finanziamenti – sensibilmente più elevata del reddito dichiarato; ciò, naturalmente, potrebbe essere accertato solo a seguito di apposito intervento “mirato” degli Uffici, non essendovi obblighi di comunicazione dei finanziamenti dei soci alle società semplici ai sensi del DL 138/2011.
Da prestare attenzione all’accertamento sintetico
Una seconda considerazione riguarda, poi, le situazioni nelle quali i soci della società semplice fanno parte della stessa famiglia. È, infatti, cosa abbastanza comune che non esista una corrispondenza tra la figura dei soci e quella dei finanziatori: riprendendo l’esempio di cui sopra, i soci che hanno versato i 1.000 euro per la costituzione della società possono essere i due figli, mentre la persona che ha finanziato i rimanenti 899.000 euro potrebbe essere il padre, non socio. In questo caso, i figli non potrebbero beneficiare dell’incremento del costo della partecipazione, che li salverebbe dall’imposizione, in quanto non sono loro i creditori della società; vi potrebbe tutt’al più essere una trasformazione del debito verso il padre in capitale, ma ciò varierebbe chiaramente le percentuali di partecipazione (e, a valle, dopo l’assegnazione, le percentuali di possesso dell’area).
Le semplici considerazioni di cui sopra porterebbero, quindi, a consigliare:
- una corretta formalizzazione dei finanziamenti concessi alla società semplice dai soci o rinunciati da questi ultimi;
- se possibile, una corrispondenza tra la figura dei soci e quella dei finanziatori.
Con riguardo, da ultimo, alla rinuncia, potrebbe essere preferibile effettuare la stessa ex ante, al limite un minuto prima dello scioglimento della società (naturalmente, con debita formalizzazione) piuttosto che in sede di atto di scioglimento: in questo modo si eviterebbero, infatti, le problematiche relative all’impostazione data dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15585/2010, in quanto con la rinuncia formalizzata in atto ci si ritroverebbe con un finanziamento enunciato in un atto soggetto a registrazione, sul quale gli Uffici potrebbero richiedere il 3% di imposta di registro. Vero è che si tratterebbe di una situazione con robuste motivazioni per la difesa (in primis, il fatto che il finanziamento è un contratto che ha quali parti i soci e la società, mentre lo scioglimento ha quali parti i soli soci), ma i soggetti con meno propensione al rischio potrebbero in ogni caso trovare quello della rinuncia ex ante un comportamento più prudente. 
Fonte: Eutekne autore Gianluca ODETTO

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