Fatture fittizie a rischio reato

Le contestazioni legate alle sponsorizzazioni possono avere una ricaduta anche in ambito penale. A volte, infatti, i verificatori non si limitano alla presunta non inerenza del costo sostenuto dall’impresa ma, dopo aver riscontrato i documenti contabili, concludono che la pubblicità non è esistita o che il costo realmente sostenuto è stato inferiore rispetto a quanto documentato nella fattura.
L’articolo 1 del Dlgs 74/2000 precisa che sono fatture o documenti fittizi quelli emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano corrispettivi o Iva in misura superiore a quella reale. In altre parole, sono fatture false nel penale tributario non solo i documenti emessi a fronte di nessuna operazione commerciale, ma anche i documenti emessi con un corrispettivo superiore a quello concordato. Sia l’emissione sia la contabilizzazione in dichiarazione di falsi documenti sono punite con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
Di conseguenza se i verificatori rilevano l’inesistenza della pubblicità o una sovrafatturazione , la fattura documenterebbe un’operazione in tutto o in parte inesistente e pertanto costituente reato. Per difendersi occorre, in linea di massima, dimostrare sia il reale sostenimento del costo e sia la materiale esecuzione della pubblicità.
La certezza del costo può essere dimostrata dall’esistenza di un contratto tra le parti (come anticipato nell’articolo in alto), dal quale si evincano le modalità di esecuzione, i tempi, i metodi di pagamento e le relative scadenze.
Fondamentale, anche se non sufficiente, è la tracciabilità dei pagamenti eseguiti a saldo delle fatture, escludendo quindi i pagamenti per contanti.
A tal proposito, qualora possibile, potrebbe tornare utile anche dimostrare che non ci siano stati prelevamenti da parte del fornitore della pubblicità in concomitanza dei pagamenti. Spesso, infatti, una delle manovre fraudolente per «nascondere» le false fatture è il prelievo bancario di denaro destinato alla restituzione delle somme.
Quanto all’esistenza dell’operazione, può essere necessario documentare la sponsorizzazione con fotografie, stampe di pagine web. In sostanza va provato anche visivamente in che modo il marchio dell’impresa sia stato promosso dalla società/associazione che ha emesso le fatture.
I confronti
C’è poi la questione relativa alla proporzionalità del costo sostenuto in ipotesi di asserite sovrafatturazioni. Si tratta, in genere, di dare evidenza che il prezzo pagato sia in linea con quanto in media applicato sul mercato.
Potrebbero essere utili, a tal fine, dei confronti con soggetti di analoga importanza, rispetto alle diverse possibili pubblicità.
È il caso di uno striscione in un campo da calcio apposto durante una partita tra squadre nazionali piuttosto che in occasione di un torneo locale o anche l’inserimento pubblicitario in una pagina web di una testata giornalistica nazionale piuttosto che locale. Si tratta quindi di predisporre una sorta di listino delle tariffe ordinariamente applicate sul mercato per prestazioni similari al fine di confrontarlo con il costo sostenuto dall’impresa.
Per le pubblicità svolte con modalità differenti nei confronti dello stesso soggetto (ad esempio nominativo dell’azienda sullo striscione collocato sulla pista da corsa, sul casco del pilota, inserimento pubblicitario durante la diretta televisiva, eccetera), potrebbe essere importante che, già nel contratto, siano previste le tariffe per le singole prestazioni e non un unico corrispettivo cumulativo, dando così più evidenza al reale valore delle singole attività svolte e retribuite.
Fonte: Il sole 24 ore autore Laura Ambrosi

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