FINO A 10 ANNI PER SANARE LE VIOLAZIONI FISCALI

Integrazioni e rettifiche possibili anche con accessi, ispezioni e verifiche
Accessi, ispezioni e verifiche non impediranno più di regolarizzare le violazioni commesse, e per farlo ci sarà tempo fino al termine di decadenza del potere di accertamento dell’amministrazione, quindi di norma quattro anni ovvero cinque in caso di omessa presentazione della dichiarazione. Gli unici ostacoli saranno rappresentati dalla notifica dell’avviso bonario e dell’accertamento.
Con la legge di stabilità 2015 – legge 23 dicembre 2014, n. 190, pubblicata sul supplemento ordinario alla «Gazzetta Ufficiale» 300 del 29 dicembre – si potrà, così, integrare o rettificare i redditi dichiarati anche oltre il termine della dichiarazione dell’anno successivo e cioè, appunto, fino al termine di decadenza del potere di accertamento.
Regolarizzazione ampia
Occorrerà pertanto far riferimento al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero quinto anno nell’ipotesi di omessa presentazione. Se poi sono stati commessi reati tributari, ferme restando le nuove regole sul raddoppio dei termini previsti nel decreto delegato, sarà possibile regolarizzare fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo o, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, fino al decimo anno.
Porte aperte alla regolarizzazione anche nell’ipotesi in cui siano già iniziati accessi, ispezioni e verifiche: dal prossimo anno costituiranno causa ostativa solo la notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione ovvero di un avviso bonario (articolo 36 bis e ter del Dpr 600/73 o 54 bis del Dpr 633/72.)
La novità, che decorrono dal 2015, modificano direttamente l’articolo 13 del Dlgs 472/97.
Le riduzioni, oltre a quelle già vigenti, sono le seguenti:
sanzione a 1/9 del minimo, per i ritardi sino a 90 giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione;
sanzione a 1/7 del minimo, se la violazione è sanata entro il termine per la presentazione della dichiarazione successiva all’anno in cui la violazione è stata commessa;
sanzione a 1/6 del minimo, se la violazione è sanata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione successiva all’anno in cui la violazione è stata commessa;
sanzione a 1/5 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene dopo la constatazione della violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4.
Il ravvedimento, in ogni caso, non preclude l’inizio o la prosecuzione di accessi, verifiche o altre attività di controllo e accertamento. In caso di adeguamento spontaneo, pertanto, i verificatori potranno comunque proseguire le proprie attività.
Fuori i tributi locali e doganali
Tutte le novità riguardano esclusivamente i tributi amministrati dall’agenzia delle Entrate, quindi i tributi locali, quelli doganali e le accise seguiranno le vecchie regole. Fa eccezione la disposizione della regolarizzazione a 1/5 dopo il Pvc che non viene circoscritta ai tributi amministrati dall’agenzia delle Entrate. È verosimile che si tratti di un errato coordinamento delle novità introdotte con l’emendamento alla legge di stabilità, anche perché non avrebbe senso da un lato consentire la regolarizzazione dopo il Pvc e dall’altro inibirla dopo accessi, ispezioni e verifiche.
L’entrata in vigore
In merito all’entrata in vigore delle nuove regole non ci sono specifiche previsioni nella legge di stabilità. Ne consegue che esse si applicano senza eccezione con l’entrata in vigore dell’intero testo normativo. La circostanza è importante perché rispetto ad altri provvedimenti non è prevista l’applicazione del nuovo ravvedimento solo per gli atti emessi piuttosto che per le violazioni commesse da una certa data in poi. Ne dovrebbe conseguire ad esempio che anche per i Pvc già consegnati per i quali non è ancora stato notificato l’avviso di accertamento, il contribuente potrà avvalersi della nuova versione del ravvedimento ove non sia sopraggiunta una causa ostativa (avviso bonario, di liquidazione o accertamento).
RATE VIETATE
Per il nuovo istituto vantaggi temperati dall’obbligo di versare in unica soluzione
L’assenza di una previsione che consenta di dilazionare gli importi dovuti con l’adeguamento spontaneo è certamente uno dei punti deboli dell’istituto del ravvedimento.
La questione rileva anche ai fini degli omessi versamenti delle imposte regolarmente dichiarate.
Versamento integrale
Per queste ipotesi, infatti, se il contribuente non ha la disponibilità finanziaria necessaria al momento dell’ordinaria scadenza prevista, ma la reperisce solo successivamente, l’eventuale ravvedimento non consente la possibilità di dilazionare le somme dovute. Per beneficiare quindi di interessanti riduzioni sanzionatorie, è tenuto al versamento integrale.
Tuttavia, se ciò non avviene, per gli omessi versamenti risultanti da dichiarazione segue, di norma, un avviso bonario, con il quale sono dovute le imposte oltre agli interessi e le sanzioni nella misura pari al 10 per cento.
La predetta comunicazione è rateizzabile fino a sei, ovvero 20 rate trimestrali per importi rispettivamente inferiori o superiori a 5mila euro.
Convenienza spuntata
Anche per queste ipotesi l’utilizzo del ravvedimento – e quindi la riduzione delle sanzioni più vantaggiosa rispetto a quanto successivamente richiesto con l’avviso bonario – è penalizzato dall’obbligo di versare in un’unica soluzione, il che, in molti casi, appare difficile da verificarsi.
Si tratta, infatti, per lo più, di contribuenti che hanno omesso il versamento delle imposte dovute e dichiarate proprio per l’assenza di liquidità.
Salvo quindi casi in cui la disponibilità finanziaria sopraggiunga in un momento immediatamente successivo, è verosimile che risulti più “interessante” attendere l’avviso bonario per poter dilazionare le somme dovute.
La riscossione
Ove poi il pagamento non fosse eseguito, il debito è trasferito all’agente della riscossione, che notificherà la cartella di pagamento.
In proposito, va segnalato che in molti casi lo stesso contribuente preferisce addirittura attendere la cartella di pagamento, pur gravandosi delle sanzioni in misura piena (30%) e dell’aggio della riscossione, per dilazionare il debito in un numero di rate ancora maggiore.
Attualmente, infatti, è prevista la possibilità di ripartire il pagamento dei debiti iscritti a ruolo ordinariamente, in 72 rate, ovvero può essere richiesto un piano straordinario che può concedere fino a 120 rate nei casi di comprovata difficoltà.
Dinanzi a tale quadro normativo sarebbe auspicabile che, oltre a prevedere misure volte a incentivare l’adeguamento spontaneo, sia organicamente riformato l’istituto della rateazione, definendo sistemi uniformi.
PROFILI PENALI
Uno strumento che in futuro potrà estinguere il reato contestato
La possibilità di regolarizzare le violazioni con il ravvedimento operoso anche dopo che siano state constatate ed entro termini di gran lunga maggiori rispetto a quelli attuali ha risvolti anche sotto il profilo penale nel caso in cui gli illeciti commessi configurino delitti.
Delitto e pagamento
L’attuale articolo 13 del Dlgs 74/2000 (che dovrebbe essere modificato con il decreto attuativo della delega) dispone che le pene previste per i delitti fiscali sono diminuite di un terzo e non si applicano le pene accessorie previste se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti siano estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
Va però segnalato che nell’ultima bozza del decreto attuativo della delega fiscale, in tema di reati tributari, è stato previsto che l’integrale pagamento del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento di primo grado comporterà l’estinzione dei reati di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, omesso versamento delle ritenute e dell’Iva. Per gli altri delitti, invece, il pagamento in sede tributaria consentirà di abbattere le pene fino alla metà.
La riduzione della pena
L’istituto del ravvedimento operoso, anche (e forse soprattutto) alla luce di queste novità, ove venissero confermate, rappresenterebbe quindi un ottimo strumento per estinguere il reato contestato o, quanto meno, per ridurre la pena.
Si pensi al caso di un omesso versamento Iva o delle ritenute superiori a 50mila euro (ovvero 150mila euro secondo le nuove previsioni), che diventa reato rispettivamente entro il termine del pagamento dell’acconto dell’anno successivo (di norma il 27 dicembre) e con la scadenza della presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.
Con le nuove regole sul ravvedimento è possibile quindi, fermo restando che il reato si consuma comunque alle predette scadenze, estinguere il reato ovvero ridurre la pena.
Escluso il pagamento parziale
Più precisamente quindi, il giorno di apertura del dibattimento il contribuente dovrà dare prova di aver già eseguito l’integrale pagamento e il giudice dichiarerà l’estinzione del reato ovvero per gli altri delitti, in caso di condanna, disporrà la pena ridotta alla metà.
Per beneficiare di queste previsioni, però, occorre che sia eseguito integralmente il versamento di quanto preteso dall’amministrazione, rimanendo esclusa qualunque forma di rateazione o pagamento parziale.
LA DECADENZA
La messa in regola riapre i termini per i controlli dell’amministrazione
La legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) amplia anche i termini per il potere di controllo da parte dell’amministrazione. La norma prevede infatti lo slittamento dei termini decadenziali di accertamento e di notifica delle cartelle di pagamento riferiti a dichiarazioni integrative a sfavore (articolo 2, comma 8 del Dpr 322/98) ovvero ad adeguamenti volontari (articolo 14 del Dlgs 472/97). È così previsto che gli ordinari termini decorreranno dalla presentazione della dichiarazione integrativa ovvero dal ravvedimento eseguito.
I termini
I termini per l’accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione. Tali termini sono disciplinati dall’articolo 43 del Dpr 600/73, il quale prevede che gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
Va tra l’altro segnalato che nelle ipotesi in cui la violazione comporta obbligo di denuncia in procura per uno dei reati previsti dal Dlgs 74/2000, i termini sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.
A ciò consegue che ove dall’integrativa presentata emerga una violazione penale, i termini saranno ulteriormente prorogati.
In proposito va segnalato che l’agenzia delle Entrate, con la circolare 31/E/2013, di fatto, introduceva questa novità, affermando che i termini di accertamento si sarebbero prorogati in relazione ai componenti «rigenerati» per effetto dell’integrativa stessa.
La cartella di pagamento
La cartella di pagamento, di cui all’articolo 25 del Dpr 602/1973, dovrà essere notificata entro il 31 dicembre:
del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione automatica, di cui al 36 bis del Dpr 600/73 e 54 bis del Dpr 633/72;
del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale, di cui all’articolo 36 ter del Dpr 600/73;
del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio.
Dentro e fuori
Il ravvedimento operoso è applicabile anche alle imposte di registro, ipotecarie e catastali e pertanto gli ordinari termini andranno computati dall’adeguamento volontario.
La nuova norma però sembra non considerare l’eventuale estensione per le dichiarazioni integrative a favore e pertanto saranno necessari chiarimenti sul punto.
IL CONFRONTO
Il maggior appeal della «voluntary» fa i conti con l’obbligo di adesione completa
Nel 2015 i contribuenti potranno scegliere se regolarizzare la propria posizione attraverso l’istituto del ravvedimento operoso ovvero la volutary disclosure. Una prima considerazione va rivolta a un aspetto formale: il ravvedimento impone al contribuente di procedere autonomamente nei calcoli del versamento da eseguire, mentre con la voluntary è l’amministrazione a informare delle maggiori imposte, gli interessi e le sanzioni dovute. Va da sé che se con il ravvedimento il contribuente potrebbe commettere degli errori, ai quali conseguirà certamente una possibile nuova richiesta dell’amministrazione, con la voluntary questa ipotesi è esclusa dall’origine, derivando la pretesa direttamente dall’agenzia delle Entrate.
Il confronto sostanziale
Sotto un profilo più sostanziale, a parità di condizioni (cioè che si ravvedono esattamente le stesse violazioni), la sanatoria da rientro dei capitali è decisamente più conveniente, se si accetta il contenuto dell’invito al contraddittorio inviato dall’ufficio.
A questo proposito va però segnalato che mentre con il ravvedimento il contribuente potrebbe limitarsi a regolarizzare solo le violazioni che ritiene effettivamente commesse e potenzialmente individuabili, con la volutary, per beneficiare in pieno dell’istituto, è necessario aderire integralmente all’invito. Ne consegue che tale discriminante potrebbe concorrere al fine della valutazione di convenienza che dovrà operare il contribuente.
La voluntary potrebbe invece risultare meno conveniente rispetto al ravvedimento, se viene notificato l’accertamento: almeno per le violazioni di infedele dichiarazione, si dovrebbe infatti versare il 25% della sanzione minima a fronte del 16,6% (al massimo) in caso di ravvedimento operoso.
La non punibilità
Per le violazioni costituenti reato, poi, il rientro dei capitali offre un’opportunità unica: garantisce la non punibilità per la maggior parte dei reati tributari, ipotesi non contemplata dal ravvedimento. Quest’ultimo istituto infatti consente al più, ai fini penali, di beneficare della riduzione di un terzo della pena, di poter patteggiare la pena e di non vedersi applicare le misure accessorie.
Dopo il controllo
È preclusa la regolarizzazione da rientro di capitali se l’interessato ha avuto formale conoscenza di attività di controllo e di accertamento o di procedimenti penali, per violazione oggetto della procedura di collaborazione volontaria. A questo punto, il contribuente intenzionato comunque a regolarizzare la propria posizione potrebbe far ricorso al ravvedimento che, in base alle modifiche intervenute, può essere eseguito anche in presenza di constatazione delle violazioni o di accesso, ispezioni e verifiche in corso o già eseguiti purché non siano stati emessi atti di liquidazione o accertamenti (compresi avvisi bonari).
ULTIMA CHIAMATA
La regolarizzazione delle violazioni derivanti da Pvc può essere «mirata»
La regolarizzazione delle violazioni risultanti dal Pvc potrà esser mirata e non più generalizzata, grazie al nuovo ravvedimento. L’adesione al Pvc è un istituto deflattivo che scomparirà a decorrere dal 2016, ma in ogni caso il contribuente potrà beneficiare delle sanzioni particolarmente ridotte, ravvedendosi autonomamente.
Il vecchio limite di convenienza
Uno dei principali elementi che rendevano l’adesione al Pvc poco interessante era l’obbligatorietà di definire il contenuto integrale, vale a dire che era necessario aderire a tutti i rilievi sostanziali di tutti i periodi di imposta riportati nel verbale di constatazione. Il contribuente non poteva così scegliere quali accettare e quindi, ad esempio, ove solo alcuni rilievi si fossero ritenuti fondati, l’istituto poteva perdere appeal poiché dovevano essere comunque definiti anche i rilievi considerati illegittimi. Con la nuova versione del ravvedimento si potrà così scegliere se e in che misura adeguare la propria posizione e ciò sia prima sia dopo la notifica del Pvc.
I costi
In termini di costo il Pvc rappresenta uno spartiacque sulla sanzione dovuta nell’ipotesi di regolarizzazione spontanea. Infatti, se il verbale conclusivo è stato notificato, il contribuente può adeguarsi versando un quinto del minimo, mentre se la regolarizzazione spontanea avviene prima la sanzione è di un sesto. Tuttavia, la disposizione non fa deroghe rispetto al momento in cui la violazione è stata commessa, legando la facoltà solo alla notifica del Pvc.
Ne consegue che nell’ipotesi in cui il controllo fiscale (dal quale può discendere un Pvc) è riferito a un esercizio recente, il soggetto perde tutti i benefici previsti ordinariamente con questo istituto.
Si pensi ad esempio a una verifica che ha per oggetto i periodi di imposta dal 2011 al 2014 che si conclude con un Pvc contenente contestazioni per ogni singola annualità. Il contribuente ordinariamente avrebbe potuto sanare l’irregolarità commessa nel 2014 beneficiando di sanzioni a un ottavo ovvero un settimo del minimo (a seconda dei casi), ma la sola presenza del Pvc comporta automaticamente la riduzione a un quinto. Sebbene dunque non si tratti di una vera e propria preclusione, appare in ogni caso che la notifica del Pvc penalizzi comunque il contribuente.
L’adegumento spontaneo
Nella relazione alla legge di stabilità è precisato che la penalità è stata introdotta per incentivare il contribuente ad adeguarsi spontaneamente prima della formale contestazione degli illeciti. Sarebbe tuttavia auspicabile prevedere anche un generalizzato obbligo a carico dei verificatori di verbalizzare già durante le operazioni di verifica giornaliere le irregolarità riscontrate, al fine di consentire al contribuente di beneficiare in pieno di questo istituto.
Solo il 2015 moltiplica le chance dei contribuenti
A decorrere dal 2016, saranno eliminati alcuni istituti deflattivi del contenzioso, e cioè l’adesione ai processi verbali di constatazione (Pvc), l’adesione agli inviti al contraddittorio e la cosiddetta acquiescenza “rafforzata” (riduzione a un sesto delle sanzioni in caso di omessa notifica prima dell’avviso di accertamento di un invito o di un Pvc).
In termini pratici, il contribuente sottoposto a verifica potrà autonomamente sanare le potenziali violazioni presentando una dichiarazione integrativa e liquidando le nuove imposte, sulle quali verserà le sanzioni ridotte previste per il ravvedimento.
Scelta di convenienza
Però nell’anno che sta per arrivare, il 2015, l’operatività contemporanea del nuovo ravvedimento e dei vecchi istituti deflattivi consentirà al contribuente di scegliere a quale aderire, operando una vera e propria stima di convenienza. Oltre, quindi, a una valutazione sulla fondatezza dei rilievi, anche le peculiarità che contraddistinguono ciascun istituto potrebbero diventare l’elemento su cui fondare la scelta del contribuente.
L’impossibilità di rateizzare le somme dovute, sanzioni comprese, a seguito del ravvedimento operoso certamente rappresenta uno dei punti deboli di questo istituto, soprattutto in un periodo come l’attuale, di grave crisi di liquidità per le imprese.
Rispetto quindi all’adesione al processo verbale di constatazione ovvero all’adesione all’invito al contraddittorio, per il quale è possibile la rateazione delle imposte e delle sanzioni ridotte senza alcuna garanzia, il ravvedimento impone il pagamento in un’unica soluzione, con la conseguenza che ben difficilmente un contribuente in crisi di liquidità riuscirà a utilizzarlo.
Va da sé dunque che dinanzi a un verbale solo in parte fondato, l’adesione al processo verbale di constatazione, sebbene verosimilmente di importo più elevato, potrebbe risultare più accessibile perché consentirebbe un pagamento dilazionato nel tempo.
Contrariamente, invece, il ravvedimento operoso, pur essendo selettivo e quindi indirizzato solo a precisi rilievi contenuti nel verbale, potrebbe risultare sconveniente per il contribuente in una situazione di scarsa liquidità.
Vi è infine un’ulteriore considerazione. Il ravvedimento operoso deve essere eseguito autonomamente, mentre l’adesione al processo verbale di constatazione deriva da calcoli elaborati dall’agenzia delle Entrate. Il rischio di errore in questa seconda ipotesi è dunque a carico dell’amministrazione, la quale non potrà più avanzare pretese in ordine alle violazioni contenute nel Pvc definito.
Il ravvedimento autonomo, invece, non esclude che l’agenzia ne potrà poi richiedere la regolarizzazione, inviando, ad esempio, l’avviso di accertamento ovvero apposito atto per altre tipologie di errori commessi.
Le sanzioni
Secondo le nuove previsioni, poi, il Pvc sarà uno spartiacque per la quantificazione delle sanzioni nell’ipotesi di regolarizzazione.
Il contribuente, infatti, potrà beneficiare di un sesto del minimo solo ove la regolarizzazione avvenga prima della consegna del Pvc, mentre la sanzione aumenterà a un quinto se l’adeguamento avverrà in seguito.
Sarà quindi conveniente, in caso di controllo in corso, regolarizzare eventuali violazioni prima della consegna del Pvc, ancorché possa non risultare semplice “prevedere” le possibili contestazioni dei verificatori.
A partire dal 2016, poi, si determinerà una differenza a sfavore del contribuente: attualmente, infatti, stante la contemporanea esistenza sia del nuovo ravvedimento e sia dell’adesione al Pvc, il contribuente può scegliere a quale istituto aderire e quindi se pagare un quinto ovvero un sesto delle sanzioni. In futuro, l’adeguamento costerà un quinto. Salvo modifiche, rimane poi ferma l’impossibilità di rateazione.
In futuro, dunque, ove il contribuente volesse accettare i contenuti del Pvc, l’unica alternativa al versamento integrale potrà essere la compensazione. Anche per le somme dovute a seguito di regolarizzazione spontanea è possibile, infatti, la compensazione di crediti tributari del contribuente.
Fonte: Il sole 24 ore autori Laura Ambrosi Antonio Iorio

Commenti