Il forfettario premia l’inizio attività

Per il primo anno il regime resta applicabile anche se si superano i limiti al momento della scelta
Il nuovo regime forfettario adottabile dai contribuenti di minori dimensioni si presenta come un regime naturale, al quale si accede semplicemente presentando i requisiti che la norma richiede per la sua applicazione, da verificare alla data della chiusura dell’anno precedente, per coloro che sono già in attività. Diverso il discorso per i c ontribuenti che iniziano l’attività nel 2015, per i quali l’applicazione del regime forfettario è condizionata all’esercizio di un’opzione che presuppone una previsione di avverare i requisiti richiesti dall’articolo 1, comma 54 della legge 190/14. Nel caso in cui, a consuntivo, quei limiti non fossero rispettati, il contribuente perderebbe l’accesso al nuovo regime ma solo dall’anno successivo.
Contribuenti già in attivitàIpotizziamo che il contribuente già in attività al 31 dicembre 2014 abbia tutti e quattro i requisiti “positivi” (ricavi o compensi non superiori ai limiti diversificati per ciascuna categoria da 15mila a 40mila euro, compensi erogati a personale dipendente o paradipendente non superiori a 5mila euro, beni strumentali non superiori a 20mila euro e prevalenza di reddito d’impresa o lavoro autonomo) così come i quattro requisiti “negativi” (non avvalersi di regimi speciali, non essere soggetto non residente, non operare in via prevalente nel settore delle cessioni di immobili o mezzi di trasporto nuovi, non partecipare a società di persone o srl trasparenti): la conseguenza sarà l’ingresso automatico nel regime forfettario. Questo ingresso potrà essere evitato solo manifestando un’opzione per applicare il regime ordinario. In questo senso recita il comma 70 del citato articolo 1 parlando di contribuenti «che applicano il regime forfettario», ma deve ritenersi che si tratti anche di coloro che non lo hanno mai applicato e non intendono applicarlo pur presentando i requisiti di accesso (come avvenuto nel 2008 per il passaggio al regime dei minimi). Al riguardo l’opzione per il regime ordinario deriva dal comportamento concludente, che è elemento sostanziale dell’opzione, mentre essa va comunicata (ma la comunicazione non ha valenza costitutiva dell’opzione) con la prima dichiarazione successiva alla scelta. Dato che il regime forfettario è caratterizzato dalla non applicazione di Iva, una modalità per esprimere l’opzione ( che ha valenza minima triennale) è emettere la prima fattura del 2015 applicando Iva. Questo sarà il momento di maggiore delicatezza poiché il contribuente in attività, abituato ad applicare Iva sui documenti emessi, potrebbe emettere la prima fattura con Iva sia in modo consapevole per evitare il regime forfettario, sia in modo inconsapevole , quindi per errore. Al riguardo si ricorda che con circolare 7/08 fu riconosciuto che in sede di prima applicazione del nuovo regime dei minimi (problema analogo a quello che oggi si manifesta) anche l’emissione di una fattura con Iva non comportava una opzione irrevocabile per il regime ordinario, bensì si poteva correggere l’errore emettendo nota di variazione, sino alla prima liquidazione trimestrale, poiché se si fosse detratto anche l’Iva acquisti nella liquidazione periodica la scelta per il regime ordinario sarebbe stata irrimediabilmente manifestata. Questa pronuncia dovrebbe essere valida anche nell’attuale situazione.
Inizio attività nel 2015
In questo caso la scelta del regime forfettario deriva dal barrare l’opzione in sede di compilazione del modello di inizio attività, utilizzando provvisoriamente (comunicato delle Entrate del 31 dicembre 2014) la casella del regime di vantaggio. Anche in questo caso la precedente circolare 73/07 aveva considerato che una eventuale dimenticanza nella barratura della casella non precludeva in assoluto l’applicazione del regime, a condizione che tale dimenticanza fosse sanata entro 30 giorni e che comunque fondamentale era il comportamento concludente. Si dovrebbe quindi ritenere che per un soggetto che non ha comunicato l’opzione nel modello di inizio attività ma ha emesso la prima fattura senza applicare Iva, il regime forfettario sia correttamente applicato. Per la verità la successiva circolare 17/12 aveva addirittura ritenuto sanabile anche un errato comportamento concludente a condizione che il contribuente operasse le necessarie rettifiche, ma questa ulteriore apertura, affinché sia ritenuta valida, dovrebbe essere confermata dall’agenzia delle Entrate.
GLI ESEMPI
01 QUANDO Il REGIME È CONVENIENTE
Giuseppe Bianchi svolge attività di agente di commercio. Ha iniziato l’attività nel 2013 e incassa mediamente 13mila euro di provvigioni a fronte di costi deducibili di 3mila euro. Quindi il suo reddito è di 10mila euro. Avendo le caratteristiche del regime forfettario esegue un calcolo di convenienza per valutare la tassazione che subirebbe in questo regime:
nel 2015 13mila euro x 41,33% (62/3x2 dato che è il terzo anno dall’inizio dell’attività e quindi può applicare la riduzione di un terzo della percentuale di redditività che è pari al 62%) da cui deriva un reddito di 5.372 euro;
nel 2016 e seguenti, 13mila euro x 62% = 8.060 euro.
In entrambi i casi il regime è conveniente
02 QUANDO IL PASSAGGIO è VIETATO
Amedeo Verdi ha aperto una attività di consulente di marketing aderendo al regime di vantaggio di cui allicolo 27 del decreto legge 98/11. Il suo ammontare di compensi annui è pari a 25mila euro, a fronte di costi per 8mila euro. Sul reddito di 17mila euro versa l’imposta sostitutiva del 5 per cento. Il totale dei compensi percepiti nel 2014 rende impossibile passare al regime forfettario introdotto a partire da quaest’anno. Regime che sarebbe peraltro meno vantaggioso. Quindi il consulente di marketing continuerà ad applicare fino al compimento del 35° anno di età il regime di vantaggio
03 QUANDO IL REGIME NON È CONVENIENTE
Alessandro Guidi svolge attività di commercio di alimenti, con un fatturato di 40mila euro. Si trova in regime semplificato, e il suo reddito è di 15mila euro. Per i prossimi tre anni dovrà sostenere ingenti spese odontoiatriche per 5mila euro all’anno. Inoltre è sposato con moglie a carico e due figli a carico. Avendo i requisiti valuta la convenienza ad aderire al regime forfettario, in cui il suo reddito sarebbe pari al 40% di 40mila euro quindi 16mila euro. Il regime forfettario (anche considerando l’aliquota dell’imposta sostitutiva al 15%) non è conveniente perché in questo regime egli non potrebbe beneficiare di alcuna detrazione d’imposta né per famigliari a carico , né per spese mediche. Quindi decide di non applicare il regime forfettario applicando Iva alla prima fattura emessa nel 2015, e comunicando questa scelta nella dichiarazione modello Unico 2015
L’applicazione. Le questioni aperte
Immobili senza peso nella verifica dei requisiti 
Il regime forfettario presenta una serie di dubbi applicativi, alcuni dei quali potrebbero essere risolti alla luce di precedenti interpretazioni delle Entrate su questioni analoghe. I primi dubbi da chiarire sono i presupposti per l’accesso al regime codificati nei commi 54 e 57 dell’articolo 1 della legge 190/14.
Beni strumentali
Un primo dubbio riguarda i beni strumentali, dato che si passa dal concetto di capacità finanziaria del precedente regime dei minimi (acquisti di beni per 15mila euro nel triennio precedente), al concetto di valore dei beni al 31 dicembre 2014. Nel valore dei beni si comprende anche quello dei beni in locazione o comodato a condizione che siano detenuti al 31 dicembre 2014, quindi deve ritenersi che se il contratto di noleggio o comodato è stato risolto entro la data del 31 dicembre, il bene non rilevi in alcun modo.
Per i beni immobili, nel regime dei minimi dovevano essere considerati anche quelli detenuti in locazione, assumendo ai fini del superamento del limite/soglia i canoni corrisposti nel triennio precedente. Nel nuovo regime forfettario si afferma invece (articolo 1, comma 54, lettera c, punto 5) che «non rilevano i beni immobili comunque acquisiti, utilizzati per esercizio di impresa». Non è chiaro se rilevino o meno gli immobili in locazione che, non essendo acquisiti, non beneficiano dell’esimente del punto 5. Motivi di ordine logico/sistematico portano alla conclusione che questi immobili in locazione non sono mai da considerare nel tetto di 20mila euro, poiché se cosi fosse chiunque svolgesse attività in luogo chiuso detenuto in affitto o comodato sarebbe escluso dal forfettario.
Autonomo e dipendente
Un secondo dubbio attiene alla necessaria prevalenza del reddito di impresa o da lavoro autonomo su quella da lavoro dipendente. La norma parla di reddito, quindi il confronto sarà non tanto tra i compensi o ricavi percepiti dal soggetto forfettario e quelli percepiti quale lavoratore dipendente, bensì tra il reddito imponibile quale lavoratore autonomo, quindi al netto della percentuale forfettaria di costi comunque riconosciuta, mentre non dovrebbe partecipare a tale confronto l’importo dei contributi previdenziali deducibili.
Inizio attività
Un terzo elemento da chiarire è rappresentato dall’applicazione del regime nel caso di inizio attività. L’opzione è eseguita nel modello di inizio attività sulla base della presunzione di rispettare i requisiti previsti per legge. Ma dato che il mancato rispetto dei requisiti comporta la fuoriuscita dal regime a far data dall’anno successivo, sembrerebbe che nel primo anno di applicazione il solo fatto di aver esercitato l’opzione determini il poter beneficiare delle caratteristiche del regime forfettario, quindi ad esempio non addebitare Iva sulle fatture emesse o poter incassare ricavi ben oltre la soglia, il che non pare molto ragionevole per cui sul punto è prevedibile attendersi qualche interpretazione restrittiva da parte delle Entrate.
Fonte: Il sole 24 ore autore Paolo Meneghetti

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