Insufficienti le lettere di sollecito al debitore per dedurre la perdita su crediti

Gli elementi addotti dal contribuente a prova della difficile esazione integrano una valutazione di fatto incensurabile in sede di legittimità
Con l’ordinanza n. 403 depositata ieri, 14 gennaio 2015, la Cassazione ha confermato la decisione di secondo grado con la quale l’invio di due lettere che sollecitavano l’adempimento dell’obbligo contrattuale è stato ritenuto requisito insufficiente a provare la certezza della perdita su crediti, con la conseguente indeducibilità della medesima.
Si ricorda che, negli ultimi anni, il trattamento di tali oneri nella determinazione del reddito d’impresa è stato profondamente modificato, al fine di ampliare le ipotesi nelle quali gli elementi certi e precisi, atti a consentire la deducibilità della perdita, si considerano sussistenti ex lege.
In particolare, con riferimento ai crediti vantati verso debitori sottoposti a procedure concorsuali, in seguito alle modifiche apportate dall’art. 33 comma 5 del DL 83/2012, è consentita la deducibilità immediata delle perdite generatesi per effetto dell’omologazione, da parte del Tribunale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell’art. 182-bis del RD 267/42. Pertanto, per effetto della novità introdotta, le perdite su crediti sono “automaticamente” deducibili se il debitore è assoggettato a una delle seguenti procedure o istituti assimilati:
- fallimento;
- liquidazione coatta amministrativa;
- concordato preventivo;
- amministrazione straordinaria;
- accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (novità del DL 83/2012).
Per quanto concerne, invece, i crediti vantati verso debitori non sottoposti alle suddette procedure concorsuali o istituti assimilati, gli elementi certi e precisi sussistono “in ogni caso” quando, in alternativa:
- il credito è di modesta entità (cioè, non superiore a 2.500 euro o a 5.000 euro per le imprese con volume d’affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro) ed è decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento (novità del DL 83/2012);
- il diritto alla riscossione del credito è prescritto (novità del DL 83/2012);
- i crediti sono cancellati dal bilancio in applicazione dei principi contabili (novità della L. 147/2013).
Se non opera nessuna delle suddette ipotesi di deducibilità “automatica”, le perdite su crediti sono deducibili secondo le regole generali, vale a dire qualora risultino da elementi certi e precisi.
La sentenza in commento, relativa a un periodo d’imposta in cui non risultavano ancora vigenti le fattispecie di deducibilità previste dal DL 83/2012 e dalla L. 147/2013, ribadisce la necessità, in capo al contribuente che desideri portare in deduzione la perdita, di dimostrare gli elementi “certi e precisi” che l’hanno generata, chiarendo ulteriormente che si può parlare di perdita su crediti quando il debitore non paga volontariamente e il credito non risulta attuabile coattivamente.
La definitività della perdita (e la conseguente deducibilità) può essere dimostrata con ogni mezzo di prova utilizzabile nel processo tributario: al riguardo, il riferimento agli “elementi” certi e precisi lascia intendere che un solo elemento non è di sicuro sufficiente ai fini della prova della certezza della perdita.
In proposito, la circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2013 (§ 3), ha fornito, nel rispetto dei margini di soggettività previsti dalla norma e sulla base della precedente prassi e delle posizioni espresse dalla giurisprudenza, alcune linee guida per individuare la sussistenza delle condizioni di deducibilità.
In ordine alle perdite determinate tramite un processo valutativo interno e non a seguito di un atto realizzativo, il citato documento di prassi ha precisato che possono rientrare tra gli elementi probatori:
- un decreto accertante lo stato di fuga, di latitanza o di irreperibilità del debitore;
- la denuncia di furto d’identità da parte del debitore ex art. 494 c.p.;
- la persistente assenza del debitore ai sensi dell’art. 49 c.c. ;
- i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo), sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva;
- la dimostrazione, sulla base di idonea documentazione e a corredo di ripetuti tentativi di recupero senza esito, che il debitore si trova nell’impossibilità di adempiere per un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale e che, pertanto, è sconsigliata l’instaurazione di procedure esecutive.
Fonte: Eutekne autore Luca FORNERO

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