Società estinte, difesa difficile

Al socio il compito di dimostrare di non aver ricevuto somme evase dall’impresa
Le nuove regole sugli effetti fiscali dell’estinzione delle società secondo le Entrate hanno effetto retroattivo. Per l’amministrazione (circolare 31/E) trattandosi di norma procedurale, essa trova applicazione anche per «attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto». È singolare, peraltro, che il medesimo documento, affrontando l’abrogazione della sanzione Iva sulla dichiarazione di intenti, ritiene non retroattiva questa abrogazione. Occorre affrontare ora una serie di questioni problematiche che, presto, si presenteranno ai contribuenti interessati.
La posizione del socio
Già in passato, gli uffici, in virtù dell’articolo 2495 del Codice civile e dell’interpretazione fornita dalle Sezioni unite della Cassazione, in ipotesi di rettifiche a società estinte potevano (o, forse, dovevano) chiedere quanto dovuto ai soci sulla base dell’attivo di liquidazione distribuito. Tuttavia sovente, gli uffici non investivano della rettifica i soci ma notificavano, di norma, l’atto alla società estinta e/o al precedente liquidatore. In tale contesto, l’asserita retroattività della disposizione sembra finalizzata a sanare attività passate piuttosto che a fornire uno strumento di recupero del credito erariale. Ritenendo retroattiva questa disposizione occorrerà in qualche modo che i soci, eventualmente non a conoscenza degli atti, siano ora interessati dall’ufficio.
Chi potrà impugnare l’atto
Bisogna poi individuare chi ha la legittimazione a difendersi, in difetto della quale, l’eventuale impugnazione è inammissibile. La società cui vengono chieste maggiori imposte non esiste più, ma per difendersi dalla pretesa e stare in giudizio qualcuno dovrà delegare un difensore. L’ex liquidatore (salvo casi di responsabilità che lo riguardino personalmente) non pare abbia tale titolarità. Certamente questa legittimazione è in capo ai soci. È necessario però, che gli atti impositivi siano loro notificati, circostanza che spesso, in passato, non si verificava.
La prova contraria
La circolare ricorda che la responsabilità dei soci e amministratori, è ora proporzionalmente equivalente alla quota di capitale e non più come per il passato limitata alle somme e/o ai beni ricevuti nel corso della liquidazione o negli ultimi due periodi d’imposta antecedenti la liquidazione. In sostanza, il socio sinora doveva limitarsi a dimostrare dalle scritture contabili di non aver ricevuto nulla in tale periodo o eventualmente rispondere per le violazioni contestate alla società entro i limiti di quanto ricevuto, salvo altre circostanze da provare a carico del fisco. Ora, in presenza di rettifiche alla società (si pensi a omesse fatturazioni) è verosimile che l’amministrazione riterrà che i soci abbiano ricevuto le somme evase in misura proporzionale alla loro partecipazione (in modo abbastanza analogo a quanto avviene in caso di società di capitali a ristretta base azionaria). Il socio dovrà quindi fornire la prova contraria (di non aver ricevuto determinate somme ritenute evase), obiettivamente non agevole, con la conseguenza che, alla fine, dovrà contestare l’esistenza della pretesa in capo alla società con tutte le difficoltà del caso non avendo in molti casi gestito a suo tempo l’impresa. Se, poi, come sembra desumersi dalla circolare, tale onere sarà richiesto anche per il passato, sono evidenti le difficoltà difensive.
Costituzionalità della norma
Il decreto legislativo 175/2013 è stato emanato in virtù degli articoli 1 e 7 della legge delega n. 23/2014. In base a tali norme i decreti di semplificazione dovevano essere orientati, fra l’altro, alla revisione degli adempimenti superflui o che davano luogo a duplicazioni, ovvero a quelli di scarsa utilità per l’Amministrazione ai fini di controllo o di accertamento, o comunque non conformi al principio di proporzionalità, nonché alla revisione delle funzioni dei Caf. Nel contesto di semplificazione pro contribuente, mal si comprende la legittimazione del legislatore delegato di introdurre un nuovo regime probatorio sfavorevole al contribuente e una deroga al codice civile pro amministrazione, peraltro, con effetto retroattivo.
Fonte: Il sole 24 ore

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