Split payment ad efficacia limitata

Per le operazioni soggette a reverse charge, il fornitore della P.A. non deve applicare il nuovo meccanismo
La legge di stabilità 2015, introducendo il nuovo art. 17-ter del DPR 633/72, ha previsto un nuovo meccanismo di assolvimento dell’IVA per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato e di altri enti pubblici (il cui elenco replica quello di cui all’art. 6 comma 5 del DPR 633/72 in materia di esigibilità differita dell’imposta).
La norma si applica anche alle operazioni per le quali gli enti pubblici acquirenti di beni e servizi non abbiano lo status di soggetto passivo IVA, come specificato nel comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle finanze datato 9 gennaio 2015.
In applicazione dell’art. 4 comma 5 del DPR 633/72, difatti, lo Stato, gli enti locali e gli altri enti di diritto pubblico hanno natura di soggetti passivi ai fini IVA con riferimento alle sole operazioni rese e/o ricevute “nell’ambito di attività di pubblica autorità”.
Se è vero che la nuova disciplina dispone obblighi (e sanzioni) esclusivamente in capo agli enti pubblici acquirenti (tenuti ad assolvere l’imposta), le incertezze applicative non risparmiano i fornitori, che effettuano operazioni verso il settore pubblico, in quanto tenuti all’emissione della fattura.
Tra i principali dubbi sorti a seguito dell’entrata in vigore dello split payment, vi è l’integrazione del nuovo regime con il meccanismo del reverse charge.
Per espressa previsione normativa, l’art. 17-ter del DPR 633/72 si applica alle sole operazioni per le quali gli enti pubblici “non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di IVA”. Di conseguenza, sono escluse dallo split payment le operazioni per le quali l’ente pubblico cessionario o committente è tenuto ad assolvere l’imposta mediante reverse charge.
La scelta del legislatore deriva da due ordini di motivazioni:
- la prima di natura sistematica, dovuta al fatto che tanto il meccanismo dello split payment quanto quello del reverse charge costituiscono misure volte a prevenire le frodi connesse all’assolvimento dell’IVA;
- la seconda di carattere operativo, dovuta al fatto che il sistema del reverse charge già pone l’obbligo di versamento dell’imposta in capo all’acquirente.
L’esclusione da split payment opera tanto nel caso di reverse charge “esterno” quanto nel caso di reverse charge “interno”.
Nel primo caso, l’obbligo di inversione contabile riguarda tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA in Italia poste in essere da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi nazionali.
Nel secondo caso, l’obbligo di inversione contabile interessa specifiche operazioni, in ragione della tipologia del bene ceduto o del servizio reso, quali, ad esempio, le cessioni di oro da investimento, le cessioni di rottami e cascami o anche le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici a cui la legge di stabilità 2015 ha esteso l’applicazione del meccanismo del reverse charge interno (si veda “Ampliato il reverse charge nel settore edile” del 9 gennaio 2015).
Può essere utile formulare alcuni esempi. L’impresa che effettua un servizio di pulizia presso la sede di un Comune, dovrà considerare l’operazione soggetta a reverse charge “interno”, se il Comune opera in ambito commerciale.
Diversamente, se il committente è il Comune nelle sue vesti istituzionali viene meno l’obbligo di applicare il reverse charge (mancando la soggettività passiva IVA del committente), ma l’IVA è assolta con la modalità dello split payment.
La stessa logica regola le operazioni soggette a reverse charge “esterno”. Si pensi alla società estera che rende una consulenza ad un Comune italiano che opera in qualità di soggetto passivo IVA: l’operazione è rilevante ai fini IVA in Italia ai sensi dell’art. 7-ter del DPR 633/72 e l’IVA dovuta è assolta con il meccanismo del reverse charge e non dello split payment.
Qualora, invece, la società estera renda il servizio di consulenza ad un Comune italiano che opera in veste istituzionale, ed è dunque privo di soggettività passiva, l’operazione è territorialmente rilevante nel paese del prestatore e l’IVA è assolta secondo le regole di detto Stato.
L’esclusione dalle regole previste per lo split payment opera a fortiori nel caso in cui i servizi di consulenza siano resi non già da una società estera ma da un professionista estero ad un ente pubblico nazionale.
Difatti, a norma del secondo comma dell’art. 17-ter del DPR 633/72, è prevista l’esclusione dal regime per i compensi relativi a prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte (i professionisti esteri, per i redditi da lavoro autonomo prodotti in Italia, sono soggetti ad applicazione della ritenuta a titolo d’imposta di cui all’art. 25 comma 2 del DPR 600/73).
Fonte: Eutekne autori Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

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