Crediti d’imposta a rischio reato

Anche senza frode sconfina nel penale la compensazione «anticipata» di importi non spettanti
Anche il credito non spettante può integrare il reato di indebita compensazione, non essendo necessario un comportamento fraudolento. È questo l’orientamento che pare consolidarsi nella più recente giurisprudenza di legittimità e che potrebbe generare più di un problema pratico per gli operatori.
L’indebita compensazione è disciplinata dall’articolo 10 quater del Dlgs 74/2000: è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti per un ammontare superiore a 50mila euro per ciascun periodo d’imposta (ai sensi dell’articolo 17 del Dlgs 241/1997).
Su questa condotta non vi sono molte pronunce giurisprudenziali. Di recente la Suprema corte (sentenza 3367/2015) ha fornito delle indicazioni interpretative abbastanza rigorose. Innanzitutto i giudici di legittimità hanno precisato che il delitto di indebita compensazione è caratterizzato dal dolo generico consistente nella mera consapevolezza di utilizzare in compensazione crediti tributari inesistenti o non spettanti. Diviene allora fondamentale stabilire la differenza delle due tipologie di compensazione illegittima che potrebbero integrare la fattispecie delittuosa.
Il credito inesistente è, in buona sostanza, una somma per la quale non sussistono gli elementi costitutivi e giustificativi. L’ipotesi più frequente è legata agli importi creati artificiosamente o fraudolentemente dal contribuente, al fine di poter compensare le imposte dovute. Tuttavia, sono inesistenti anche quei crediti che, seppur astrattamente esistenti, ad esempio sono riferiti ad altri soggetti oppure dipendono da una condizione sospensiva che non si è ancora avverata. Questa tipologia di situazioni potrebbero rappresentare una sorta di inesistenza relativa, ma che in ogni caso integrano l’ipotesi delittuosa se di importo superiore a 50mila euro.
La norma però, oltre a dare rilievo alle compensazioni di crediti inesistenti, prevede che sia punita anche la condotta legata a crediti non spettanti. Questi ultimi, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte, sono importi che - pur certi nella loro esistenza e nell’ammontare - non sono ancora utilizzabili oppure non più utilizzabile in compensazione, per qualsiasi ragione normativa.
Nel caso specifico i giudici di Cassazione hanno ritenuto sussistente il delitto per l’utilizzo di un credito, che seppur esistente, poteva essere compensato solo l’esercizio successivo. L’articolo 17 del Dlgs 241/97, infatti, prevede che la compensazione possa essere effettuata a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge. Pertanto, si è trattato di un utilizzo in compensazione in anticipo rispetto all’invio della dichiarazione.
Ad esempio, un credito Iva formatosi nel 2015 per un acquisto rilevante eseguito dall’impresa sarebbe non spettante se fosse compensato prima dell’invio della dichiarazione annuale oppure dell’eventuale istanza trimestrale. Infatti, sebbene si tratti di un diritto reale e veritiero, derivante cioè da operazioni realmente eseguite e senza che siano state poste in essere operazioni fraudolente da parte del contribuente, è pur vero che in assenza della presentazione della dichiarazione non può essere compensato. Pertanto, dove si trattasse di una somma superiore a 50mila euro, sarebbe integrato il reato.
Nella bozza del decreto di riforma dei reati tributari, approvata in via preliminara dal Consiglio dei ministri dello scorso 24 dicembre 2014 e poi ritirata in attesa di modifiche, l’indebita compensazione non era interessata da alcuna modifica. La soglia, infatti, è rimasta a 50mila euro, a differenza di quella per gli omessi versamenti che è stata innalzata a 150mila euro. Se il provvedimento venisse così confermato, in futuro il contribuente in difficoltà finanziaria avrà più interesse a dichiarare l’omesso versamento che a tentare di coprirlo con illegittime compensazioni.
Fonte: Il sole 24 ore autore Laura Ambrosi  -  Antonio Iorio
I PUNTI CHIAVE
1- REATO DI INDEBITA COMPENSAZIONE
La normativa di riferimento
L’articolo 10 quater del decreto legislativo 74/2000 disciplina il reato di indebita compensazione. La norma prevede che sia punito con la reclusione (della durata minima pari a sei mesi fino al massimo a due anni) chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti per un ammontare superiore a 50mila euro euro per ciascun periodo d’imposta. L’utilizzo di crediti d’imposta in compensazione può essere effettuata dal contribuente ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 241/1997
2 - RESPONSABILITÀ DEL CONTRIBUENTE
Il concetto di «dolo generico»
Il delitto di indebita compensazione è caratterizzato dal dolo generico. Questo concetto, in particolare, consiste nella mera consapevolezza
di chi commette l’azione di utilizzare in compensazione crediti tributari inesistenti o non spettanti. Il contribuente è responsabile poiché è tenuto a osservare uno obbligo di diligenza nella compilazione degli atti tributari. Pertanto non può ritenersi liberato
da tale onere anche laddove abbia affidato l'incarico ad uno studio professionale esterno e privato
3 - CREDITI INESISTENTI
La tipologia dei crediti
Sono crediti inesistenti gli importi per i quali non sussistono
gli elementi costitutivi e giustificativi: può trattarsi ad esempio di importi creati artificiosamente o fraudolentemente dal contribuente, riferiti ad altri soggetti oppure che dipendono da condizioni sospensive che non si sono ancora avverate. In tutte queste ipotesi, il credito utilizzato dal contribuente viene considerato inesistente e, pertanto, se la compensazione è superiore di 50mila euro si configura
il reato
4 - CREDITO NON SPETTANTE
Importi non utilizzabili
Il credito non spettante si differenzia da quello inesistente poiché è certo nella sua esistenza e nel suo ammontare, ma non ancora utilizzabile oppure non più utilizzabile in compensazione. La circostanza potrebbe anche dipendere da “impedimenti” imposti per legge come, per esempio, la necessità di presentare la dichiarazione prima di poter compensare oppure il limite di 700mila euro per anno di imposta. Non si tratta, infatti, di importi inesistenti, ma di somme il cui utilizzo è subordinato o vincolato da precise norme
5  - LA RIFORMA DEI REATI TRIBUTARI
Senza modifiche la soglia di 50mila euro
La bozza del decreto di riforma dei reati tributari, contenente la riforma del sistema sanzionatorio penale, non modifica il reato di indebita compensazione. Infatti la nuova norma presentata dal Cdm lo scorso 24 dicembre ha lasciato invariata la soglia di 50mila euro, per anno di imposta: il contribuente che compensa oltre tale limite integra il reato. Con riguardo, invece, agli omessi versamenti, se le previsioni saranno confermate, il reato sarà integrato solo superando un debito di 150mila euro.

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