Iscrizione al Registro Imprese del recesso di socio di società personali «a ostacoli»

Dovrebbero essere distinte le due situazioni attinenti al recesso «ad nutum» e a quello per giusta causa
Nei confronti dei terzi, il recesso del socio di una società di persone ha effetto da quando, con mezzi idonei, venga loro portato a conoscenza (art. 2290 c.c.). Mezzo idoneo per eccellenza, nel nostro ordinamento, è, senza dubbio, l’iscrizione dell’“exit” nel Registro delle imprese (d’ora innanzi anche R.I.), ex art. 2300 c.c.
Ovviamente, nessun problema si pone nei casi in cui, a seguito del recesso di uno di essi, tutti i soci si rechino dal notaio per modificare l’atto costitutivo e questi provveda a depositare il novellato contratto sociale presso il R.I. Diversa situazione (piuttosto frequente nella pratica) si configura, invece, quando, a seguito di dissidi nella compagine societaria, qualche socio rifiuti di recarsi dal notaio e non si riesca, quindi, a formalizzare il recesso tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata.
In questi casi, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 26 febbraio 2002 n. 2812), la prassi professionale (Centro studi UNGDC, circolare 15 aprile 2009 n. 5) e camerale (Registri delle imprese di Roma e Triveneto, istruzioni del maggio 2014) ritengono che l’iscrizione dell’avvenuto recesso nel Registro Imprese ai sensi dell’art. 2300 c.c. possa essere richiesta, nel termine di 30 giorni dal suo verificarsi, dagli amministratori (anche senza intervento del notaio). Non solo: essa – si legge in un documento del Registro delle imprese di Torino (del maggio 2009) – rappresenterebbe, per gli amministratori, uno specifico obbligo, con conseguente applicazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 2630 c.c. nel caso in cui non vi provvedano entro il termine previsto dalla legge.
Ma cosa succede quando il socio, in dissidio col recedente, sia proprio l’amministratore chiamato alla registrazione e questo non la esegua?
La giurisprudenza è, sul punto, ondivaga. Da un lato, ha sostenuto la possibilità per il socio receduto di sostituire l’amministratore quando questo non provveda tempestivamente al deposito presso il R.I della dichiarazione di recesso (Cass. nn. 5732/1999 e 2812/2002); dall’altro, ha sostenuto anche l’esatto opposto (Cass. n. 14360/1999).
Tale diversificazione, a quanto consta, è propria anche nei Registri delle imprese. A riguardo, infatti, mentre in alcuni casi è stato ammesso l’intervento suppletivo del socio (Registri delle imprese del Triveneto e di Torino), in altri si è escluso che la domanda possa essere presentata direttamente dal receduto, atteso che questi, a seguito del recesso, ha perso il potere di gestione ed è divenuto un estraneo alla società, potendo, dunque, solo limitarsi a richiedere al Conservatore l’iscrizione d’ufficio della sua fuoriuscita dalla compagine (Registro Imprese di Roma, istruzioni del maggio 2014).
Il Notariato, peraltro, propone una soluzione ancora più radicale, ritenendo, sia a livello nazionale che interregionale, il recesso non iscrivibile nel Registro delle imprese, nelle more dell’adozione di un formale atto modificativo dei patti sociali, se non nella forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata (Cnn Notizie, risposta a quesito n. 203/2008 e Comitato Notarile Triveneto, massima O.A.8 del settembre 2014).
L’opinione di chi scrive è che debbano essere distinte le due situazioni attinenti al recesso ad nutum rispetto a quello per giusta causa. Nel primo caso (tipico nella società contratta a tempo indeterminato), l’intervento diretto del socio dovrebbe ritenersi ammesso, in quanto il recesso (una volta trascorso il periodo di preavviso) ha indubitabilmente prodotto i suoi effetti e, quindi, l’accoglimento della domanda di iscrizione dello stesso da parte del R.I. diventa una sorta di atto dovuto.
Diversamente, nel recesso per giusta causa, l’intervento diretto del socio dovrebbe passare al vaglio del Conservatore del R.I. competente, il quale potrà provvedere all’iscrizione nei casi in cui il recesso abbia prodotto conseguenze (ad esempio, l’avvenuta liquidazione della quota spettante al receduto), mentre dovrebbe astenersi dall’iscrizione nei casi in cui ciò non sia avvenuto o in quelli, all’epoca della richiesta di iscrizione, al vaglio della magistratura.
Opportune modalità incontrovertibili per l’iscrizione del recesso del socio
L’iscrizione dell’exit presso il R.I. appare, in ogni caso, di rilevanza assoluta. È da questa, infatti, che deriva l’opponibilità ai terzi dello scioglimento del vincolo sociale al fine di escludere la responsabilità illimitata del socio cessato per i debiti sociali sorti successivamente a tale evento, nonché l’assoggettamento del medesimo a fallimento unitamente alla società.
Secondo la Cassazione, infatti, anche il recedente che non abbia più partecipato alla gestione della società, né abbia avuto contatti con i creditori, risulta responsabile per le obbligazioni sociali contratte dopo il suo recesso e può essere dichiarato “personalmente” fallito a seguito del fallimento della società senza alcun limite temporale (Cass. nn. 9234/2012, 4865/2010 e 28225/2008).
Nello stesso senso, la Suprema Corte ha ritenuto che la responsabilità del socio per i debiti sociali previdenziali nei confronti dell’INPS riguardi anche il periodo intercorrente fra la data di efficacia “interna” del recesso e quella successiva, in cui lo stesso sia stato iscritto nel Registro delle imprese (Cass. n. 13240/2013), e tale principio è stato considerato applicabile dai giudici di legittimità anche in relazione ai debiti sociali di natura tributaria (come il debito IVA) (Cass. n. 14002/2012).
Inoltre, sempre sul piano fiscale, si è ritenuto che il recesso del socio, non iscritto dagli amministratori nel R.I., né comunicato all’Amministrazione finanziaria determini l’imputazione, in capo al receduto, del reddito da partecipazione nella società ai fini dell’applicazione dell’IRPEF, nella misura spettatengli dal momento del recesso fino al periodo di imposta in cui l’accadimento venga adeguatamente pubblicizzato (Cass. n. 2812/2002).
In definitiva, data l’evidenziata importanza dell’iscrizione del recesso del socio nel R.I., parrebbe opportuno introdurre nel sistema modalità incontrovertibili finalizzate ad ottenerla, sanzionando chi, all’interno della compagine societaria, ne ostacoli la pubblica evidenziazione (per approfondimenti, si rimanda al n. 1/2015 della Rivista di Eutekne Dottrina “Società e Contratti, Bilancio e Revisione”, in corso di pubblicazione).
Fonte: Eutekne autore Luciano DE ANGELIS 

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