L’avviso bonario non blocca sempre il ravvedimento

Per l’applicazione delle cause ostative che interdicono la possibilità del contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso è necessario distinguere tra i diversi atti notificati dal fisco. Infatti, mentre gli avvisi bonari hanno effetti interdittivi limitati, gli atti di liquidazione e di accertamento inibiscono in toto l’accesso all’istituto di regolarizzazione.
Questo è uno dei rilevanti chiarimenti contenuti nella circolare 6/E di ieri dell’agenzia delle Entrate. In particolare, l’agenzia delle Entrate fa una distinzione, per quanto riguarda gli effetti, tra gli avvisi bonari e gli altri atti “impositivi”.In relazione agli avvisi bonari l’amministrazione finanziaria ritiene che la presenza di una comunicazione degli esiti del controllo automatizzato (articolo 36 bis, Dpr 600/73) e/o di quello formale (articolo 36 ter, Dpr 600/73) è ostativa all’utilizzo del ravvedimento operoso solo ed esclusivamente per quelle violazioni e irregolarità riscontrabili con la comunicazione notificata, non precludendo al contribuente di utilizzare il nuovo istituto anche per il medesimo anno d’imposta e in relazione alla medesima imposta oggetto della comunicazione purché si tratti di violazioni differenti. Quindi, il contribuente che abbia ricevuto la comunicazione degli esiti del controllo automatizzato e/o formale della dichiarazione prima della scadenza del termine per avvalersi del ravvedimento operoso, non potrà beneficiare della relativa riduzione di sanzioni con riferimento alle irregolarità riscontrabili nell’ambito di detta attività. Il medesimo contribuente potrà, invece, avvalersi del ravvedimento per sanare quelle violazioni non rilevabili in sede di controllo automatizzato, si pensi ai rilievi in tema di omessa indicazione di un ricavo o un reddito, per le quali sono anche iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative o è stato notificato un processo verbale di constatazione da parte dell’agenzia delle Entrate. 
In merito agli atti impositivi l’agenzia delle Entrate,invece, si dissocia dal testo della norma preferendo un’interpretazione estensiva che abbia riguardo alla natura impositiva degli stessi. Ne consegue, pertanto, che rientrano tra gli atti ostativi, non solo gli avvisi bonari (nei limiti evidenziati sopra), gli avvisi di liquidazione e gli avvisi di accertamento ma tutti quegli atti che per loro natura sono da considerare autoritativi e impositivi e che contengono, al loro interno, una pretesa tributaria nei confronti del contribuente. Tra questi pertanto ricomprende, proprio per la loro natura impositiva, anche gli avvisi di recupero di crediti d’imposta e gli avvisi di irrogazione delle sanzioni anche se non espressamente menzionati dalla norma.
La circolare 6/E di ieri chiarisce che le modifiche apportate all’istituto del ravvedimento operoso dalla legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) possono operare anche per le violazioni commesse antecedentemente al 1° gennaio di quest’anno. L’Agenzia, partendo dalla disciplina dell’articolo 3, Dlgs 472/97 che ha introdotto per le sanzioni tributarie il concetto penalistico del favor rei, afferma che sebbene il nuovo articolo 13 del Dlgs 472/97 sia formalmente in vigore solo da gennaio 2015, è possibile ravvedere anche violazioni constatate prima di tale data con l’unico limite che non sia stato ancora notificato un avviso di accertamento, un avviso di liquidazione o un avviso bonario.
Infine sottolinea che a seguito delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2015 è possibile accedere al ravvedimento operoso per regolarizzare determinate violazioni nonostante vi sia già stata la contestazione con un pvc. A tale riguardo chiarisce che vi è un onere in capo al contribuente che dovrà comunicare all’ufficio competente all’emissione dell’avviso di accertamento i distinti rilievi per i quali ha deciso di prestare acquiescenza.
Fonte: Il sole 24 ore autore Lorenzo Lodoli Benedetto Santacroce

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