Le società di comodo: attuale disciplina e prospettive di riordino

La recenti novità introdotte dal decreto legislativo 21 novembre 2014 n. 175 (“Decreto Semplificazioni”) in tema di “società in perdita sistematica” forniscono lo spunto per analizzare la relativa disciplina fiscale, anche in rapporto a quella relativa alle società non operative (cosiddette “società di comodo”).
Il punto di partenza di tale analisi può essere certamente individuato nell’art. 30 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale prevede per esse - fatte salve le ipotesi in cui ricorrano cause di esclusione o di disapplicazione - che il reddito e il valore della produzione ai fini IRAP non possano essere inferiori a quelli derivanti dall’applicazione di criteri forfetari, con specifiche limitazioni in tema di utilizzabilità dei crediti IVA; lo strumento operativo da utilizzare per poter individuare le “società di comodo” è costituito dal cosiddetto “test di operatività”. 
In buona sostanza, devono qualificarsi come “di comodo” o “non operative” le società che presentano un rapporto non adeguato fra assets iscritti nell’attivo patrimoniale e ricavi effettivamente prodotti: un rapporto non adeguato segnala, infatti, un’intestazione di beni non finalizzata all’esercizio d’impresa ma solo al godimento di beni da parte dei soci. 
La disciplina in parola è stata profondamente rivista nel 2006, per effetto degli interventi modificativi apportati, dapprima dall’art. 35, comma 15, del noto decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (cosiddetto “decreto Visco-Bersani”) e, a distanza di pochi mesi, dall’art. 1, comma 111, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (“finanziaria 2007”). 
Innanzitutto, perché le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, possano essere considerate non operative occorre che l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, sia inferiore alla somma degli importi che risultano applicando specifici coefficienti. 
In ordine a detti coefficienti - in risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00186, presentata il 30 maggio 2013 dall’Onorevole Enrico Zanetti in Commissione Finanze della Camera, con cui si chiedeva al Governo di provvedere a una rideterminazione al ribasso degli stessi - l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che per essi non è prevista alcuna forma di aggiornamento rimessa all’Amministrazione finanziaria, né alcuna modalità di adeguamento automatico (a differenza degli studi di settore per i quali la legge individua modalità e termini per la revisione). 
Importanti modifiche alla disciplina sono state successivamente attuate con l’art. 2, commi da 36-quinquies a 36-duodecies, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, il quale ha, in particolare, introdotto: 
- la maggiorazione di 10,5 punti percentuali dell’aliquota dell’IRES dovuta dalle predette società; 
- l’applicazione di tale disciplina anche alle società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d’imposta consecutivi ovvero per due periodi se nel terzo è dichiarato un reddito inferiore a quello minimo. 
L’ultimo intervento attuato dal legislatore sulla disciplina delle società di comodo, si colloca nel solco della legge delega per la riforma del sistema fiscale (legge n. 23 del 2014). 
Proprio in ossequio alla disposizione recata dall’art. 12, comma 1, lett. d), della legge delega, che ha previsto la “revisione, razionalizzazione e coordinamento della disciplina delle società di comodo”, il legislatore, con il decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 (cosiddetto “decreto semplificazioni”), è, infatti, intervenuto sul menzionato art. 2, commi da 36-quinquies a 36-duodecies del decreto legge n. 138 del 2011, ampliando da 3 a 5 anni il “periodo di osservazione” delle perdite. 
Più in dettaglio, per effetto di tale intervento modificativo, il presupposto applicativo della nuova disciplina è rappresentato dalla constatazione dell’esistenza di perdite fiscali in cinque (anziché tre) periodi d’imposta consecutivi o quattro periodi (anziché due) in perdita e uno con reddito imponibile inferiore a quello minimo presunto in base all’applicazione della stessa disciplina concernente le società di comodo. 
Detta disposizione opera indipendentemente dal superamento o meno del “test di operatività”, cioè anche se sono indicati nel conto economico ricavi e altri proventi di ammontare superiore a quello presunto in base alla disciplina delle società non operative. 
Interessanti considerazioni in ordine al periodo di osservazione per l’applicazione della disciplina sulle società in perdita sistematica sono state, da ultimo, fornite dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014. 
In particolare, al Capitolo 3 “Semplificazioni per le società”, punto 9 della stessa, l’Agenzia delle Entrate ha osservato che “[…] il presupposto per l’applicazione di tale disciplina è ora costituito da cinque periodi d’imposta consecutivi in perdita fiscale ovvero, indifferentemente, quattro in perdita fiscale e uno con reddito imponibile inferiore al cosiddetto reddito minimo, di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994”. 
Tale modifica, tuttavia, trova applicazione – sempre secondo l’Agenzia delle Entrate – a decorrere dal periodo d’imposta in corso all’entrata in vigore del decreto legislativo che la introduce, in deroga a quanto stabilito dall’art. 3, comma 1 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Statuto dei diritti del contribuente”). 
La Circolare conclude, quindi, sul punto osservando che “per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, la disciplina delle società in perdita sistematica troverà applicazione per il periodo d’imposta 2014, solo qualora il medesimo soggetto abbia conseguito perdite fiscali per i precedenti cinque periodi d’imposta (ossia per i periodi 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013) ovvero sia, indifferentemente, in perdita fiscale per quattro periodi (ad esempio i periodi 2009, 2010, 2012 e 2013) e per uno con reddito imponibile inferiore al cosiddetto reddito minimo”. 
Considerato, quindi, che oggi si rende necessario monitorare il “quinquennio” precedente, la disciplina delle società in perdita sistematica non può che operare dal sesto periodo d’imposta successivo a quello d’inizio attività; conseguentemente, nel 2015 non saranno soggette alla disciplina in esame le società costituite a decorrere dal 2010. 
È bene segnalare che, prima dell’emanazione dell’esaminata circolare, è stato sostenuto da alcuni commentatori che, essendo la norma in commento annoverabile tra quelle di carattere procedimentale, la stessa avrebbe potuto, rectius dovuto, trovare applicazione anche retroattivamente. 
Al riguardo, è stato osservato che la norma in commento è, senza dubbio, di carattere procedimentale in quanto rivolta agli addetti all’attività di accertamento, con la conseguenza che chi in passato è diventato “di comodo” per aver dichiarato perdite per tre periodi, potrà sostenere, in sede di difesa, che solo dopo cinque periodi poteva essere considerato tale. 
In sostanza, nonostante l’espressa menzione della deroga allo Statuto del contribuente, la norma non dovrebbe poter essere considerata “sostanziale” bensì “procedimentale” in quanto, nei fatti, regola una presunzione di evasione e come tale, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale – condiviso, peraltro, anche dalla stessa Agenzia delle Entrate - dovrebbe trovare applicazione anche per il passato e non solo dal 2014.
Fiscal Focus autore Alberto Nastasia

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