Nuove partite Iva al bivio tra minimi e forfettari

Test di convenienza dopo l’estensione del 5% al 2015
Nuove partite Iva al bivio tra minimie forfettario. L’emendamento introdotto nella conversione parlamentare del decreto Milleproroghe (atteso oggi al voto di fiducia della Camera) che estende l’opzione per il vecchio regime a tutto il 2015 mette le persone fisiche che avviano una nuova attività nel 2015 nella condizione di valutare – in presenza dei requisiti – se scegliere il regime con imposta sostitutiva al 5% e soglia di ricavi a 30mila euro o quello con imposta al 15% e con soglie di ricavi/compensi da 15mila a 40mila euro.
E la variabile del prelievo non è l’unica da considerare.Comportamento concludente
Anzitutto si pone la questione di come rendere nota alle Entrate la scelta, in quanto per entrambi i regimi occorre barrare la casella del regime di vantaggio (inteso come quello dei minimi al 5%) nella dichiarazione di inizio attività. Al riguardo si ritiene che debba prevalere il comportamento concludente del contribuente che sulle fatture emesse indicherà la diversa norma che permette l’esclusione dall’applicazione dell’Iva:
l’articolo 1, comma 100, della legge 244/2007 per i minimi
l’articolo 1, comma 58 per i nuovi forfettari.
Inoltre la scelta apparirà in modo inequivocabile dalla compilazione di Unico 2016 in cui verranno compilati quadri diversi, dato che il primo regime (minimi) prevede la determinazione analitica del reddito, mentre il secondo (forfettario) prevede la determinazione forfettaria con una percentuale di componenti negativi predeterminata.
Requisiti di accesso
Poi non sono del tutto uguali i requisiti di accesso. Per esempio, nel regime forfettario il reddito da lavoro autonomo o impresa deve essere superiore a quello da lavoro dipendente o assimilato. Pertanto un contribuente pensionato che inizia una nuova attività difficilmente potrà beneficiare del regime forfettario, mentre in quello dei minimi non esiste la necessità di eseguire tale confronto. Inoltre a complicare i ragionamenti sulla convenienza vi è la regola comune secondo cui se i requisiti di accesso, previsti nel momento in cui si inizia l’attività, non sono confermati a fine 2015, è solo dal periodo d’imposta 2016 che il regime agevolato viene meno. 
Quest’ultimo assunto va però esaminato alla luce di un’ulteriore regola che potrebbe indirizzare la scelta verso il nuovo regime forfettario: chi inizia un’attività e a consuntivo risulta aver incassato ricavi o compensi superiori alla soglia prefissata esce dal regime dal periodo d’imposta successivo, ma nel caso dei minimi occorre fare attenzione che il superamento della soglia non sia superiore del 50% rispetto al tetto previsto, poiché in tal caso già dall’anno in corso verrebbe azzerato il regime agevolato, con pesanti conseguenze sul fronte dell’Iva che occorrerebbe riaddebitare dall’origine. 
La stessa conseguenza non si manifesta invece nel forfettario. Ad esempio, se un professionista nei minimi incassa 60mila euro dovrà ricostruire la sua posizione fiscale come se già dal 2015 fosse un soggetto ordinario, mentre se si è scelto il regime forfettario si esce dal forfait solo dal 2016 quindi mantenendo inalterata la posizione fiscale nell’anno del superamento (cioè il 2015).
Valutazione diverse anche sul fronte delle imposta dovute, poiché sono diverse le modalità di determinazione del reddito e dell’imposta sostitutiva. A prima vista potrebbe sembrare sempre conveniente il regime dei minimi che prevede una sostitutiva del 5% rispetto al 15% del regime forfettario, va però considerato, a favore di quest’ultimo regime, che vengono riconosciuti costi forfettari mentre il minimo deve documentare gli effettivi costi sostenuti. Inoltre le nuove attività nel regime forfettario hanno diritto all’abbattimento di un terzo del reddito per i primi tre anni oltre alla possibilità, riservata a commercianti e artigiani, di fruire del regime contributivo agevolato che prevede il pagamento dei contributi senza considerare il minimale fisso, che in molti casi costituisce un notevole aggravio. Queste ultime agevolazioni non sono previste i minimi.
Sul fronte Iva l’esclusione dall’addebito dell’imposta (e il divieto di detrazione) e il versamento dell’Iva acquisti per le operazioni interne soggette a reverse charge accomuna i due regimi. Qualche differenza si registra sulle operazioni con soggetti esteri, soprattutto per gli acquisti di beni intracomunitari. Per quanto riguarda i minimi la circolare 36/E/2010 ha affermato che si tratta sempre di operazioni Intra che necessitano il versamento di Iva mentre per il forfettario gli stessi acquisti, entro la soglia di 10mila euro annui, non sono considerate operazioni intracomunitarie.
Fonte: Il sole 24 ore autore Paolo Meneghetti
Fatture da sostituire per agganciare il vecchio regime
La riapertura dei minimi al 5% con la conversione del Milleproroghe comporta il problema di come gestire i casi in cui i soggetti interessati hanno già emesso in queste prime settimane dell’anno fatture con l’indicazione dell’applicazione del regime forfettario o eventualmente con l’Iva. La scelta del regime fiscale da applicare si attua attraverso il comportamento concludente che in buona sostanza si esplicita nel primo documento fiscale emesso. Quindi nel momento in cui la conversione del Milleproroghe entrerà in vigore, coloro che a gennaio e febbraio hanno già emesso documenti fiscali dovranno essere messi in condizione di poter rettificare la scelta effettuata.
In questi casi possono tornare utili i chiarimenti forniti dalla circolare 7/E/2008 in occasione del varo del regime dei minimi con la Finanziaria 2008 (legge 244/2007). L’addebito dell’imposta al cessionario o committente effettuato nelle prime fatture 2015 può essere ricondotto a un errore causato dalle incertezze normative per cui l’esposizione dell’Iva non è necessariamente riconducile all’espressione della volontà di rinunciare al regime agevolato. In questi casi, quindi, l’operazione può essere rettificata con l’emissione di una nota di accredito (articolo 26 del Dpr 633/1972), con conseguente diritto del cessionario/committente alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa. In pratica il vero comportamento concludente che attesta la scelta del regime ordinario, si realizza solo quando il contribuente procede alla liquidazione periodica Iva.
Per quanto riguarda l’emissione dello scontrino fiscale (o della ricevuta fiscale), il dubbio si pone solo quando sul documento viene indicata, anche se non è un dato obbligatorio, l’Iva applicabile sui beni e servizi erogati. Anche in questo caso si ritiene che l’indicazione sul documento della sola aliquota non debba essere considerata come volontà di applicare l’imposta sul valore aggiunto, dato che l’ammontare specifico dell’Iva non è riportato sullo scontrino. Quindi, il comportamento concludente si realizza solo quando si provvede alla liquidazione della prima Iva periodica 2015.
Resta poi il problema di chi nel 2015 ha già emesso fatture con l’indicazione di volersi avvalere del forfettario e che intende ora optare per i minimi al 5 per cento. Non sembra necessario passare dall’annullamento del documento originario con una nota di variazione ex articolo 26 del Dpr 633/1972, in quanto il cambio del regime fiscale non rientra nell’elencazione prevista dalla norma e perché il documento originario, comunque, non incorporava l’Iva. Quindi, in attesa di chiarimenti ufficiali, sembra possibile sostituire il documento originario con uno nuovo che annulla il precedente e che attesta il regime fiscale correttamente adottato. Il tutto meglio se supportato da debita corrispondenza.
Infine, nessuna rettifica va effettuata per l’opzione comunicata all’inizio dell’attività (modello AA9/8) dai contribuenti che intendono transitare dal regime forfetario a quello dei minimi. Il modulo è infatti attrezzato per la spunta del solo regime al 5 per cento.
Fonte: Il sole 24 ore autore Lorenzo Pegorin Gian Paolo Ranocchi

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