Split payment ed estensione del reverse charge

La Legge di stabilità 2015 interviene allargando la casistica applicativa del reverse charge ed introducendo un meccanismo applicativo, con effetti gestionali rilevanti, per il versamento dell’IVA su fatture verso le P.A. 
Più in dettaglio, le disposizioni dei commi da 629 a 633 dell’articolo 1 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015):
· incrementano il numero delle ipotesi di applicazione del meccanismo di inversione contabile (reverse charge) a fini IVA, in particolare estendendo tale sistema anche ad ulteriori ambiti del settore edile, del settore energetico e del settore della grande distribuzione;
· introducono il c.d. meccanismo di “split payment”, ovvero una speciale modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d’imposta; tale meccanismo prevede che al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura; l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario. 
Inoltre, si chiarisce che il meccanismo dello split payment a fini IVA non si applica «... ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito». 
Infine, si conferiscono determinati benefici ai soggetti cui si applica il meccanismo del cd. split payment a fini IVA. In particolare, si statuisce che ai sensi del comma 10 dell’articolo 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il Ministro dell’economia e delle finanze, con il decreto previsto dal nuovo articolo 17-ter, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dal comma 629 individua, tra coloro nei confronti dei quali il rimborso è eseguito in via prioritaria, i soggetti di cui al predetto articolo 17-ter, comma 1, limitatamente al credito rimborsabile relativo alle operazioni ivi indicate.
Ampliamento delle ipotesi di applicazione del meccanismo di inversione contabile (reverse charge) a fini IVA
Il comma 629, integrando l’articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972, introduce nell’ordinamento nazionale ulteriori ipotesi di reverse charge, relativamente al settore edile e al settore energetico, in conformità rispettivamente agli articoli 199 e 199-bis della direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA).
Più in dettaglio le disposizioni in esame (comma 629, lettera a), n. 2), inseriscono nel D.P.R. IVA, all’articolo 17, comma sesto, una lettera a-ter), disponendo in primo luogo l’applicazione dell’inversione contabile anche alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici, a prescindere dalla qualifica soggettiva dei soggetti prestatori/cessionari dei servizi. In altre parole, per tali prestazioni di servizi, il sistema dell’inversione contabile si applica in ogni caso, a prescindere dalla circostanza che le prestazioni siano rese da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore o che siano rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori. Non rientrano quindi nel reverse charge i servizi relativi a beni non qualificabili come edifici. 
Naturalmente il committente del servizio deve essere un soggetto passivo IVA, cioè un impresa/imprenditore o un lavoratore autonomo, oppure un ente non commerciale (per l’eventuale attività commerciale). 
Pertanto, riguardo alla soggettività passiva IVA degli enti pubblici e, più in generale, degli enti non commerciali, qualora i servizi soggetti al reverse charge siano destinati a tali enti è necessario verificare preventivamente la sfera (istituzionale o commerciale) a cui risulta destinata tale prestazione. 
Ne consegue, altresì, che qualora prestazione fosse destinata alla sfera istituzionale di un ente pubblico, oltre che risulterà precluso per ente la possibilità dell’inversione contabile, trattandosi di una prestazione di servizi non assoggettata a ritenute alla fonte a titolo d’imposta sul reddito troverà applicazione il nuovo meccanismo split payment.
Le novella intende – coerentemente all’articolo 199, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2006/112/CE, che consente l’applicazione del reverse charge alle prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili – eliminare la limitazione soggettiva, che circoscrive l’applicazione del reverse charge per le prestazioni nel settore edile (in particolare le prestazioni di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici) al caso in cui i relativi servizi sono resi da soggetti subappaltatori, nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore.
Per motivi di coordinamento, il n. 1) della lettera a) del comma 629, precisa che il reverse charge “da subappalto” si applica alle restanti prestazioni di servizi rese nel settore edile, ossia quelle diverse da pulizia, demolizione, installazione impianti e completamento relative a edifici indicate nell’introdotta lettera a-ter).
Questa separazione è dovuta che i servizi previsti nella lettera a-ter) che soggiaceranno al reverse charge, non sono assolutamente collegati al settore edile, ma devono essere individuati in senso oggettivo. Da ciò ne deriva che chiunque effettuerà una delle prestazioni lettera a-ter) dovrà emettere fattura senza applicazione dell’IVA, con la dicitura «inversione contabile» ed eventualmente indicando gli estremi della nuova norma (Articolo 17, comma 6, una lettera a-ter) del D.P.R. 633/1972)
Come già accennato in precedenza, l’introduzione dell’articolo 199-bis nella richiamata direttiva 2006/112/CE, è stata disposta in relazione alla particolare rischiosità di frodi IVA in determinati settori; in tal modo, per detti ambiti si è prevista la facoltà di trasferire il versamento IVA al destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi. La disciplina comunitaria consente infatti agli Stati membri di introdurre il meccanismo dell’inversione contabile mirato a tali beni e servizi a condizione che ne diano comunicazione al Comitato IVA e forniscano le informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode.
Di conseguenza, il comma 629, lettera a), n. 3 introduce le lettere d-bis), d-ter), d-quater) e d-quinquies) al comma 6 dell’articolo 17 del D.P.R. IVA, così estendendo il reverse charge:
· ai trasferimenti delle quote di emissione di gas-serra operati, nell’ambito del sistema europeo di emission trading (EU ETS), a norma dell’art. 12 della direttiva 2003/87/CE (lettera d-bis)).
In estrema sintesi, l’EU ETS è un sistema di tipo “cap and trade" che fissa un tetto massimo (cap) alle emissioni consentite ai soggetti partecipanti, ma consente ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato (trade) diritti di emissione di CO2 (quote) secondo le loro necessità, all’interno del limite stabilito.
Tale sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (denominato Emission Trading System - EU ETS), previsto dal Protocollo di Kyoto, è stato istituito dalla direttiva 2003/87/CE, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. n. 216 del 2006. In seguito alle numerose modifiche apportate dalla direttiva 2009/29/CE, è stato emanato il D.Lgs. n. 30 del 2013, che ha sostituito ed abrogato il precedente decreto legislativo. L’art. 32 del D.Lgs. n. 30 del 2013, in linea con le disposizioni dell’art. 12 della direttiva, dispone che le quote di emissioni possono essere trasferite sia tra persone all’interno dell’Unione europea, nonché (alle condizioni indicate dalla norma) tra persone all’interno della UE e persone nei Paesi terzi.
Gli scambi avvengono solitamente tramite apposite “piattaforme di scambio”. La prima piattaforma italiana per lo scambio di quote di emissione di gas-serra è stata predisposta dal Gestore del Mercato Elettrico (GME).
·  ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla stessa direttiva 2003/87/CE, nonché di certificati relativi all’energia e al gas (lettera d-ter));
·  alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore, individuato attraverso il rinvio all’art. 7-bis, comma 3, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972 (lettera d-quater));
Ai sensi dell’articolo 7-bis del D.P.R. 633/72, per soggetto passivo-rivenditore si intende un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all’acquisto di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo è costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo personale di detti prodotti è trascurabile.
Alle cessioni di beni effettuate nei confronti degli ipermercati (codice attività 47.11.1, supermercati (codice attività 47.11.2) e discount alimentari (codice attività 47.11.3) (lettera d-quinquies)).
Il comma 629, lettera d), estende l’applicazione del regime IVA dell’inversione contabile (c.d. reverse charge) vigente per le cessioni di rottami (ai sensi dell’articolo 74, comma settimo del D.P.R. n. 633 del 1972) anche alle cessioni di bancali di legno (pallets) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.
Il comma 632 dell’articolo 1 in esame subordina l’efficacia delle disposizioni di cui al 629, lettera a), numero 3), capoverso d-quinquies) al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio Il Consiglio dell’Unione deve quindi autorizzare una deroga alle regole ordinarie di applicazione dell’IVA, ai sensi della direttiva 2006/112/UE (come modificata dalle direttive 2010/23/UE, 2013/42/UE e 2013/43/UE). Questa deroga può essere richiesta dagli Stati Membri allo scopo di evitare talune forme di evasione o elusione fiscale (art. 395 della direttiva 2006/112/UE) .
Pertanto, ad eccezione del reverse charge per le forniture alla grande distribuzione (lettera d-quinquies)) che è subordinato al rilascio di apposita deroga da parte dell’Unione europea, le novità introdotte sono operative dal 1 gennaio 2015. 
In altre parole, solo per le cessioni di beni effettuate nei confronti degli ipermercati (codice attività 47.11.1), supermercati (codice attività 47.11.2) e discount alimentari (codice attività 47.11.3) bisognerà attendere l’autorizzazione del Consiglio europeo, che peraltro, secondo insistenti rumors sarà negata da parte della Commissione europea. 
Si sottolinea inoltre, che la lettera d-quinquies non fa riferimento ai soli beni destinati alla rivendita e quindi interesserà qualsiasi altro bene (elettricità, carburante e beni strumentali)
Il comma 631, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 199-bis della direttiva 112/2006 circa il carattere temporaneo della misura, che deve avere una durata non inferiore a due anni e non protrarsi oltre il 31 dicembre 2018, prevede che le disposizioni concernenti l’inversione contabile di cui al comma 629, lettera a), numero 3), relative alle quote di emissioni di gas serra, ai certificati ed alle cessioni di gas ed energia elettrica, nonché alle cessioni verso la grande distribuzione – sono applicabili per un periodo di quattro anni.
Come precisato dalla relazione illustrativa, “poiché la disposizione in esame include le nuove ipotesi di inversione contabile nell’articolo 17, sesto comma, implementando le ipotesi di reverse charge già ivi previste, i contribuenti che pongono in essere le relative cessioni e prestazioni potranno chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, lettera a).”
Introduzione del c.d. “split payment” per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici
L’articolo 1 comma 629, lettera b) introduce il c.d. “split payment”, ovvero speciali modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d’imposta.
A tal fine viene inserito nel D.P.R. n. 633 del 1972 l’articolo 17-ter, ai sensi del quale nel caso di cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle unità sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini che verranno fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. 
La c.d. “split payment” non si applica ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito.
La disposizione intende attuare una peculiare tipologia di “split payment” secondo la quale:
· al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura;
·  l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario.
Per quanto riguarda la gestione contabile in nota operativa della Fondazione nazionale dei Commercialisti (FNC) si afferma che” il fornitore emetterà fattura, per le operazioni poste in essere a partire dal 1° gennaio, con la rivalsa dell’IVA, indicando che tale imposta non verrà mai incassata ai sensi dell’art. 17 –ter del D.P.R. 633/1972 (split payment); l’imposta indicata in fattura verrà regolarmente registrata in contabilità dal cedente, e andrà stornata o contestualmente alla registrazione della fattura o con un’apposita scrittura dal totale del credito accesso verso l’ente pubblico.
Peraltro, nella stessa Fondazione con comunicato del 19 gennaio 2015 ha sostenuto la tesi secondo cui non rientrano nel campo applicativo dello split payment le operazioni rese da professionisti assoggettati a ritenuta a titolo d’acconto.
Ad ogni modo, in occasione di Telefisco 2015, i tecnici dell’Agenzia delle Entrate ha confermato all’assunto della Fondazione dei Commercialisti confermando che la locuzione «ritenute alla fonte a titolo d’imposta sul reddito», fa riferimento, ai fini della non applicazione della norma, anche alle ritenute a titolo di acconto. Pertanto l’IVA addebitata dal professionista nei confronti dell’ente pubblico committente sarà pagata unitamente al compenso.
Inoltre, con comunicato stampa del MEF n. 7 del 9 gennaio 2015 è stato chiarito che lo split payment si applica alle pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA
In particolare nel documento delle Finanze si anticipa che “Nello schema di decreto di attuazione viene precisato che il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifichi successivamente alla stessa data. In merito all’esigibilità dell’imposta, si prevede altresì che, per le operazioni soggette al meccanismo della scissione dei pagamenti, l’imposta divenga esigibile al momento del pagamento della fattura ovvero, su opzione dell’amministrazione acquirente, al momento della ricezione della fattura.
Infine, viene stabilito che il versamento dell’imposta possa essere effettuato, a scelta della pubblica amministrazione acquirente, con le seguenti modalità:
a) utilizzando un distinto versamento dell’IVA dovuta per ciascuna fattura la cui imposta è divenuta esigibile;
b) in ciascun giorno del mese, con un distinto versamento dell’IVA dovuta considerando tutte le fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile in tale giorno;
c) entro il giorno 16 di ciascun mese, con un versamento cumulativo dell’IVA dovuta considerando tutte le fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile nel mese precedente. 
Tuttavia viene previsto che, fino all’adeguamento dei sistemi informativi relativi alla gestione amministrativo contabile delle pubbliche amministrazioni interessate e, in ogni caso, non oltre il 31 marzo 2015, le stesse amministrazioni accantonino le somme occorrenti per il successivo versamento dell’imposta, che deve comunque essere effettuato entro il 16 aprile 2015.”.
In merito alla decorrenza il comma 632 statuisce che le disposizioni del comma 629, lettera b) che introducono il c.d. “split payment”, nelle more del rilascio, ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE, della misura di deroga da parte del Consiglio dell’Unione europea, trovano comunque applicazione per le operazioni per le quali l’imposta sul valore aggiunto è esigibile a partire dal 1° gennaio 2015. 
Si ricorda che il richiamato articolo 395 della direttiva 2006/112/CE affida al Consiglio, con delibera all’unanimità adottata su proposta della Commissione, la possibilità di autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla direttiva stessa, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali.
Il comma 630 dispone che i fornitori cui si applica lo split payment sono individuati (ai sensi dei comma 10 dell’articolo 38-bis del DPR n. 633 del 1972) tra i soggetti cui i rimborsi delle eccedenze IVA sono eseguiti in via prioritaria, limitatamente al credito rimborsabile relativo alle operazioni cui si applica lo split payment.
Il comma 633 stabilisce che nei confronti degli enti pubblici cessionari o committenti che omettono o ritardano il versamento IVA, ai sensi della modifica al Reverse Charge introdotta dal precedente comma 629, lettera b) si applicano le sanzioni amministrative per omessi o tardivi versamenti e le relative somme sono riscosse attraverso atto di recupero motivato.
Fonte: Finanza e Fisco new

Commenti