Reverse charge, violazioni formali

Le violazioni nel reverse charge hanno natura formale poiché non comportano alcun danno erariale.
Ne consegue che in assenza di contestazioni da parte dell’amministrazione sulla detraibilità dell’imposta, è illegittima la pretesa dell’Iva. 
Ad affermare questo importante principio è la Corte di cassazione con la sentenza n. 5072 depositata ieri. Questa la vicenda: a una società erano stati notificati due avvisi di accertamento da parte dell’agenzia delle Entrate con i quali era stata recuperata l’Iva su alcune operazioni intracomunitarie. In particolare la contribuente non aveva correttamente annotato nei registri Iva le fatture ricevute, poiché non erano state registrate con l’integrazione dell’imposta in quello degli acquisti e non era stata emessa la relativa autofattura. Il provvedimento era stato impugnato dinanzi alla commissione tributaria, evidenziando che le irregolarità commesse erano di carattere formale e pertanto era illegittima la pretesa dell’imposta. La Ctp aveva accolto il ricorso, ma la decisione era stata riformata dal giudice di appello sul presupposto che la violazione era di natura sostanziale, poiché potenzialmente idonea a determinare una maggiore Iva. Aveva ricorso allora per Cassazione la società ribadendo che la doppia registrazione delle fatture intracomunitarie, nella specie, aveva generato una situazione neutrale senza alcun risvolto sostanziale in termini di debito di imposta. La Cassazione, con l’ordinanza n. 25035/2013, aveva rinviato alla Corte di giustizia la decisione sulla formalità o meno delle irregolarità in tema di reverse charge. 
La Corte di giustizia con la sentenza dell’11 dicembre 2014 (C-590/13) ha affermato che la mancata osservanza dei requisiti formali previsti per il diritto alla detrazione non può determinare la perdita del diritto. 
I giudici di legittimità alla luce di questi chiarimenti hanno preliminarmente richiamato la normativa nazionale in tema di reverse charge, precisando che il cessionario italiano deve integrare il documento con l’Iva dovuta ovvero emettere autofattura da registrare nel registro vendite. Al fine, poi, dell’esercizio alla detrazione, la stessa va annotata anche in quello degli acquisti. Ne consegue, che in assenza di limiti oggettivi o soggettivi al diritto di detrarre l’imposta così integrata, l’operazione nel suo complesso risulta neutrale. 
I requisiti formali sono così necessari solo per il controllo, da parte dell’amministrazione, della spettanza del diritto di detrazione. Tuttavia, è la stessa Corte di giustizia a osservare che, nella specie, l’agenzia delle Entrate disponeva di tutte le informazioni necessarie per accertare la sussistenza dei requisiti sostanziali e pertanto le irregolarità commesse dalla società risultavano di carattere formale. 
La Corte di cassazione ha così affermato il principio secondo cui se non è contestata la detraibilità dell’Iva integrata sugli acquisti intracomunitari, le inadempienze accertate a carico del contribuente non generano danni erariali, poiché il risultato fiscale finale è neutrale. 
La decisione appare particolarmente importante poiché chiarisce che le irregolarità che non comportano concretamente danni erariali, non possono essere sanzionate con l’indetraibilità dell’imposta. Occorrerà così solo attendere che tutti gli uffici si adeguino a tali principi per evitare inutili contenziosi per i contribuenti.
Fonte: Il sole 24 ore autore Laura Ambrosi

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