Edilizia, «Ateco» guida il reverse

Per identificare i servizi attratti nel regime non conta né il contratto né il committente
Per l’individuazione nel settore dell’edilizia dei nuovi servizi che vanno assoggettati al regime del reverse charge bisogna far riferimento ai codici Ateco, limitando l’applicazione alle attività strettamente collegate agli edifici; risultano, dunque, escluse le analoghe attività realizzate su beni immobili non definibili edifici ovvero in relazione a beni mobili. È uno dei chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate nella circolare 14/E di ieri sulle nuove regole, operative dal 1° gennaio 2015, che estendono il meccanismo dell’inversione contabile a tutta una serie di servizi che interessano una complessa e amplia platea di contribuenti. Per il settore energetico – precisa per esempio la circolare – l’applicazione del reverse charge si estende anche ai certificati verdi e bianchi. Mentre per i pallets l’applicazione del reverse charge non richiede l’inutilizzabilità del bene, ma è sufficiente che gli stessi siano stati recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.
La circolare affronta anche l’interrelazione tra il regime del reverse charge e gli altri regimi speciali definendo di volta in volta la prevalenza del regime applicabile (ad esempio risulta necessaria l’uscita dal regime dell’Iva per cassa per coloro che realizzano servizi soggetti a reverse charge). 
Per lo split payment la circolare chiarisce, come si rilevava comunque già dalla norma, che è necessario distinguere se il servizio reso nei confronti degli enti pubblici ricompresi nell’articolo 17 ter è reso nell’ambito dell’attività commerciale dell’ente stesso ovvero nell’ambito della sua attività istituzionale. Nel primo caso la fattura è soggetta a reverse charge, nel secondo caso è soggetta a split payment. Il problema nasce quando il servizio reso è promiscuo (utilizzato dall’ente in parte nell’attività commerciale in parte in quella istituzionale) perché in questo caso è necessario scomporre la fattura in due parti rispettando le precedenti regole di ripartizione. 
Ma i chiarimenti più attesi sono quelli relativi all’edilizia. La prima cosa da rilevare è che i nuovi servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici (lettera a-ter dell’articolo 17, comma 6 del Dpr 633/72) vanno tenuti distinti dai servizi che insistono sempre nel settore edilizio disciplinati dalla lettera a dello stesso comma. Sono differenti, infatti, i presupposti e l’ambito applicativo. 
Per i servizi della lettera a–ter si deve in primo luogo tener conto del codice Ateco 2007 di classificazione del servizio, prescindendo dal fatto che gli stessi siano svolti nell’ambito di prestazioni rese dal subappaltatore o nei confronti di un general contractor. Quindi le prestazioni di pulizia rese, ad esempio, nei confronti di un professionista sono ora da assoggettarsi a reverse charge. 
La circolare chiarisce inoltre che se un operatore ha un codice Ateco diverso, ma svolge sistematicamente le prestazioni di cui alla lettera a ter) deve comunque applicare il reverse charge. Le attività, però, se sono accessorie a un’attività complessa collegata alla costruzione di un fabbricato vanno a reverse charge solo se siamo nell’ambito delle regole della lettera a (quindi ad esempio quando sono rese a un subappaltatore).
Infine il meccanismo del reverse charge si applica solo nel caso in cui i predetti servizi sono eseguiti in relazione a uno specifico edificio. Sono esclusi dal reverse charge, ad esempio, i servizi di cui alla lettera a ter se realizzati per parcheggi, piscine e giardini.
Fonte: Il sole 24 ore autore Benedetto Santacroce

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