Quattro verifiche per stabilire come trattare la prestazione

Ai fini del reverse charge, distinguere le cessioni con posa in opera dalle prestazioni di servizi è anche questione di metodo. 
Un approccio corretto non azzera i dubbi, ma riduce l’incertezza. Vediamo come procedere.
Operazione unica o no. La prima domanda da porsi è se sia possibile considerare la fattispecie come un’operazione unica. La risposta è fornita dalla giurisprudenza comunitaria (sentenza C-111/05): quando più elementi dell’operazione sono così intimamente connessi che la loro scomposizione sarebbe artificiale, allora si è di fronte a un’operazione unica dal punto di vista Iva. Il criterio della “scomposizione” contenuto nella circolare 14/E/2015, per cui a ogni prestazione si applicano le proprie regole, può scattare (salvo eccezioni) quando in un unico contratto sono presenti sia servizi soggetti a reverse charge sia prestazioni a Iva ordinaria. Ma è chiaro che questo criterio non permette di scindere una singola operazione nelle sue componenti: cessione, da un lato, e posa in opera, dall’altro.
Elementi accessori di una prestazione unica. Se l’operazione è unica, occorre verificare se uno o più degli elementi che la compongono hanno natura meramente accessoria. I chiarimenti forniti dalle Entrate possono essere d’aiuto. L’ultimo (risoluzione 25/E/2015) conferma che, se il bene venduto è prodotto in serie e presenta caratteristiche standardizzate o richiede minime variazioni di misura per adattarsi alle richieste del cliente, siamo di fronte a una cessione con eventuale posa in opera, in cui il servizio è accessorio alla vendita. Se, invece, il bene è prodotto in base alla specifica richiesta del cliente e non è più il bene standard, si entra nel campo delle prestazioni di servizi.
Più elementi rilevanti nell’ambito di una prestazione unica. Più complicata è la situazione in cui gli elementi di un’unica operazione hanno pari “dignità”. In tal caso, infatti, vanno valutati altri aspetti. Quello del rapporto fra il peso economico del bene e il prezzo del servizio è solo uno dei profili da esaminare, e non è decisivo. Conta soprattutto la volontà delle parti. Allo scopo, rileva senz’altro il contratto, la cui redazione in forma scritta è quanto mai utile. Nei casi dubbi, le singole clausole, comprese quelle che regolano le responsabilità del fornitore/prestatore, in effetti, possono fornire importanti indicazioni su ciò che le parti hanno voluto dedurre in obbligazione. Se dall’esame del contratto, per esempio, emerge che il bene viene profondamento “alterato” per effetto della prestazione eseguita, è più facile che si tratti di un servizio. 
Come usare i codici Ateco. Nell’investigazione, come suggerisce la circolare 14/E, i codici Ateco servono per individuare le prestazioni soggette a reverse charge (non chi le compie) e, in un certo senso, le relative descrizioni confermano i criteri di cui sopra. La posa in opera d’infissi (codice 43.32.02), per esempio, rientra fra le prestazioni dell’articolo 17, comma 6, lettera a-ter), Dpr 633/72, ma solo se è considerata singolarmente. Quando è accessoria alla vendita, invece, è assorbita dalla cessione. L’intonacatura di un edificio (43.31.00), viceversa, rileva come prestazione di servizi: il prestatore, infatti, s’impegna a fornire al committente un risultato - la parete intonacata - in cui il materiale (sabbia, calce, eccetera), “alterandosi”, perde la propria originaria identità. 
Fonte: Il sole 24 ore autore M. Bal. -- Ma. Si.

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