Rinunce ai crediti, detassazione limitata

Stretta del fisco sulle rinunce ai crediti da parte dei soci, con “svista” sulla decorrenza.
Penalizzati anche i concordati in continuità, mentre per le perdite su crediti il fisco accetterà la deduzione anche in anni successivi alla apertura del fallimento. L’articolo 13 dello schema di decreto legislativo sull’internazionalizzazione delle imprese introduce diverse misure sulla crisi d’impresa, in parte favorevoli in parte restrittive, prevedendo per tutte una decorrenza anticipata all'esercizio 2015. Per le remissioni di debito, la non imponibilità si limiterà al costo fiscale del credito in capo al socio.
Rinunce dei soci 
Un primo intervento dello schema di decreto legislativo riguarda l’articolo 88 del Tuir in materia di sopravvenienze attive. Il nuovo comma 4-bis riscrive le disposizioni sulle rinunce a crediti effettuate dai soci. Attualmente, il Testo unico stabilisce l’intassabilità dei componenti di reddito generati da tali rinunce, senza particolari condizioni.
La nuova norma prevede invece che la detassazione della sopravvenienza attiva avrà effetto soltanto nei limiti del costo fiscale del credito; il socio dovrà comunicare il costo alla partecipata con dichiarazione sostitutiva, in mancanza della quale lo stesso si considera pari a zero. Un trattamento analogo si applica alla conversione di crediti in partecipazioni. La situazione presa in esame dal decreto è, in particolare, quella di acquisto di crediti a un prezzo inferiore al nominale con successiva rinuncia. 
Ad esempio, Tizio acquista per 100 un credito di valore nominale di 1.000 che un fornitore vanta verso la sua controllata Alfa. Se Tizio rinuncia al credito, Alfa (a cui viene meno un debito di 1.000, che contabilmente comporta l’iscrizione di una riserva del patrimonio netto come da Oic 28) deve tassare un importo di 900 (eccedenza sul valore fiscale del credito).
La novità si applica dall’esercizio in corso alla entrata in vigore del decreto (2015), colpendo di fatto operazioni già effettuate nei primi mesi dell’anno e dunque con una valenza sostanzialmente retroattiva. È dunque auspicabile che, nella versione finale, l’efficacia della stretta venga posticipata al 2016.
Concordati preventivi 
Il decreto rivede anche le disposizioni sulle sopravvenienze derivanti dallo stralcio di debiti in presenza di procedure concorsuali. Si stabilisce, sempre con decorrenza dal 2015 (e anche in questo caso si tratta di una efficacia retroattiva che dovrà essere opportunamente modificata), che in caso di concordato preventivo di «risanamento» (il riferimento è all’articolo 186-bis legge fallimentare), la sopravvenienza attiva (bonus concordatario) non è imponibile limitatamente alla parte che eccede le perdite pregresse e di periodo, da calcolare senza considerare il limite di utilizzo dell’80% e comprendendo quelle del consolidato fiscale, nonché gli interessi indeducibili che eccedono il Rol.
La norma estende ai concordati con continuità aziendale il regime meno favorevole già previsto per il bonus da accordi di ristrutturazione omologati e da piani attestati iscritti nel registro delle imprese. Si penalizzano le procedure di risanamento rispetto a quelle di liquidazione (concordato fallimentare e concordato preventivo liquidatorio, per le quali la detassazione del bonus resta integrale) impedendo al debitore che prosegue l’attività di mantenere integre le perdite per abbattere i risultati positivi del business plan. Per applicare correttamente la disposizione, occorrerà inoltre avere chiarezza sulla qualificazione (liquidatorio o in continuità) di taluni concordati “misti” (affitto ante domanda e successiva cessione dell’azienda all’affittuario), argomento su cui la giurisprudenza fallimentare è divisa. 
Deduzioni facilitate 
Sempre i materia di crisi d’impresa, si introducono alcune disposizioni per rendere più agevoli le deduzioni delle perdite su crediti. In primo luogo, si stabilisce che, qualora il debitore sia assoggettato a procedura concorsuale (o abbia concluso un accordo di ristrutturazione o un piano attestato, questa ultima fattispecie è prevista per la prima volta dal decreto), ovvero nel caso dei crediti di modesto importo, la deduzione della perdita è ammessa nel periodo di imposta in cui la stessa viene imputata al conto economico anche se successivo a quello di avvio della procedura o di scadenza del termine semestrale del minicredito. Verranno dunque meno (la norma ha effetto dal 2015, decorrenza in questo caso corretta) le contestazioni (assai diffuse) di indeducibilità delle perdite per vizio di “competenza”. La deduzione non può andare oltre l’esercizio in cui il credito viene cancellato dal bilancio (o avrebbe dovuto esserlo secondo i principi contabili). Viene infine esteso il regime alle procedure estere equivalenti a quelle della legge fallimentare italiana. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Luca Gaiani

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