Società estinte, rettifiche limitate

Solo in casi marginali possibili richieste nei confronti dei soci e dei liquidatori
Società estinte, l’intervento normativo non ha centrato il bersaglio. 
Infatti, sia nel caso in cui la società risulti estinta prima del 13 dicembre 2014 che a partire da tale data, il problema è che manca sempre, quando l’atto impositivo viene notificato dopo la cancellazione, un atto valido nei confronti della stessa società.
Questo anche dopo l’intervento del decreto legislativo 175/2014. È questa la considerazione dalla quale partire per verificare i comportamenti da tenere in presenza di atti emessi nei confronti di società cancellate dal registro delle imprese, anche avendo a riguardo alla data “spartiacque” del 13 dicembre 2014. Infatti, da tale data decorre l’entrata in vigore del decreto legislativo 175/2014, che ha stabilito la possibilità di effettuare atti impositivi nei cinque anni successivi all'estinzione della società. Questa previsione modifica però solo leggermente il comportamento da tenere in presenza di atti emessi nei confronti di società cessate e degli ex liquidatori e (ex) soci. 
Va ricordato che il decreto 175/2014 non può avere effetto retroattivo e, quindi, non può riguardare società che si sono cancellate dal registro delle imprese entro il 12 dicembre 2014 (Cassazione 6743/2015).
Occorre anche partire dal presupposto che una società estinta non può stare in giudizio (Cassazione 6070/1/2 del 2013 a sezioni unite), perché si tratta di un soggetto giuridicamente inesistente. Ciò deve valere anche dopo l’entrata in vigore del decreto 175/2014, in quanto non si può pensare che con la parola “contenzioso”, inserita all’ultimo momento nel testo normativo, si dia capacità processuale a un soggetto “defunto” (non si può essere “un po’ morti”).
Tra la società e i soci, nonché i liquidatori, si genera tuttavia una vicenda successoria, ancorché sui generis perché circoscritta a quanto stabilito dall’articolo 2495 e 2312 del Codice civile (ad esempio, occorre verificare se un socio di una società di capitali ha riscosso delle somme in base al bilancio finale di liquidazione). Si può, quindi, generare anche una successione nel processo (compreso quello tributario), ma questo accade quando la società si cancella in corso di causa, non quando il processo interviene dopo la cancellazione (Cassazione 6070/1/2), proprio perché una società estinta non ha capacità processuale. 
Va rilevato che la vicenda successoria non si realizza solo per i debiti esistenti al momento della cancellazione, ma anche per eventuali sopravvenienze. Va però considerato che la “competenza” processuale per un’eventuale azione nei confronti dei soci e degli ex liquidatori (in base all’articolo 2495 del Codice civile) è del giudice ordinario, e questo riguarda anche eventuali crediti vantati dalle Entrate (anche sorti successivamente all’estinzione). Se l’Agenzia vuole rivolgersi al giudice tributario, deve quindi azionare la responsabilità stabilita dall’articolo 36 del Dpr 602/73, la quale, per le società cancellate entro il 12 dicembre 2014, riguarda solo l’Ires (nemmeno l’Irap e non le sanzioni). La responsabilità dell’articolo 36 del Dpr 602/73, nei confronti degli ex liquidatori e degli ex soci, è comunque una responsabilità civilistica – e non una responsabilità in solido – per cui presuppone che “a monte”, cioè nei confronti della società, sia stato emesso un atto valido (Cassazione 179/2014; 7327/2012 e 8685/2002). Inoltre, va considerato che la responsabilità si riferisce a debiti tributari sorti entro la cancellazione dal registro delle imprese e non successivamente (non riguarda le sopravvenienze).
Di conseguenza, poiché l’atto emesso nei confronti di una società estinta entro il 12 dicembre 2014 è un atto giuridicamente inesistente – non nullo (la nullità può essere sanata per raggiungimento dello scopo) – ecco che non vi può essere alcun atto valido nei confronti della società. Conseguentemente, non può essere azionata la responsabilità nei confronti di ex soci ed ex liquidatori.
Non cambia di molto la situazione in presenza di atti emessi successivamente all’estinzione di una società avvenuta a partire dal 13 dicembre 2014. Posto che la responsabilità stabilita dall’articolo 36 del Dpr 602/73 riguarda ora tutti i tributi riscuotibili attraverso ruolo o atto accertamento esecutivo (non comunque le sanzioni), si può essere dell’avviso che l’atto emesso nei confronti della società estinta non sia comunque un atto valido, in quando fondato su una norma illegittima. Questo perché la norma che consente di emettere atti impositivi nei cinque anni successivi non risulta rispettosa di alcuna delega attribuita dalla legge 23/2014, ma anche perché non consente alla società a cui l’atto risulta intestato di stare in giudizio, posto che un soggetto estinto non ha alcuna capacità processuale.
Fonte: Il sole 24 ore autore Dario Deotto
LE REGOLE PER TUTTI GLI ATTI IMPOSITIVI A PRESCINDERE DALLA DATA DI CANCELLAZIONE DELLA SOCIETÀ
1) Una società estinta non può stare in giudizio
2) Si genera tra società e soci/liquidatori una situazione successoria, ancorché sui generis nei limiti artt. 2495 e 2312 c.c.
3) La vicenda successoria riguarda non solo i residui al momento della cancellazione, ma anche le sopravvenienze
4) Per residui e sopravvenienze passive possono essere chiamati in giudizio i soci e i liquidatori nei limiti artt. 2495 e 2312 c.c.
5) Si tratta però di un’azione civilistica per cui la competenza è dell'a.g.o. (e questo vale anche per amministrazione finanziaria)
6) Se amministrazione finanziaria vuole “andare” avanti al giudice tributario deve applicare l'art. 36, Dpr 602/1973 (che è un'azione civilistica “vestita da norma fiscale” per responsabilità per fatto proprio del liquidatore e del socio)
SOCIETÀ ESTINTE PRIMA DEL13/12/2014
7) L’art. 36 del Dpr 602/1973 riguarda soltanto l’Ires (nemmeno le sanzioni) e presuppone un atto valido “a monte” emesso nei confronti della società, oltreché di un atto appositamente motivato (nei confronti di soci e liquidatori) circa la ricorrenza delle condizioni di cui allo stesso art. 36 del Dpr 602/1973 – che però non disciplina eventuali “sopravvenienze” generatesi dopo l’estinzione
8) L’atto emesso nei confronti di una società estinta non può essere ritenuto un atto valido – si tratta di un atto non nullo, ma giuridicamente inesistente
9) Mancando quindi un atto valido “a monte” (nei confronti della società) non può essere azionata responsabilità art. 36, Dpr 602/1973
CONSEGUENZE
In presenza di atto emesso nei confronti di società estinta, in via prudenziale, l’eventuale o gli eventuali consegnatari dell’atto eccepiranno esclusivamente il proprio difetto di legittimazione
In presenza di atto emesso nei confronti di soci/liquidatori (a loro intestato) si andranno ad eccepire l’insussistenza delle situazioni di cui al punto 7)
SOCIETÀ ESTINTE DAL 13/12/2014 CONSEGUENZE
In presenza di atto emesso nei confronti di società estinta, in via prudenziale, gli eventuali consegnatari dell’atto eccepiranno esclusivamente il proprio difetto di legittimazione
In presenza di atto emesso nei confronti di soci/liq.ri (a loro intestato) si andrà ad eccepire che l’atto nei cfr. Società non è valido per le ragioni di cui al punto 8), per cui non può ricorrere responsabilità ex art. 36/602. Inoltre, i soci e liquidatori eccepiranno che la motivazione richiesta dall’art. 36/602 si riferisce a situazioni verificatesi al momento dell’estinzione e non ad eventuali “sopravvenienze”
7) L’art. 36 del Dpr 602/1973 riguarda tutti i tributi iscrivibili a ruolo o attraverso atto accertamento esecutivo (non le sanzioni) e presuppone un atto valido “a monte” emesso nei confronti della società, oltreché di un atto appositamente motivato (nei confronti di soci e liquidatori) circa la ricorrenza delle condizioni di cui allo stesso art. 36, Dpr 602/1973 – che però non disciplina eventuali “sopravvenienze” generatesi dopo l’estinzione
8) C’è da chiedersi se è valido un atto emesso nei 5 anni successivi all’estinzione . Si ritiene che l’atto non sia valido perché fondato su una norma illegittima: questo perché non consente impugnazione dell’atto da parte della società estinta – che non può stare in giudizio – e perché fondato su una norma attuata in assenza di una precisa delega da parte della legge 23/2014

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