Bilancio: nuovi criteri di valutazione

Non è più possibile iscrivere nell’attivo le spese di pubblicità e quelle di ricerca. Capitalizzabili solo le spese di sviluppo.
Il Decreto Legislativo che ha recepito la Direttiva 34/13, ha innovato sia i principi di redazione che di valutazione del bilancio.
Per quanto riguarda i principi di redazione del bilancio, nell’articolo 2423 c.c. viene introdotto il «principio di rilevanza» in virtù del quale «non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta.»
Tale principio, che ha già applicazione a livello di prassi contabile, trova spazio anche in alcune specifiche disposizioni normative, delle quali, quindi, viene disposta l’eliminazione. Si pensi, a tal proposito, all’abrogazione del punto 12 dell’art. 2426 c.c., il quale attualmente prevede che «le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo, possono essere iscritte nell'attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione».
Nell’introdurre il nuovo principio, viene tuttavia previsto che siano illustrati in nota integrativa i criteri con i quali è stata data attuazione allo stesso. Viene poi espressamente chiarito che il criterio della rilevanza non mette in alcun modo in discussione gli obblighi relativi alla corretta tenuta della contabilità.
Viene inoltre riformulato il principio di rilevazione e valutazione delle voci secondo la sostanza dell’operazione o del contratto.
Giova a tal proposito ricordare che, la previgente versione dell’articolo 2423-bis c.c., numero 1, prevedeva che la valutazione delle voci debba essere fatta «tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato». Il riformato articolo 2423-bis c.c., numero 1-bis, prevede pertanto che la rilevazione e la presentazione delle voci sia effettuata «tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto».
Per ciò che attiene invece i criteri di valutazione, il Decreto Legislativo prevede modifiche per l’articolo 2426 c.c., e più precisamente ai numeri 1), 7) e 8), al fine di introdurre il metodo del costo ammortizzato per la valutazione dei crediti, dei debiti e dei titoli.
Viene tuttavia chiarito che le immobilizzazioni rappresentate da titoli possono essere valutate secondo il principio del costo ammortizzato solo ove applicabile. I crediti e i debiti sono invece sempre rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del loro presumibile valore di realizzo.
L’obbligo di tener conto del fattore temporale implica quindi la necessità di calcolare il valore attuale dei crediti e dei debiti che, al momento della rilevazione iniziale, non sono produttivi di interessi, o producono interessi secondo un tasso significativamente inferiore a quello di mercato.
L’introduzione del criterio del costo ammortizzato è stata fortemente criticato dal CNDCEC, che, nelle osservazioni alla consultazione pubblica, ha sottolineato come «l’applicazione del metodo di derivazione IASB nasce con finalità informative del tutto avulse rispetto a quelle perseguite dalle PMI, principale target delle norme del codice civile». L’introduzione del criterio è inoltre palesemente in contrasto con il principio di semplificazione cui si ispira la Direttiva contabile.
Novità importanti sono state altresì introdotte in merito agli oneri pluriennali e all’avviamento, al fine di coordinare le disposizioni codicistiche con le previsioni di cui all’articolo 12, paragrafo 11 della Direttiva.
A tal proposito merita in primo luogo di essere sottolineato che non è più possibile iscrivere nell’attivo le spese di pubblicità e quelle di ricerca. In virtù delle novità che potrebbero essere introdotte è quindi prevista soltanto la capitalizzazione delle spese di sviluppo, per le quali è stabilito un periodo di ammortamento pari alla loro vita utile: soltanto nei casi eccezionali in cui non è stimabile attendibilmente la loro vita utile è possibile ricorrere all’ammortamento in un periodo non superiore a cinque anni.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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