Il nuovo falso in bilancio è sempre delitto

Dal 14 giugno 2015 è entrata in vigore la nuova disciplina sul reato di false comunicazioni sociali, a seguito dell’emanazione della Legge 27/05/2015, n. 69, recante “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”. 
Più correttamente, si dovrebbe parlare di reati di false comunicazioni sociali; infatti, la recente riforma ha di fatto sradicato completamente il previgente sistema basato su due fattispecie, delle quali una (quella prevista dal vecchio art. 2621 c.c.) strutturata come reato di pericolo e punita come contravvenzione, l’altra (quella disciplinata dal successivo art. 2622) strutturata come reato di danno, punibile a querela della persona offesa (salvo i casi in cui il mendacio era riferibile a una società quotata, ove la procedibilità era d’ufficio). 
Le nuove fattispecie. Con il nuovo sistema del mendacio societario si possono ora distinguere quattro diverse fattispecie, che si differenziano in base agli elementi costitutivi e al regime sanzionatorio; in particolare, si tratta del falso in bilancio delle seguenti tipologie societarie: 
- società non quotate; 
- società non quotate con l’attenuante della “lieve entità”; 
- società non fallibili; 
- società quotate nei mercati nazionali e comunitari. 
Trattasi, in sostanza, di una riforma epocale, che va in controtendenza rispetto a quella del 2002 (quest’ultima, peraltro; interessante l’intero titolo XI del codice civile, rubricato “Disposizioni penali in materia di società e di consorzi”), apportando un sensibile inasprimento del sistema sanzionatorio, interamente strutturato su ipotesi delittuose. 
Il falso in bilancio ordinario. L’art. 2621 c.c., così come sostituito dall’art. 9, comma 1 della Legge 69/2015, disciplina il delitto di false comunicazioni sociali; la nuova fattispecie, che opera in via ordinaria, quanto non si rendono applicabili le disposizioni degli articoli successivi, viene ripresentata con una struttura alquanto semplificata rispetto alle precedenti formulazioni, constando di due soli commi: il primo comma indica gli elementi costitutivi della nuova fattispecie delittuosa, per la quale viene prevista la pena della reclusione da 1 a 5 anni; il secondo reca la precisazione (già presente nelle pregresse formulazioni) che la stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. 
Le attenuanti speciali. L’art. 2621-bis c.c., inserito dall’art. 10, comma 1 della Legge 69/2015, contempla un’attenuante speciale (per cui è prevista la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni), ricollegata direttamente alla fattispecie ordinaria di cui all’art. 2621, che opera, fatta salva la ricorrenza di un reato più grave, in due diverse circostanze: 
• quando il mendacio societario riguarda fatti di “lieve entità”, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta; 
• quando il mendacio societario riguarda società “non fallibili”, con la precisazione che, in tal caso, il reato è perseguibile a querela della persona offesa, indentificata dalla norma stessa nella società, nei soci, nei creditori, ovvero nei altri destinatari delle comunicazioni sociali. 
La “particolare tenuità del fatto”. L’art. 2621-ter c.c., anch’esso inserito dall’art. 10, comma 1 della Legge 69/2015, riporta una norma rivolta al giudice il quale, nel valutare la “non punibilità per particolare tenuità del fatto”, di cui all'articolo 131-bis del codice penale, il giudice deve valutare, in modo prevalente, l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621-bis. 
L’art.131-bis c.p. prevede, per i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero con la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, l’esclusione dalla punibilità quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Di conseguenza, i criteri sui quali deve incardinarsi il giudizio di “particolare tenuità” del fatto sono sostanzialmente due, uno di carattere oggetti e l’altro soggettivo: 
• la particolare tenuità dell’offesa, che implica una valutazione sulle modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo; 
• la non abitualità del comportamento dell’autore (che non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né aver commesso altri reati della stessa indole). 
Pertanto, in presenza di violazioni contabili reiterate negli anni e quindi di falsi in bilancio commessi per più esercizi, non sarà possibile invocare l’esimente in questione. In ogni caso, la causa di non punibilità per la “particolare tenuità del fatto” scatta dopo un effettivo accertamento della responsabilità a carico dell’indagato e non in modo automatico. 
Il falso in bilancio delle società quotate. L’art. 2622 c.c., come sostituito dall’art. 11, comma 1 della Legge 69/2015, disciplina le false comunicazioni sociali delle società quotate in borsa; detta ipotesi non costituisce più, pertanto, aggravante speciale del reato di false comunicazioni sociali a danno di società, soci o creditori, ma acquista una propria autonomia normativa. In realtà, la struttura del delitto è pressoché identica a quella del nuovo art. 2621 c.c., salvo che per l’oggetto materiale del reato (documenti di società quotate in mercati regolamentati italiani o comunitari) e per l’entità della reclusione prevista nella misura da 5 a 8 anni; non sono, in tal caso, previste attenuanti speciali di sorta.
Autore: Marco Brugnolo

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