Reverse charge, decisivo l’intervento principale

Le nuove ipotesi di reverse charge Iva, introdotte con la legge di stabilità 2015, a oltre sei mesi dalla loro entrata in vigore e, anche dopo, l’intervento interpretativo dell’agenzia delle Entrate (circolare 14/E/2015), danno non pochi problemi operativi ai contribuenti che, di volta in volta, devono identificare se l’operazione realizzata vada o meno sottoposta allo specifico meccanismo di fatturazione.
Proprio in ragione di questa difficile situazione che si è venuta a creare e dei numerosi dubbi che sono stati sollevati dagli operatori economici, Confindustria, con un articolato documento, ha cercato di mettere in fila le diverse problematiche, chiedendo alle Entrate di reintervenire sul tema per fornire ulteriori chiarimenti. Il pregio del documento confindustriale non è, però, solo quello di aver identificato le ipotesi più dubbie e discusse, ma l’aver tentato, alla luce dei principi Iva che dovrebbero ispirare sempre la lettura e l’applicazione del meccanismo del reverse charge, di fornire i criteri interpretativi da cui l’Agenzia potrebbe prendere spunto per portare ulteriore chiarezza sull’argomento. 
Una prima difficoltà operativa, nasce in tutte quelle situazioni in cui la prestazione di servizio realizzata riguardi solo in parte un edificio. Si ricorda che il legislatore ha scelto di limitare il reverse charge agli edifici, non ricomprendendo nella specifica nozione tutti gli immobili. Si pensi, ad esempio, agli interventi che sono effettuati su impianti di refrigerazione degli alimenti (celle frigorifere)contenuti in un edificio e che per funzionare sono stabilmente collegati al pavimento. In questo caso, non è chiaro se l’intervento riguardi solo il bene mobile ovvero se è necessario distinguere la parte di intervento collegata all’impianto da quello effettuato sull’edificio, creando così un’anomala separazione nella fatturazione in parte a reverse charge e in parte a regime ordinario. Confindustria in questa ipotesi richiama il principio dell’accessorietà e in questo modo cerca di risolvere il problema. Pertanto tutte le volte in cui l’intervento sull’edificio è accessorio a uno su un impianto la fatturazione non andrà a reverse charge. Al contrario quando l’intervento principale è relativo all’edificio, la presenza di una prestazione accessoria ad esso non relativa sarà attratta con un’unica fatturazione a reverse charge (ad esempio il rifacimento delle condutture idriche che interessa anche le linee poste esternamente all’edificio). Infine, quando le prestazioni sono tra loro autonome allora bisognerà separare la fatturazione. Si pensi all’imbianchino che dipinge i muri dell’edificio e le mura perimetrali del giardino. La fatturazione sarà a reverse charge per l’intervento sull’edificio e a regime ordinario per l’intervento sui muri del giardino. 
Ulteriori problemi riguardano gli interventi di manutenzione che, secondo Confindustria sono da escludere da reverse charge tutte le volte in cui l’intervento riguardi beni mobili a meno che non siano a servizio dell’edificio e connessi con l’edificio stesso (si pensi alla differenza esistente tra la manutenzione degli estintori e quella del sistema antincendio di un edificio). Anche la distinzione tra prestazione di servizio e cessione con posa in opera può diventare un problema di difficile soluzione. In questo caso Confindustria riparte dai principi di verificare la prevalenza della prestazione rispetto alla cessione, ma poi si interroga nel caso in cui la mera installazione di una caldaia possa in ragione dei lavori di installazione presentare un rapporto inverso, pur non comportando lavori di edilizia. Tra i temi affrontati c’è anche quello della cessione del pallet usato insieme al bene venduto. In questo caso Confindustria tende ad escludere l’applicazione del reverse charge. L’iniziativa di Confindustria apre a una tempestiva risposta da parte delle Entrate. 
Fonte: Il sole 24 ore Benedetto Santacroce

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