Anche i liquidatori devono rispettare la «par condicio creditorum»

Per l’orientamento prevalente, costituisce fonte di responsabilità il pagamento casuale dei creditori in assenza di attività sufficienti a soddisfare tutti
Anche al fine di escludere rischi risarcitori, occorre chiedersi quali siano i criteri che i liquidatori devono seguire nello svolgimento della attività di liquidazione.
In assenza di indicazioni normative, infatti, un risalente orientamento dei giudici di legittimità (cfr. Cass. n. 792/1970) ha sostenuto che la liquidazione ordinaria di società non avrebbe lo scopo di tutelare la “par condicio creditorum”, ma solo quello di definire i rapporti in corso, sottoponendo tutti i creditori, indistintamente, sia quelli chirografari che quelli privilegiati, al medesimo trattamento, e mettendoli in grado di essere pagati, entro i limiti delle concrete disponibilità patrimoniali, via via che si presentino ad esigere il quantum loro dovuto.
In pratica, il liquidatore sarebbe pienamente libero di provvedere ai pagamenti dovuti nell’ordine che intende adottare (“ad libitum”). A fronte di ciò, nessuna responsabilità sarebbe configurabile in capo al liquidatore che non segua specifici ordini di priorità o regole di par condicio, non sussistendo alcuna norma che estenda espressamente tali regole al di fuori delle procedure concorsuali.
Tale soluzione interpretativa è stata più recentemente ripresa dalla pronuncia del Tribunale di Udine del 26 febbraio 2010. Si è stabilito, innanzitutto, che il liquidatore della società è responsabile personalmente dei debiti sociali non soddisfatti quando il mancato pagamento di essi dipende da dolo o colpa, la cui sussistenza il creditore ha l’onere di dimostrare.
I principi relativi al soddisfacimento di creditori in sede di liquidazione ordinaria della società ed alla responsabilità personale dei liquidatori per i debiti della gestione sociale rimasti insoddisfatti non subiscono deroga relativamente ai crediti assistiti da privilegio generale sui mobili, con la conseguenza che non si può inferire una responsabilità del liquidatore neppure ove fosse provata la violazione delle cause di prelazione fissate dalla legge, ben potendo invece lo stesso aver fatto applicazione del principio “prior in tempore potior in iure” (primo nel tempo preferito nel diritto).
Ai fini della responsabilità del liquidatore, quindi, spetterebbe all’attore dimostrare che lo stesso ha omesso di provvedere al suo pagamento con dolo o colpa, non avendo seguito il principio “prior in tempore potior in iure”.
Secondo altra ricostruzione, invece, è necessario anche in fase di liquidazione volontaria il rispetto della “par condicio creditorum”. Tale impostazione – prospettata dalla pronuncia del Tribunale di Firenze del 7 settembre 1995 e ripresa da quella della Corte d’Appello di Napoli del 10 giugno 2009 e che “riecheggia” anche in talune decisioni della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 21834/2009 e n. 15442/2011) – si è andata progressivamente consolidando (cfr., tra le altre, Trib. Milano n. 9972/2014, Trib. Milano n. 16126/2013 e Trib. Genova n. 1125/2013).
In particolare, si ritiene possibile individuare nell’art. 2471 c.c. la norma che può essere impiegata per ricondurre l’obbligo del rispetto della “par condicio creditorum” anche alle procedure di liquidazione volontaria di società di capitali. Tale disposizione chiarisce che “i creditori hanno eguale diritto di soddisfarsi sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione”.
La norma, inserita all’interno delle disposizioni generali in tema di responsabilità patrimoniale alla stregua di principio generale, può essere considerata estendibile anche all’ambito delle procedure di liquidazione volontaria, sebbene non espressamente richiamata. “La necessità di rispettare l’eguale diritto dei creditori di soddisfarsi sui beni del debitore finisce allora, in questo modo, per connotare e riempire di contenuto l’obbligo di diligenza professionale nell’adempimento dell’incarico in capo al liquidatore, con la conseguenza che la sua violazione – operata attraverso l’omessa attivazione di procedure concorsuali e l’effettuazione di pagamenti preferenziali di alcuni creditori a scapito di altri in situazioni di conclamata e nota decozione aziendale – sarà fonte di responsabilità per il liquidatore nei confronti dei creditori danneggiati” (così Trib. Genova n. 1125/2013).
Il liquidatore deve munirsi di appropriati strumenti a inizio gestione
Ad inizio della gestione, quindi, il liquidatore deve munirsi di appropriati strumenti per disporre in tempo reale del preciso quadro di riferimento patrimoniale dell’azienda amministrata.
Il semplice disavanzo tra debiti e crediti non giustifica di per sé il ricorso a procedure concorsuali o forme “paraconcorsuali” di distribuzione dell’attivo liquidatorio, nella misura in cui il liquidatore abbia fondata ragione di ritenere possibile il pieno soddisfacimento del ceto creditorio attingendo ai proventi della liquidazione – approfittando anche della possibilità di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione di cui all’art. 2489 comma 1 c.c. – o per effetto di sicure fonti di approvvigionamento finanziario esterno.
Ove tali previsioni non siano possibili e, dunque, si versi in una situazione in cui mancano le risorse finanziarie per tacitare i creditori ovvero quando non ci siano sicure prospettive di monetizzazione dei cespiti aziendali o sicuri apporti esterni – versandosi praticamente nella situazione di insolvenza nota alla legge fallimentare – costituisce precisa fonte di responsabilità per il liquidatore aver proceduto ad una liquidazione casuale (“a casaccio”) dei propri creditori, senza tener conto della regola dell’art. 2741 c.c.
Fonte: Eutekne autore Maurizio MEOLI

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