INTERPELLO DISAPPLICATIVO

Clausola di salvaguardia per gli atti non elusivi
La categoria di interpello disapplicativo, già contemplata nel nostro ordinamento dal vigente articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973, viene ripreso al comma 2 del rinnovato articolo 11 dello Statuto del contribuente. Tale fattispecie è rimasta l’unica con carattere obbligatorio, ferma restando la possibilità per il contribuente, qualora non sia stata resa risposta favorevole, di fornire la richiesta dimostrazione anche nelle successive fasi dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa, come “tutela differita”.
A cosa serve 
Questa tipologia consente al contribuente di presentare istanza all’amministrazione finanziaria al fine di provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare, come se si trattasse di una sorta di clausola di salvaguardia. Il decreto colloca, in tale categoria, i regimi di disapplicazione di qualsiasi disposizione che per fini antielusivi limiti deduzioni, detrazioni, e crediti di imposta, come, per esempio, la disciplina del riporto delle perdite nelle ipotesi che comportano il mutamento della compagine sociale e la modifica dell’attività principale (articolo 84 del Tuir) e le disposizioni di cui all’articolo 109 del Tuir in materia di dividend washing, relativamente all’acquisto di partecipazioni in prossimità della data di stacco del dividendo e della successiva cessione dei titoli dopo l’incasso degli utili. Anche in questo caso, viene previsto l’obbligo di preventività, pena l’inammissibilità della domanda, e il termine ultimo per la presentazione delle istanze è il termine legale di presentazione della dichiarazione (Iva e imposte dirette) o, per i tributi non dichiarativi, con il momento di compimento della condotta oggetto dell’istanza stessa (imposte di registro o ipo-catastali). Per quanto riguarda i tempi di risposta dell’amministrazione, per gli interpelli di tipo disapplicativo il termine è salito a 120 giorni. 
Obbligatorietà sì o no 
Anche se agli interpelli disapplicativi è stato attribuito il carattere di obbligatorietà ma è stata prevista la possibilità per il contribuente di far valere comunque le proprie ragioni in sede di accertamento, e, se del caso, in sede contenziosa, essendo in tale ipotesi applicabile la sola sanzione in misura fissa, prevista ora dal nuovo comma 7-ter dell’articolo 11 del Dlgs 471/1997, da 2mila a 21mila euro, eventualmente raddoppiabile se la legittimità della disapplicazione venisse poi disconosciuta (da 4mila a 42mila euro). Sostanzialmente, come anche sollevato dalla circolare Assonime n. 25 del 3 agosto 2015, «anche per gli interpelli disapplicativi, appare possibile non presentare la relativa istanza e subire al più, quale conseguenza, il semplice raddoppio della medesima sanzione in misura fissa prevista per la mancata segnalazione in dichiarazione di una fattispecie per la quale l’interpello è facoltativo», disattendendo, di fatto, il requisito dell’obbligatorietà attribuito dal nuovo decreto in esame all’interpello di tipo disapplicativo. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Paola Bonsignore-Pierpaolo Ceroli

Commenti