Riscossione. Domanda entro il 21 novembre per le dilazioni decadute entro il 22 ottobre 2013

Un’altra chance per le rate scadute
Scade il 21 novembre il termine di presentazione della domanda di rimessione in termini da parte dei debitori decaduti non oltre il 22 ottobre 2013. 
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di ieri del Dlgs 159, diventa operativa la possibilità di presentare un’istanza di dilazione di precedenti rateazioni scadute, entro il termine improrogabile di 30 giorni dall'entrata in vigore della riforma della riscossione. La facoltà di rateizzare nuovamente il carico non pagato è limitata alle decadenze intervenute entro i 24 mesi precedenti il 22 ottobre 2015 (quindici giorni dalla pubblicazione del decreto). Questa ennesima dilazione straordinaria non può eccedere 72 mesi. Si decade inoltre con il mancato versamento di due rate, anche non consecutive. Dovrebbe tuttavia valere anche per queste dilazioni la regola, a regime, secondo cui in caso di decadenza il debitore può sempre rientrare nel piano iniziale, pagando l'importo delle rate scadute. 
Le norme sulle dilazioni di Equitalia, inoltre, trovano applicazione solo per le nuove rateazioni, concesse cioè dal 22 ottobre. Questo significa che, a partire da tale data, la decadenza interviene con il mancato pagamento di cinque rate, e non più di otto rate. Si tratta di un peggioramento che è bilanciato, per l'appunto, dalla facoltà senza limiti temporali della rimessione in termini. Ugualmente a partire dalle nuove dilazioni ha efficacia la disciplina riformata degli effetti della presentazione dell’istanza da parte del debitore. Si prevede, in particolare, che il blocco delle azioni esecutive in corso si ottenga solo con il pagamento della prima rata. È invece sufficiente l’accoglimento della domanda per inibire l’iscrizione di ipoteca e fermi amministrativi e impedire l’attivazione di nuove procedure coattive. 
Al contrario, si applica anche alle vecchie dilazioni la nuova disciplina sulla ripresa delle rateazioni inizialmente sospese. Si dispone in particolare che se viene sospeso in via giudiziale o amministrativa un debito rateizzato verso Equitalia, alla cessazione degli effetti della sospensione il debitore è riammesso alla dilazione, con la possibilità di pagare il debito residuo sino ad un massimo di 72 rate. Sono comunque dovuti gli interessi calcolati per il periodo di sospensione. 
L’efficacia delle modifiche in materia di dilazione di avvisi bonari è invece collegata ai controlli delle dichiarazioni annuali. Per i controlli di cui all’articolo 36 bis, Dpr 600/73, si parte dalle dichiarazioni 2014, mentre per i controlli formali, articolo 36 ter, Dpr 600/73, si inizia dalle dichiarazioni 2013. 
Relativamente alle dilazioni degli atti di accertamento, l’entrata in vigore opera a decorrere dalle definizioni perfezionate dal 22 ottobre prossimo. Le novità riguardano l’ampliamento del numero di rate e l’introduzione del lieve inadempimento che fa salva la dilazione in corso. Questo si realizza se il ritardo del pagamento della prima o unica rata non supera sette giorni e se l’omissione di versamento non supera il 3% della rata successiva alla prima e comunque 10mila euro. Sotto il profilo della durata della dilazione, quella minima degli avvisi bonari (per somme non superiori a 5mila euro) passa da 6 a 8 rate trimestrali mentre quella massima degli atti di accertamento (per somme maggiori di 50mila euro) passa da 12 a 16 rate trimestrali. In linea teorica, solo per le nuove rateazioni di avvisi bonari e accertamenti la sanzione prevista in caso di decadenza dalla dilazione si riduce dal 60% al 45%. Tuttavia, in virtù del principio del favor rei, di cui all’articolo 3, Dlgs 472/97, dovrebbe ritenersi che la misura attenuata trovi applicazione anche alle rateazioni precedenti. 
Alle domande di sospensione legale della riscossione presentate dal 22 ottobre 2015 si applicano le nuove e più rigorose regole previste dalla riforma. Il termine di presentazione è stato ridotto da 90 a 60 giorni dal ricevimento del primo atto della riscossione, a pena di decadenza. I motivi da addurre sono stati tipizzati. Si è inoltre stabilito che, in caso di silenzio per 220 giorni, il debito tributario non si estingue se si tratta di debiti sospesi o sub iudice. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Luigi Lovecchio

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