Assegnazione dei beni, prelievo variabile sui soci

La tassazione cambia in base alla natura del beneficiario
Il “conto” dell’assegnazione agevolata dei beni ai soci, prevista dalla legge di Stabilità 2016 (articolo 1, commi 115 e seguenti), emerge da quattro variabili. Due sono di natura prettamente tecnica e non presentano eccessivi ostacoli: il costo della sostitutiva in capo alla società e l’onere per l’imposizione indiretta sull’immobile assegnato per il socio. Il terzo aspetto è di natura “strategica”, in quanto ciò che il socio intende fare con il bene assegnato influisce sulla scelta tra i due valori possibili, normale o catastale (si veda l’articolo in pagina).
Ma la variabile più complessa riguarda la fiscalità del socio assegnatario. Il comma 118 afferma che «nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47» del Tuir. «Tuttavia, il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute».
La disposizione pare riprodurre – pur con le difficoltà legate a una differente stesura delle norme di riferimento – la stessa situazione commentata dall’Agenzia con la circolare 40/E/2002 (paragrafi 1.4.3 e seguenti). I ragionamenti e le esemplificazioni fornite in tale documento ruotano attorno a due concetti principali:
la società applica l’imposta sostitutiva su un ammontare dato dalla differenza tra il valore dell’immobile (normale o catastale) assunto come riferimento e il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato. Questo ammontare è fiscalmente neutrale per il socio, e ciò si ottiene attraverso l’incremento, per un pari importo, del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione;
l’eccedenza rispetto al valore (pari, sostanzialmente al costo fiscalmente riconosciuto del bene presso la società), se esiste, costituisce potenzialmente materia imponibile per il socio.
La “neutralizzazione” per il socio è disciplinata dal legislatore (nello stesso comma 118) solo con riferimento alla trasformazione, ma la circolare 40/E/2002 lo eleva a principio generale, valevole anche per l’assegnazione. Di conseguenza, se il costo fiscalmente riconosciuto dell’immobile presso la società è pari a zero – come nel caso del bene completamente ammortizzato – il socio non verserà nulla, poiché la plusvalenza, tassata in forma sostitutiva, azzera ogni possibile effetto reddituale sul socio.
Anche l’individuazione di una eccedenza rispetto al valore, comunque, non determina necessariamente una tassazione in capo al socio. Occorre, infatti, verificare quale voce di patrimonio netto è stata annullata per rendere possibile l’assegnazione. Quattro sono, in proposito, le alternative possibili:
riserve di utili non in sospensione d’imposta;
riserve di utili in sospensione d’imposta;
capitale o riserve di capitale;
un mix tra le voci precedenti.
Va precisato che la società è (fiscalmente) libera di scegliere quale posta patrimoniale considerare distribuita, in quanto la norma sterilizza la regola di priorità delle riserve di utili rispetto a quelle di capitale di cui all’articolo 47, comma 1, secondo periodo, Tuir.
Se l’eccedenza rispetto al valore è costituita da riserve di utili, il costo della partecipazione del socio resta inalterato, ma vi è tassazione alla stregua di dividendo. Ciò, naturalmente, se la società assegnante è una società di capitali, poiché per le società di persone l’utile distribuito ha già scontato l’imposizione per via del principio di trasparenza.
L’imposizione, per i soci di Srl e Spa, che presumiamo per semplicità essere residenti, varia a seconda della loro natura. Infatti occorre considerare che i soci possono essere:
persone fisiche non in regime d’impresa, nel qual caso il dividendo va assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 26% in caso di partecipazione non qualificata, ovvero, se qualificata, all’aliquota marginale Irpef (nel modello Unico) su una base imponibile pari al 40% o al 49,72% dell’utile distribuito (si ritiene che vada comunque seguita la priorità per gli utili ante 2008 di cui al Dm 2 aprile 2008);
persone fisiche in regime d’impresa o società di persone, ipotesi in cui, ai sensi dell’articolo 59 Tuir, il dividendo forma per il socio reddito d’impresa nella misura del 40% (o del 49,72%) di quanto percepito;
società di capitali, nel qual caso il dividendo costituisce sempre reddito d’impresa ma nella misura del 5% (articolo 89, comma 2, Tuir).
Fonte: il sole 24 ore autore Andrea Cioccarelli Giorgio Gavelli

Commenti