Il caso. Unico omesso

L’invio mancato si sana (quasi) senza limiti
L’omessa dichiarazione oltre i 90 giorni è sanzionata in misura fissa, se le imposte sono state regolarmente versate, anche se il pagamento è avvenuto tramite il ravvedimento operoso.
Il principio stabilito dalla circolare 54/E/2002 (paragrafo 17.1) si può applicare quando il contribuente omette di presentare la dichiarazione (anche nei 90 giorni) e con il ravvedimento provvede a rimediare al solo mancato versamento delle imposte risultanti dalla medesima. In tal caso «qualora l’imposta accertata sia stata completamente versata dal contribuente» la sanzione per l’omessa dichiarazione dei redditi/Irap è quella da 258 a 1.032 euro (o da 258 a 2.065 euro per l’Iva), poiché «per imposta dovuta si ritiene che debba intendersi la differenza tra l’imposta accertata e quella versata a qualsiasi titolo».
La circolare – così com’è scritta – sembrerebbe non ammettere dubbi, per cui l’avvenuto ravvedimento operoso delle imposte dovute consente di riportare la sanzione da omessa dichiarazione, generalmente condannata con una penalità che va dal 120% al 240% delle imposte dovute, a violazione da punire in misura fissa.
Rimedi ad ampio raggio 
Alla luce di tale chiarimento si può affermare che non tutto è perduto anche nell’ipotesi in cui il contribuente, con riferimento ad esempio a Unico 2015, non presenti la dichiarazione in tempo utile per usufruire dei benefici accordati in ipotesi di dichiarazione “tardiva” (quindi entro il prossimo 29 dicembre) omettendo anche il pagamento delle relative imposte. 
Prendiamo il caso in cui un soggetto il 15 febbraio 2016 si accorga di non aver presentato il modello Unico 2015 a cui era obbligato. In questa ipotesi il contribuente, avvalendosi della circolare 54/E/2002, potrebbe rimediare in questo modo:
procedendo con il ravvedimento operoso delle imposte dovute (pagando la sanzione del 30% ridotta a 1/8); 
e presentando il modello Unico 2015 che, anche se non più ravvedibile, sarebbe comunque sanzionabile solo in misura fissa (258 euro), peraltro poi definibile in acquiescenza con ulteriore riduzione a 1/3
In mancanza, il contribuente - trovandosi in presenza di imposte dovute - sarebbe irrimediabilmente esposto alla sanzione prevista dal 120 al 240% dell’imposta dovuta (legata all’omessa dichiarazione).
Nessun limite di tempo 
Un’ultima riflessione va posta sulla tempistica del ravvedimento. La circolare 54/E/2002 richiamando la lettera b) dell’articolo 13 del Dlgs 472/1997 non ammetteva la possibilità di andare oltre al termine fissato «per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione». Tuttavia, alla luce delle modifiche previste dalla legge 190/2014 che vanno nella direzione di ampliare l’operatività dell’istituto fino ad arrivare alla scadenza dei termini di accertamento, appare necessario adattare la locuzione al nuovo scenario di riferimento. Pertanto, è da ritenere che il ravvedimento possa spingersi anche oltre l’originario termine attributo dalle Entrate.
La sanzione richiamata dalla circolare in tema di omesso versamento è quella del 30% e questo sia che il ravvedimento avvenga nei 90 giorni, sia che questo si manifesti oltre tale lasso temporale.
Fonte: Il sole 24 ore

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