Il recesso può generare imponibile

Nell’operazione di assegnazione agevolata di immobili e altri beni ai soci disposta dalla legge di Stabilità 2016, occorre fare molta attenzione alla tassazione in capo al socio, alla luce del testo finale, la cui applicazione letterale rischia di portare fuori strada se non si fa ricorso alle chiavi interpretative che l’agenzia delle Entrate ha fornito in passato su provvedimenti legislativi analoghi. La disapplicazione di alcuni passaggi dell’articolo 47 del Tuir (i commi da 5 a 8) va assunta non in senso letterale, poiché in tal caso si arriverebbe, ad esempio, a detassare completamente le riserve attribuite al socio in caso di recesso.
Le disposizioni dell’articolo 47 del Tuir che non si applicano all’operazione di assegnazione agevolata sono, in primo luogo, quella del secondo periodo del comma 1, cioè la norma che stabilisce la presunzione assoluta di priorità di distribuzione di riserve di utili rispetto a quelle di capitale. Ciò significa che sul piano strettamente fiscale si potrebbero attribuire ai soci riserve di capitale (che, salvo qualche caso, non generano tassazione quale dividendo) al posto di riserve di utile, ma questa previsione va coordinata sul piano civilistico con le indicazione del documento Oic 28 secondo il quale nell’attribuzione di riserve ai soci occorre partire da quelle più disponibili che sono certamente quelle di utile rispetto a quelle di capitale.
In secondo luogo non si applica il comma 5 dell’articolo 47 del Tuir. Questa disposizione stabilisce che le riserve di capitale attribuite ai soci non generano imponibile in capo agli stessi, bensì riducono il costo della partecipazione. Applicando alla lettera questa norma si avrebbe che se si assegnasse l’immobile ai soci annullando riserve di capitale, il costo della partecipazione resterebbe inalterato, ma tale conclusione è esplicitamente smentita dall’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 118 della legge di Stabilità 2016, secondo cui il valore normale dei beni assegnati, al netto dei debiti, riduce il costo della partecipazione. Per coordinare queste due indicazioni apparentemente contrastanti è utile il passaggio interpretativo della circolare 40/2002 secondo cui prima il costo della partecipazione viene incrementato dell’imponibile su cui la società ha versato imposta sostitutiva e poi viene ridotto del valore normale dei beni assegnati. Quindi, ad esempio, se il valore normale è 200 e il valore fiscalmente riconosciuto è 130, la società versa sostitutiva su 70 e attribuisce riserve di capitale per 130. Il socio ha una partecipazione che vale fiscalmente 250, ebbene si avrà che il valore della partecipazione dopo l’assegnazione sarà 250 + 70 – 200 = 120.
In terzo luogo non si applica il comma 7 dell’articolo 47. Questa disposizione prevede che in caso di recesso, esclusione, riduzione del capitale, le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci costituisca utile per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Applicando alla lettera questa disposizione avremmo che se tramite l’assegnazione il socio recede dalla società, qualunque sia l’ammontare del valore normale del bene ricevuto, non si formerebbe dividendo tassabile in capo alla stesso socio. Anche questa disapplicazione va letta sulla base dei precedenti spunti interpretativi, secondo cui la differenza tra il valore normale dei beni assegnati e il prezzo di acquisto o di sottoscrizione delle azioni o quote annullate è sì irrilevante per il socio, ma solo fino a concorrenza dell’ammontare assoggettato a imposta sostitutiva dalla società. Pertanto, assegnando riserve di capitale al socio receduto si avrà la riduzione del costo della partecipazione che potrà generare imponibile solo se la stessa differenza è negativa. Riprendendo l’esempio di prima con costo della partecipazione pari a 100 si avrà che 100 + 70 – 200 = - 30 , quindi 30 è il reddito da capitale (dividendo) tassabile in capo al socio, con le regole ordinarie del dividendo.
Fonte: Il sole 24 ore autore Paolo Meneghetti - Gian Paolo Ranocchi

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