Rivalutazione beni d’impresa a caro prezzo

La legge di Stabilità 2016 introduce, nell’ambito delle misure con finalità agevolative, una nuova rivalutazione dei beni d’impresa, a soli due anni da quella regolata dalla legge di stabilità 2014.
La previsione, che però rischia di avere scarso interesse, potrà riguardare la rivalutazione nei bilanci 2015 dei beni di impresa posseduti e già risultanti dal bilancio 2014.
Si tratta di una rivalutazione che non potrà essere effettuata solo civilisticamente e che, quindi, si dovrà accompagnare al versamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap la cui misura appare troppo elevata; 16% per i beni ammortizzabili e 12% per quelli non ammortizzabili.
La scarsa appetibilità della norma deriva anche dalla previsione che consente il recupero fiscale della rivalutazione, per la deduzione degli ammortamenti, solo a partire dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita (2018) e dal quarto (2019) per la rilevanza in caso di realizzo (plusvalenze e minusvalenze).
Le imposte sostitutive dovute per la rivalutazione dei beni e per l’eventuale affrancamento del saldo attivo devono essere versate in unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita (Unico 2016). Gli importi da versare possono essere compensati con le regole ordinarie del Dlgs 241/1997.
La norma, a motivo del costo elevato e della analoga chance già offerta solo due anni fa, è destinata a non suscitare grande interesse; forse, è servita solo per stimare maggiori entrate erariali (almeno nel breve) a copertura di altre norme stimate in perdita.
La norma di rivalutazione va, inoltre, contestualizzata rispetto ad alcune ulteriori previsioni recata dalla stessa legge di stabilità. Infatti, anche la riduzione dell’aliquota dell’Ires, seppure a decorrere dal 2017, contribuisce a rendere meno appetibile una rivalutazione dei beni dell’impresa secondo le regole stabilite. Peraltro, si osservi che nessun beneficio potrà indirettamente arrecare alla rivalutazione la norma concernente il super-ammortamento sul 140% del costo di acquisizione dei beni, in quanto tale ultima misura riguarda gli investimenti effettuati a decorrere dal 15 ottobre 2015 mentre i beni rivalutabili devono risultare dal bilancio in corso al 31 dicembre 2014.
Va anche ricordato un recente orientamento della Cassazione (sentenza 21349/2015) in base al quale in caso di inosservanza dell’obbligo di rivalutare tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea, la rivalutazione perde efficacia per tutti i beni della categoria. Verrebbero, quindi, disconosciuti tutti gli effetti fiscali della rivalutazione con il conseguente recupero a tassazione degli ammortamenti intanto dedotti sui maggiori valori iscritti. Si tratta di un orientamento tanto più penalizzante quanto minore è il numero e il valore dei beni esclusi rispetto al totale della categoria omogena.
Ai fini civilistici, sia il documento interpretativo 3 dell’Oic relativo alla rivalutazione degli immobili delle imprese prevista dal Dl 185/2008 sia la circolare 23/2006 di Assonime hanno affermato che l’ammortamento civilistico dei maggiori valori attribuiti ai beni vada effettuato a partire dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è effettuata perché la stessa costituisce l’ultima rilevazione contabile dell’esercizio. Il primo bilancio interessato dalla rivalutazione sarà, quindi, quello relativo all’esercizio 2016.
L’effettuazione della rivalutazione può comportare, se ne viene stimata la recuperabilità, anche l’iscrizione delle imposte differite attive nei due esercizi che precedono il 2018, che saranno recuperate al termine dell’ammortamento civilistico.
Fonte: Il sole 24 ore autore  Luca Miele

Commenti