Tagliati gli interpelli obbligatori

Resta il vincolo per i «disapplicativi» - Il Fisco deve rispondere in 90 giorni agli «ordinari»
Dallo scorso 1° gennaio 2016 sono operative le nuove regole che disciplinano le diverse forme di interpello che il contribuente può formulare all’amministrazione finanziaria per conoscere in anticipo il regime da applicare a una operazione che vuole porre in essere ovvero per ottenere l’interpretazione di una norma tributaria. Con la pubblicazione del provvedimento direttoriale del 4 gennaio 2016, l’agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni operative sulle modalità di presentazione delle istanze di interpello, anche attraverso le caselle di posta elettronica certificata, nonché sugli uffici competenti a gestire l’istruttoria. Il medesimo provvedimento ha individuato inoltre le regole procedurali applicabili ai fini della regolarizzazione delle istanze carenti dei requisiti obbligatori ovvero di documentazione (si veda «Il Sole24 Ore» del 5 gennaio). 
Vediamo in rapida successione le principali regole da considerare per valutare se e quando presentare un interpello.
Forme di interpello 
Con il decreto legislativo n. 156 del 2015 è stata integralmente ridisegnata la mappa degli interpelli disciplinati dall’articolo 11 della legge n. 212/2000, limitando le ipotesi di interpello obbligatorio e introducendo specifici obblighi dichiarativi. Le nuove tipologie di interpello sono quelle classificate in ordinario, probatorio, antiabuso e disapplicativo. L’unica istanza che rimane obbligatoria è quella disapplicativa, per la quale, tuttavia, sono state limitate le ipotesi di attivazione. In particolare sono ricomprese in questa forma di interpello le regole sul riporto delle perdite (articolo 84, comma 9 e 172 comma 7 del Tuir) e sul trattamento delle minusvalenze (articolo 109, comma 3 bis e 3 ter del Tuir). Rientrano invece ora nell’ambito degli interpelli probatori alcune istanze che prima erano di tipo disapplicativo quali, ad esempio, gli interpelli sulle società di comodo ovvero per l’applicazione dell’Ace (aiuto alla crescita economica). Sono invece diventati ora di tipo ordinario tutti gli interpelli relativi alla qualificazione delle spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza. Sino al 31 dicembre 2017, le istanze anti-abuso dovranno essere indirizzate alla Direzione centrale normativa dell’Agenzia mentre le istanze di tipo e contenuto diverso andranno inviate alle Direzioni regionali competenti, salvo la possibilità per queste di inoltrare il quesito alla Direzione centrale nei casi di maggiore complessità ed incertezza.
Tempistica di risposta 
Gli interpelli ordinari, dal 1° gennaio, prevedono una tempistica di risposta ridotta da 120 giorni a 90 giorni. Per le altre forme di interpello resta invece fermo il termine di 120 giorni. 
Molto importante è la previsione del termine di 60 per l’integrazione della documentazione. Infatti, se l’amministrazione ritiene di non essere in grado di rispondere in base alla documentazione di cui dispone, essa deve richiedere al contribuente di integrarla. La richiesta può essere formulata una sola volta e, dal momento in cui il contribuente abbia fornito la documentazione mancante, il fisco deve rispondere entro 60 giorni. Il contribuente ha un anno di tempo entro cui integrare i documenti mancanti: decorso tale periodo, l’istanza di interpello si intenderà rinunciata. 
Cause di inammissibilità e improcedibilità 
Il nuovo articolo 11 dello Statuto del contribuente disciplina le cause che determinano il rifiuto da parte del fisco delle istanze di interpello ovvero le ipotesi in cui il contribuente può regolarizzare istanze non correttamente presentate. Tra le prime rientra l’ipotesi di un’istanza non preventiva. Un’istanza non è preventiva quando l’interpello ha a oggetto un comportamento già posto in essere dal contribuente ovvero il cui correlato adempimento è già scaduto. Si pensi alla presentazione di un interpello probatorio per una società di comodo. L’istanza deve essere presentata prima della dichiarazione relativa al periodo d’imposta per cui si richiede il parere del fisco. 
Rientrano, invece tra le cause di improcedibilità la presentazione dell’istanza senza sottoscrizione del contribuente. In questo caso l’amministrazione chiederà al contribuente, entro trenta giorni dal suo ricevimento, di regolarizzare l’istanza entro ulteriori trenta giorni decorsi inutilmente i quali l’istanza diventerà inammissibile.
Fonte: il sole 24 ore autore Alessandro Mastromatteo - Benedetto Santacroce

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