L’obbligazione della società si trasferisce ai soci

La cancellazione dal registro delle imprese, intervenuta dopo la costituzione in giudizio della società, non interrompe il giudizio di Cassazione – dominato dall'impulso di ufficio - e l'estinzione della società determina il trasferimento dell'obbligazione in capo ai soci, che ne rispondono nei limiti di quanto percepito dalla liquidazione, ovvero in misura illimitata, a seconda della loro qualifica all'epoca in cui la società esisteva.
Lo afferma la sentenza 959/2016 della Cassazione , respingendo la memoria difensiva di un contribuente, prodotta nel corso di un giudizio inerente il ricorso dell'agenzia delle Entrate avverso una sentenza della Ctr Veneto, che aveva confermato la precedente pronuncia della Ctp Rovigo, favorevole al contribuente.
Secondo la Suprema corte «il fenomeno successorio – sia pure connotato da caratteristiche sui generis, connesse al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali nelle differenti tipologie di società – rende applicabile, quando la cancellazione e la conseguente estinzione della società abbiano luogo in pendenza di una causa in cui la società stessa sia parte, l'articolo 110 del Codice di procedura civile che contempla non solo la “morte” (come tale riferibile unicamente alle persone fisiche), ma altresì qualsiasi “altra causa” per la quale la parte venga meno, e dunque risulta idonea a ricomprendere anche l'ipotesi dell'estinzione dell'ente collettivo (6071/2013). Il che esclude che la decisione di legittimità, pur emessa nei confronti della società estinta, possa dirsi inutiliter data rispetto ai futuri sviluppi processuali».
La vicenda nasce da una verifica nei confronti del contribuente, a seguito della quale il fisco aveva disatteso la rilevanza contabile alla registrazione “cassa a finanziamento soci”, ritenendo invece che si trattava di ricavi non dichiarati, e non di mero aggiustamento contabile postumo, per pagamenti a fornitori effettuati in annualità (2001 e 2002) coperte da condono. Secondo la Cassazione i giudici del merito non hanno fornito le necessarie motivazioni per le quali il processo cognitivo «è passato dalla situazione iniziale d'ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio», avendo altresì trascurato «elementi logici e circostanziali decisivi», oltre a non avere effettuato una concreta disamina degli elementi di prova.
I pagamenti a fornitori per acquisti - osservano i giudici di legittimità - successivi alla data della registrazione contabile, impossibili senza l'uso del conto “cassa”, stanno a dimostrazione della sua “palese falsità”, così smentendo la tesi del contribuente, in accoglimento del ricorso delle Entrate.
Fonte: il sole 24 ore autore Emilio de Santis

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