Procedure concorsuali, note Iva a doppio binario

Recupero «anticipato» solo per gli iter avviati dal 2017
Le nuove regole sulle rettifiche impongono ai professionisti di esaminare il tipo di procedura concorsuale in cui si trova il debitore. La situazione è quella del mancato pagamento (totale o parziale) da parte del cessionario o committente. In questo caso, per la rettifica delle operazioni fatturate diventa fondamentale - sia per gli effetti, sia per la decorrenza delle novità - la distinzione tra tre diverse tipologie di procedure: 
quelle concorsuali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi); 
quelle paraconcorsuali (accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis della legge fallimentare e piano attestato ai sensi dell’articolo 67 della stessa legge); 
quelle esecutive individuali. 
Vediamo le differenze come emergono dal nuovo testo dell’articolo 26 del decreto Iva.
La novità più rilevante riguarda le procedure concorsuali tradizionali, disciplinate alla lettera a) del comma 4. Qui l’atto iniziale della procedura costituisce il momento a partire dal quale si ha diritto a effettuare la rettifica, tramite emissione di nota di accredito per l’importo non incassato. Si tratta - secondo il successivo comma 11 - della sentenza dichiarativa per il fallimento, del decreto di ammissione per il concordato preventivo e così via.
L’Agenzia dovrà chiarire se, ai fini della rettifica, resta l’onere dell’insinuazione (risoluzione 195/E/2008) oppure se, come auspichiamo, si possa prescindere da essa.
Ricordiamo che in queste ipotesi non opera il limite annuale decorrente dall’effettuazione dell’operazione imponibile (comma 3), e la detrazione può essere esercitata al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui si verifica il presupposto per la variazione in diminuzione (risoluzione 89/E/2002 e circolare 31/E/2014). 
Questa sostanziale modifica allinea temporalmente la rilevazione del recupero Iva a quella della perdita del credito corrispondente al ricavo divenuto imponibile nelle imposte dirette al momento della cessione o prestazione. Perdita che, a questo punto, comprenderà l’imponibile ma non più l’imposta, che viene recuperata istantaneamente. 
La novità, tuttavia, non ha decorrenza immediata
Essa, infatti, come tutte le altre novità riguardanti questa tipologia di procedure, a norma del comma 127 dell’articolo 1 della legge 208/2015 si applica alle procedure che hanno inizio dal 1° gennaio 2017 in poi, ovviamente anche per le cessioni/prestazioni poste in essere prima di tale data
Per tutte le procedure già oggi dichiarate e per tutte quelle che lo saranno sino al 31 dicembre prossimo, pertanto, si applica la “vecchia disciplina”, che, nell’interpretazione costante dell’Agenzia (circolare 77/E/2000) implicitamente avallata dalla Cassazione (sentenza 27136/2011), rende possibile la rettifica solo quando la procedura si è rivelata infruttuosa («per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo») e, quindi, sostanzialmente al termine della medesima
Per molti anni, pertanto, le imprese dovranno seguire un doppio binario in merito al recupero dell’Iva versata (ma non incassata) a fronte di fatture emesse a clienti incappati in una procedura concorsuale. Ai fini di tale discriminazione non rileva né il momento di emissione della fattura né quello in cui è intervenuto il mancato pagamento ma solo la data di avvio della procedura. 
Questa tipologia di procedure si caratterizza anche per un altro elemento. Di solito, infatti, se il cedente/prestatore esercita la facoltà di rettificare l’operazione, il cessionario/committente ha l’obbligo di rettificarla a sua volta (a debito). Questo però non accadrà per le procedure concorsuali “tradizionali”, per effetto dell’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 26 (già in vigore).
La procedura, pertanto, come confermato dall’Agenzia nel corso di Telefisco, non deve farsi carico dell’Iva veicolata dalla nota di accredito che sarà emessa dal cedente/prestatore. In questo aspetto il nuovo testo non si discosta dalla prassi precedente, la quale prevedeva (risoluzioni 155/2001 e 161/2001) che il credito erariale conseguente alla nota d’accredito emessa non fosse incluso nel riparto finale (oramai definitivo), ma rappresentasse un credito esigibile nei confronti del fallito tornato in bonis. 
Tuttavia, siccome per le procedure dichiarate dal 2017 le note di accredito verranno emesse in corso (e non più al termine) della procedura, la previsione del legislatore appare quanto mai opportuna.
Fonte: Il sole 24 ore autore Giorgio Gavelli Gian Paolo Tosoni

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