Reverse charge, sanzioni a tre corsie

Il Dlgs 158/2015 ha modificato l'apparato sanzionatorio previsto dall'articolo 6, comma 9-bis, del Dlgs 471/1997 in materia di reverse charge, introducendo, oltre a una sanzione in misura fissa nel caso di mancato assolvimento dell'imposta con reverse da parte del cessionario/committente che non presenti problemi di detraibilità, una specifica disciplina sanzionatoria nei casi in cui le parti assoggettino erroneamente l'operazione al regime ordinario di applicazione dell'Iva invece che al reverse o viceversa, attenuando il carico sanzionatorio previsto e modificando la disciplina previgente.
Prima delle modifiche in vigore dal 1° gennaio 2016, nell'articolo 6, comma 9-bis del Dlgs 471/1997 era previsto che nei casi in cui l'imposta fosse stata assolta ancorché irregolarmente dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione, risultava applicabile una sanzione del 3% dell'imposta irregolarmente assolta al cui pagamento erano tenuti solidalmente entrambi i soggetti obbligati all'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile. Tale disciplina, sin dalla sua introduzione ad opera dell'articolo 1, comma 155, della legge 244/2007, aveva presentato diverse incertezze interpretative con particolare riferimento all'applicabilità della sanzione del 3% a tutti i casi di errata qualificazione dell'operazione e a tutte le tipologie di reverse charge: «interno» ed «esterno» (sul punto si rinvia alle risoluzioni 56/E del 2009 e 140/E del 2010 dell'agenzia delle Entrate).
La nuova disciplina del Dlgs 158/2015, abroga la sanzione previgente del 3% e introduce tre diverse fattispecie sanzionatorie – contenute nei nuovi commi 9-bis.1, 9-bis.2 e 9-bis.3 dell'articolo 6 del Dlgs 471/1997 – a «copertura» di tutti i possibili errori nella qualificazione dell'operazione commessi dal cedente/prestatore o cessionario/committente.
■La prima fattispecie sanzionatoria introdotta è quella contenuta nel comma 9-bis.1, ove si prevede che nel caso in cui un'operazione per il quale ricorrono le condizioni per l'applicazione del reverse charge sia stata assoggettata erroneamente ad imposta nei modi ordinari da parte del cedente o prestatore, il cessionario committente potrà portare in detrazione l'imposta addebitata e non sarà tenuto all'assolvimento dell'imposta, ma al pagamento di una sanzione compresa fra 250 euro e 10mila euro (sanzione che viene elevata nel caso in cui sia provato l'intento di evasione o di frode da parte del cessionario/ committente) e per il quale è responsabile in solido anche il cedente/prestatore. Un esempio di applicazione di tale disciplina si potrebbe verificare nel caso in cui per una prestazione di pulizia rientrante nell'articolo 17, sesto comma, lettera a-ter) del Dpr 633/1972 il prestatore emetta erroneamente fattura con Iva e il committente detragga la relativa imposta nei termini ordinari. Nello stesso senso, a superamento dei dubbi emersi con la previgente disciplina, la fattispecie sanzionatoria, per effetto del rimando operato dal comma 9-bis.1 alle operazioni del comma 9-bis e quindi a tutte le tipologie di reverse charge (articoli 17, 34, comma 6 secondo periodo, 74, comma 7 e 8, del Dpr 633/1972 e articoli 46 e 47 del Dl 331/1993) si dovrebbe applicare anche nel caso in cui una prestazione di servizi «business to business» territorialmente rilevante in Italia, venga assolta erroneamente dal prestatore estero invece che dal committente italiano in reverse charge.
■La seconda fattispecie sanzionatoria è quella contenuta nel comma 9-bis.2 e tratta il caso speculare a quello indicato nel comma 9-bis.1 che si verifica quando il cessionario committente applichi il reverse charge su di una operazione per il quale l'imposta dovrebbe essere invece assolta nei termini ordinari. Anche in tal caso, come in quello precedente, è prevista una sanzione in misura fissa con le stesse modalità previste al 9-bis.1 ed è concessa la detrazione dell'imposta erroneamente assolta da parte del cessionario/committente.
■Nel comma 9-bis.3 è infine prevista la possibilità a favore del cessionario/committente che abbia erroneamente applicato il reverse charge per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette all'imposta per il quale non si rende applicabile l'inversione (sul tema si veda anche lacircolare 37/E/2015, punto 16 ) di eliminare in sede di accertamento sia il debito che il credito operato nelle liquidazioni dell'imposta. Un esempio di applicazione di tale disciplina si potrebbe verificare nel caso di un servizio territorialmente rilevante all'estero ed assoggettato erroneamente ad imposta in Italia con il reverse charge «esterno» dal committente italiano. La stessa disposizione prevede inoltre l'applicazione di una sanzione dal 5 al 10% dell'imponibile nel caso di operazione inesistente e deve essere letta in combinazione con il nuovo articolo 21, comma 7 del Dpr 633/1972 come modificato dall'articolo 31 del Dlgs 158/2015.
Fonte: Il sole 24 ore autore Pasquale Murgo

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