Variazioni Iva: circolare di Assonime sul recupero dell’imposta addebitata ai clienti

Assonime, con la circolare n. 5 del 10 febbraio 2106 in materia d’imposta sul valore aggiunto, esamina la misura introdotta dalla Legge di stabilità 2016, con la quale il Legislatore inserisce alcune misure importanti per le imprese che risolvono pressanti problemi da tempo segnalati anche da parte nostra.
Tra tali misure, particolare rilievo assumono quelle concernenti il recupero dell’IVA nei casi di mancato pagamento dei corrispettivi e dell’imposta addebitata ai clienti; imposta che il fornitore anticipa all’erario senza poter concretamente esercitare la rivalsa.
In particolare, i temi affrontati dalle nuove disposizioni sono tre. Il più importante è quello del recupero dell’imposta nei casi in cui il debitore sia stato assoggettato a procedure concorsuali: le nuove norme anticipano alla data dell’inizio della procedura il momento in cui il creditore ha la possibilità di procedere al recupero dell’imposta, senza necessità di attenderne l’esito, come invece era fino ad oggi sancito. Il secondo tema è quello dell’identificazione del momento in cui le procedure esecutive a carattere individuale – per le quali il recupero dell’IVA resta subordinato all’esito negativo della procedura – si possono considerare infruttuose; riguardo a tale questione sono state date indicazioni precise e semplificatorie circa la prova dell’infruttuosità della procedura. Il terzo tema, pure fortemente sentito per molte categorie di imprese, è quello della possibilità di procedere al recupero dell’imposta nei casi di risoluzione giudiziale o di diritto, in presenza di contratti a prestazioni continuative o periodiche, senza necessità di iniziare una procedura esecutiva. Su questi punti, la presente circolare analizza le questioni applicative di maggior interesse e le implicazioni che derivano dalla nuova disciplina.
Dunque, la legge di stabilità 2016, che ha riscritto l’art. 26 del D.P.R. n. 633/72, apportando importanti novità in relazione alle variazioni dell’imponibile o dell’imposta:
    a) ha individuato in maniera analitica i casi in cui si può emettere la nota di variazione per mancato pagamento, per le seguenti cause:
– fallimento;
– liquidazione coatta amministrativa;
– concordato preventivo;
– amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;
– ristrutturazione debiti ex art. 182-bis , legge fallimentare;
– piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3 , lett. d), legge fallimentare;
    b) ha individuato la data dalla quale il creditore può emettere la nota di variazione.
Da notare che le novità del punto a) si applicano alle procedure concorsuali successive al 31 dicembre 2016.
Nota di variazione in aumento o in diminuzione
Secondo le regole generali, la nota di variazione:
– deve essere emessa quando, dopo l’emissione della fattura o la registrazione dei corrispettivi, l’imponibile o l’imposta aumenta per qualsivoglia ragione;
– può essere emessa, per portare in detrazione l’IVA, ex art. 19 , D.P.R. n. 633/1972, se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione, viene meno in tutto o in parte o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione rescissione e simili.
L’emissione della nota di variazione in diminuzione non può essere emessa dopo che sia decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione qualora gli eventi indicati si verifichino a seguito di sopravvenuti accordi tra le parti.
Quindi, mentre la nota di variazione in aumento è obbligatoria, la nota di variazione in diminuzione è facoltativa ed è necessaria per portare in detrazione la relativa imposta.
Nota di variazione in caso di mancato pagamento
L’art. 26, comma 4 , D.P.R. n. 633/1972, riscritto dall’art. 1, comma 126 , della legge, prevede che la nota di variazione in diminuzione possa essere emessa anche in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, dal cessionario o dal committente, quando il medesimo:
– è assoggettato a una procedura concorsuale;
– ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti a mente dell’articolo 182-bis , legge fallimentare;
– ha pubblicato nel registro delle imprese un piano di risanamento ex articolo 67, terzo comma , lett. d), legge fallimentare;
oppure a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.
L’emissione della nota di variazione negativa, che non soggiace alla regola temporale annuale dall’effettuazione dell’operazione, non è legittimata da un mancato pagamento generico ma da un mancato pagamento qualificato ed esattamente individuato dal Legislatore.
I mancati pagamenti qualificati sono:
– le procedure concorsuali: fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;
– la ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis , legge fallimentare;
– il piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3 , lett. d), legge fallimentare;
– le procedure individuali rimaste infruttuose.
Momento dal quale il creditore può emettere la nota di variazione
Una delle problematiche più controverse prima della riformulazione dell’art. 26 è stata sicuramente quella dell’individuazione del momento dal quale il creditore insoddisfatto era legittimato a emettere il predetto documento, necessario e indispensabile, per esercitare il diritto a detrarre l’imposta di rivalsa addebitata, quindi entrata nella liquidazione di periodo, ma non incassata.
In relazione alla procedura di fallimento, se da una parte alcuna qualificata dottrina sosteneva che il momento decorresse dalla data di fallimento, dall’altra si affermava che si dovesse attendere l’approvazione del piano di riparto momento nel quale si ha la certezza del mancato pagamento.
Tale incertezza viene spazzata via dall’espressione letterale della norma che al comma quattro prevede che la facoltà “a) a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma , lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; b) a causa di procedure esecutive rimaste infruttuose.”
Il Legislatore non solo ha indicato il momento dal quale scatta il diritto all’emissione della nota di variazione ma ha anche provveduto, per le procedure concorsuali, ad individuarlo direttamente.
Il debitore viene inteso sottoposto a procedura concorsuale:
– dalla sentenza che dichiara il fallimento;
– dal provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
– dal decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
– dal decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Per quanto riguarda le procedure esecutive individuali la nota di variazione IVA può essere emessa soltanto quando la procedura è rimasta infruttuosa.
Una procedura è comunque infruttuosa:
– quando dal verbale di pignoramento presso terzi, redatto dall’ufficiale giudiziario, risulta che non vi sono beni o crediti da pignorare;
– quando dal verbale redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da sottoporre a pignoramento, ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
– quando l’asta per la vendita dei beni pignorati sia andata deserta per tre volte e si decide d’interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
Per espressa previsione dell’art. 26, comma 5, riformulato nel caso in cui il cedente o prestatore si avvalga della facoltà di emettere la nota di variazione per mancato pagamento a carico del soggetto di cui al quarto comma, lettera a), il curatore non deve procedere alla registrazione del documento ricevuto.
La riscossione totale o parziale successivamente all’emissione della nota di variazione per mancato pagamento da parte del cessionario/committente
La norma prevede anche tale ipotesi disponendo che in tal caso scatta l’obbligo della emissione della nota di variazione di cui al primo comma dell’art. 26. L’obbligo dell’emissione della nota di variazione, scatta tutte le volte che successivamente all’emissione e registrazione di una fattura varia l’imponibile o l’imposta.
Decorrenza delle novità
Per espressa previsione normativa:
– le disposizioni dell’art. 26, comma 4 , lett. a) e comma 5 , D.P.R. n. 633/1972 D.P.R. n. 633/1972 si applicano nel caso in cui il committente o cessionario sia assoggettato a una procedure concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016;
– le altre disposizioni in quanto volte a chiarire l’applicazione e quindi di carattere interpretativo, si applicano anche alle operazioni effettuate anteriormente al 31 dicembre 2016.
Fonte: commercialista telematico

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