Durata degli ammortamenti già «costretta» al doppio binario

Modifiche al Codice civile già attuate ma senza effetti fiscali apprezzabili e altre ancora in programma ma di grande rilevanza per le imprese.
Vediamo perché. Alcuni degli interventi operati dal Dlgs 139/2015 (di recepimento della Direttiva Ue n. 34/13) alla disciplina codicistica del bilancio non paiono, per il momento, avere significative conseguenze nel calcolo del reddito imponibile, perché il Tuir, derogando al generale principio di derivazione (articolo 83), prevede in proposito un comportamento non collegato all’iscrizione contabile. 
Non ha impatto fiscale l’eliminazione dell’opportunità concessa dall’articolo 2426, comma 1, n. 12), del Codice, vale a dire l’iscrizione nell’attivo patrimoniale a valore costante per attrezzature, materie prime, sussidiarie e di consumo, qualora costantemente rinnovate, complessivamente di scarsa importanza e in assenza di variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione. Questa facoltà non era ammessa a livello fiscale, in quanto in contrasto con l’articolo 92 Tuir (circolare 73/1994, par. 3.27).
Analogamente, nessuna modifica al reddito imponibile né al valore della produzione ai fini Irap dovrebbe comportare l’intervento riguardante il periodo massimo decennale di ammortamento dell’avviamento, nei casi - peraltro «eccezionali» - in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile e con facoltà di deroga per le voci già iscritte. Infatti, l’ammortamento ai fini delle imposte dirette (articolo 103, comma 3, Tuir) e dell’Irap (articolo 5, comma 3, Dlgs 446/97) è impostato da anni su una durata minima ben più ampia (18 anni), assai lontana dalla realtà (e difficilmente giustificabile se non per mere ragioni di gettito). 
Sempre in ambito fiscale, di non semplice valutazione sono gli effetti della rilevazione delle azioni proprie non più nell’attivo ma come voce negativa del patrimonio netto. Comunque, la compressione di quest’ultimo (che inevitabilmente ne deriva) limiterà l’Ace, poiché l’incremento patrimoniale che viene “premiato” dal rendimento nozionale (4,75% nel 2016) non può eccedere il patrimonio netto di fine esercizio.
Il Dlgs 139/2015 non ha modificato la disciplina codicistica del contratto di locazione finanziaria, mantenendo il previgente «metodo patrimoniale», in base al quale il locatario non iscrive nel proprio stato patrimoniale le immobilizzazioni acquisite (né l’impegno finanziario), ma fa confluire a conto economico i canoni corrisposti come costi di periodo, con ampia informativa richiesta in nota integrativa (appendice D, principio Oic 12). 
Il mancato intervento è dovuto (come emerge dalla Relazione) all’atteso aggiornamento dei principi internazionali, ora giunto a destinazione con l’approvazione da parte dello Iasb, l’International Accounting Standard Board, del nuovo principio in materia di leasing (Ifrs 16), che si applica agli esercizi che iniziano a partire dal 1° gennaio 2019. Si dovrà, quindi, transitare al metodo finanziario, scelta che ha significativi impatti tributari e che qualche società ha anticipato, con varie perplessità sia di ordine civilistico che fiscale (Cassazione penale n. 42444/2015, Ct II° grado Trento n. 1/2014 e 86/2013, Ctp Reggio Emilia n. 231/2012 e Ctp Modena n. 5/2011).
Fonte: Il sole 24 ore

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