La tassazione piena dei soci penalizza le assegnazioni

La tassazione piena in capo ai soci rischia di mandare in tilt le assegnazioni agevolate dei beni. 
Se dovesse essere confermato un cambio di rotta del Fisco rispetto alle precedenti istruzioni, in base al mutato regime impositivo dei dividendi delle società di capitali, molte operazioni potrebbero diventare talmente onerose da indurre i contribuenti a mantenere i beni in società, sfruttando eventualmente la nuova modalità di “auto-disapplicazione” delle società di comodo.
Gli aspetti più problematici delle assegnazioni disciplinate dalla legge di Stabilità 2016 riguardano la tassazione dei valori in capo ai soci. Pur in presenza di regole analoghe a quelle di precedenti agevolazioni, il quadro normativo sulla fiscalità degli utili distribuiti dalle società di capitali è, nel frattempo, profondamente mutato, col passaggio dalla tassazione piena con credito di imposta alla tassazione parziale. 
Questo diverso ambito generale potrebbe indurre l’agenzia delle Entrate (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) a rivedere le precedenti istruzioni, prevedendo che, anche in presenza di assegnazione agevolata, il regime impositivo per il socio resta quello ordinario. Socio che, dunque, non potrebbe più sottrarre dalla propria base imponibile (reddito di capitale), l’importo già assoggettato a imposta sostitutiva dalla società. 
Questo possibile cambio di rotta non pare del tutto giustificato in base alle modifiche normative intervenute, soprattutto se pensiamo ai soci persone fisiche. Per questi ultimi, l’eliminazione del regime del credito di imposta (ritenuto troppo farraginoso) ha semplicemente cambiato le modalità di calcolo delle imposte sui dividendi, con una tassazione complessiva (socio+società) sostanzialmente stabile. 
L’imponibilità parziale introdotta nel 2004 (Irpef sul 40% del dividendo, poi 49,72%), sommata all’Ires della società, dovrebbe infatti approssimare l’Irpef progressiva sul 100% dell’utile (come avveniva in passato tra società e socio). 
Per questo motivo, con la modifica di aliquota Ires, il legislatore ha provveduto (e così sarà quando l’imposta scenderà al 24%) ad aumentare la quota imponibile dei dividendi percepiti da persone fisiche, mantenendo costante il tax rate complessivo. 
Se, dunque, il regime agevolato delle assegnazioni giustificava allora la previsione di uno sconto per il socio pari all’importo assoggettato dalla società, la stessa motivazione “sostanziale” ben potrebbe essere adottata oggi, visto che la tassazione globale in presenza di soci persone fisiche (situazione più diffusa nel caso di società interessate dalla agevolazione), a parte le diverse modalità, è più o meno immutata, se non addirittura più elevata (partecipazioni che scontano la ritenuta del 26 per cento).
La stretta sulla fiscalità del socio, a prescindere dalle motivazioni, rischia di rendere poco appetibili le assegnazioni da parte delle società di capitali. Oltre all’imposta sostitutiva della società, i soci si troverebbero infatti a versare Irpef sul valore dei beni assegnati come nel caso di una ordinaria distribuzione di utili in natura (o con le regole della riduzione del costo della partecipazione, e relativo sottozero, in caso di rimborso di riserve di capitale). 
Con questo aggravio impositivo, diversi contribuenti sarebbero indotti a mantenere i beni in società, cercando di contrastare le penalizzazioni delle società di comodo con la nuova facoltà di disapplicazione senza interpello in vigore dal modello Unico 2016 e dunque attendendo le eventuali verifiche del Fisco. Il che, evidentemente, non realizzerebbe le finalità della norma (sfoltire le società “schermo”). 
Per attenuare l’impatto di questa (eventuale) modifica interpretativa, sarebbe comunque necessario che venisse esplicitato dalla futura circolare dell’agenzia delle Entrate che, anche per la tassazione del socio, il valore normale dell’immobile può essere sostituito da quello catastale laddove la società si sia avvalsa di questa opzione nel determinare la plusvalenza.
Luca Gaiani

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