Non operative, interpello a tre vie

Aumentano le strade per evitare l’Ires maggiorata al 38% per le società di comodo
Interpello positivo, negativo senza adeguamento oppure mancato adeguamento senza presentazione dell’istanza: rispetto all’anno passato, le soluzioni a disposizione delle società non operative per evitare di adeguarsi alle “forche caudine” del reddito presunto (che per i soggetti Ires è imponibile all’aliquota maggiorata del 38%) crescono di numero, per effetto di quanto previsto dal Dlgs 156/2015 come recepito dalle istruzioni di Unico 2016 e chiarito dall’agenzia delle Entrate con la circolare 9/E/2016. Tuttavia, una dimenticanza nella compilazione della parte iniziale del prospetto sulla verifica di operatività (rigo RS116) può comportare una sanzione da 2mila a 21mila euro. Vediamo i vari passaggi.
L’istituto dell’interpello è stato radicalmente ridisegnato dal decreto sul contenzioso (Dl 156/2015) ed è ora disciplinato dal nuovo testo dell’articolo 11 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000). Per effetto della modifica dell’articolo 30, comma 4-bis della legge 724/1994, le società «di comodo» possono chiedere la disapplicazione della penalizzante disciplina loro riservata attraverso l’interpello “probatorio”. Rispetto all’anno passato, pur non cambiando i contenuti dell’istanza, i mutamenti sono di tutto rilievo. Infatti:
a) la procedura è ora dettata dal provvedimento del 4 gennaio 2016;
b) l’istanza va presentata (salvo deroghe espressamente previste) direttamente alla direzione regionale competente, che risponde entro 120 giorni (non più entro 90), altrimenti scatta il silenzio-assenso;
c)il termine coincide con quello ordinario di presentazione della dichiarazione (normalmente: 30 settembre), senza che, a tali fini, assumano valenza i 120 giorni concessi all’amministrazione per rendere la propria risposta (articolo 2, comma 2 del Dlgs 156/2015); 
d) la risposta non è impugnabile in giudizio.
Pertanto le società non operative – sia coloro che sono tali a causa del mancato raggiungimento dei ricavi minimi previsti dall’articolo 30 della legge 724/1994, sia coloro che lo divengono a causa delle «perdite sistematiche» indicate dall’articolo 2, comma 36-decies del Dl 138/2011 – hanno le seguenti possibilità di evitare le complicazioni e gli oneri legati alla non operatività. In primo luogo devono esaminare se sussistono, nel periodo d’imposta oggetto di dichiarazione, cause di esclusione. In mancanza, l’indagine va mirata sulle cause di disapplicazione, differenziando tra:
• società non operative per difetto di ricavi, che devono individuare, nel periodo d’imposta 2015, la causa di disapplicazione tra quelle riportate dal Provvedimento del 14 febbraio 2008 
• società non operative per perdite fiscali reiterate nel quinquennio 2010-2014 (almeno quattro affiancate da un reddito insufficiente a superare il minimo presunto), che devono trovare, in almeno uno di tali periodi, una delle cause di disapplicazione previste dal provvedimento dell’11 giugno 2012.
Se queste verifiche vanno a vuoto, restano tre possibilità se si vuole evitare l’adeguamento al reddito minimo presunto in dichiarazione e tutte le altre conseguenze negative collegate allo “status” di non operatività. Si tratta di:
a) ottenimento di una risposta positiva all’interpello, che dovrà essere “mirato” alla tipologia specifica di non operatività (circolare 23/E/2012), potendo anche verificarsi la necessità di una doppia istanza se la società ricade in entrambe le casistiche;
b) ottenimento di una risposta negativa ma della scelta di far valere, comunque, in dichiarazione la propria oggettiva situazione incompatibile con le finalità della disciplina pensata per gli enti “di comodo”;
c) mancata presentazione dell’interpello ma della scelta, in dichiarazione, di non procedere ad alcun adeguamento, anche in questo caso puntando sulla propria situazione oggettiva di ente “operativo”. Quindi, superando le incertezze del passato (più interpretative che altro, atteso che la norma, da sempre, individua l’istanza come una strada che la società “può” e non “deve” percorrere), è ora stata acclarata la facoltatività dell’interpello.
Tuttavia, se la società sceglie uno degli ultimi due percorsi, deve segnalarlo in dichiarazione (precisamente alle colonne 4 – o 5 – 6 e 7 del rigo RS116) indicando «2» in caso di interpello non presentato oppure «3» in caso di interpello con esito negativo. Diversamente, anche per semplice dimenticanza, l’omessa (o incompleta) indicazione viene punita, come prevede l’articolo 8, comma 3-quinquies, del Dlgs 471/1997, con la sanzione da 2mila a 21mila euro.
Anche se le istruzioni non lo dicono espressamente, si ritiene che la compilazione, in entrambi i casi, prosegua con la determinazione del ricavo presunto e del reddito minimo presunto (solo quest’ultimo in ipotesi di società non operative per le perdite reiterate), a cui farà seguito un mancato adeguamento (e, quindi, una conferma del reddito o della perdita effettivamente realizzati) a rigo RN6. La novità dovrebbe aver superato il problema, riscontrabile negli anni passati, dell’errore bloccante segnalato dal sistema in caso di mancato adeguamento, superabile solo con la forzatura della trasmissione della dichiarazione.
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Giorgio Gavelli

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