Per i beni assegnati intreccio contabile sulle plusvalenze

L’assegnazione agevolata dei beni ai soci catalizza l’interesse di società e consulenti non solo sotto l’aspetto fiscale, ma anche sotto quello della rilevazione contabile.
In assenza di indicazioni nei principi contabili nazionali, e di un chiarimento diffuso dall’Oic, il documento pubblicato dal Cndcec lunedì 14 marzo è una iniziativa lodevole, al fine di fornire un parere autorevole in grado di supportare le scelte professionali. Tuttavia, alcuni passaggi stanno suscitando ampio dibattito tra gli addetti ai lavori.
Prima del documento, le due impostazioni che si fronteggiavano sostenevano, alternativamente, la rilevazione dell’operazione a valori contabili oppure a valori correnti, indipendentemente dall’opzione fiscale, che consente di attribuire il bene a un qualunque valore intermedio tra quello catastale e quello di mercato (circolare 112/E/1999). Sul punto, il documento non prende posizione, limitandosi a trattare le ipotesi in cui «il valore attribuito dai soci» all’immobile assegnato sia uguale o differente dal suo valore netto contabile. In quest’ultimo caso (valore differente), il documento, in nota e nella bozza di verbale, afferma come sia «normale» che tale valore rappresenti un «valore di realizzo». Il che, tuttavia, ha una conseguenza assai rilevante: se nel patrimonio netto non sono presenti riserve disponibili capienti rispetto al valore normale dell’immobile da assegnare (o, al limite, capitale), l’operazione si ferma, mentre ciò non accadrebbe se i soci potessero attribuire all’immobile un valore di assegnazione pari a quello contabile.
L’elemento più dibattuto, comunque, consiste nel passaggio a conto economico della plusvalenza emergente dalla differenza tra «valore attribuito» (alias normale) e valore contabile. L’impostazione risente sicuramente dell’influsso dei principi internazionali, laddove, tuttavia, il fair value è un criterio di valutazione assai più frequentato rispetto ai nostri principi nazionali. L’assegnazione di un immobile ai soci si concretizza, inevitabilmente, in un impoverimento per la società, sia sotto l’aspetto dell’attivo che del patrimonio netto. Se è corretto che l’eventuale (ma possibile) minor valore di mercato del bene rispetto a quello contabile generi una minusvalenza (essendo venuta meno la «non durevolezza» della perdita di tale valore), rilevare una plusvalenza a conto economico nel caso contrario significa far partecipare al risultato di esercizio 2016 (con possibile copertura di perdite per pari importo) un componente positivo del tutto anomalo. Una ripartizione di patrimonio netto, trovando la sua giustificazione nell’ambito del rapporto associativo, sembra più naturale che si esaurisca in ambito patrimoniale, senza sconfinare nel conto economico, per di più, dal 2016, forzatamente nella parte “ordinaria” dello stesso. Peraltro, tale plusvalenza, ove concorresse a determinare un risultato positivo di periodo, verrebbe accantonata a riserva e, una volta distribuita – visto che non pare indisponibile – diverrebbe imponibile per i soci, dopo essere già stata assoggettata a imposta sostitutiva, la quale, per l’Agenzia (circolare 40/E/2002), dovrebbe, invece, chiudere il cerchio della tassazione per tutti i soggetti coinvolti.
Infine, la deducibilità della minusvalenza da assegnazione dell’immobile merce, suggerita in una nota, andrà confermata dalle Entrate, in quanto un regime sostitutivo (come quello in esame) ordinariamente non tollera minusvalori deducibili.
Fonte: Il sole 24 ore autore Giorgio Gavelli

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