Socio alla cassa per il dividendo

Uno degli aspetti più attesi della circolare 26/E in materia di assegnazione agevolata ai soci, era l’effetto sul socio , cioè l’emersione di reddito rappresentato dal dividendo in natura ricevuto. Dagli esempi riportati nel paragrafo 6.1.2 emergono due interessanti considerazioni.
Ipotizziamo che una società di capitali assegni un immobile il cui valore catastale sia inferiore al valore contabile e a quello normale. In questo caso non avremo debito di imposta sostitutiva, il che non inficia l’operazione agevolata la quale è perfezionata con l’indicazione nel modello Unico , ma bisogna capire quale è il dividendo tassabile sul socio. Nell’esempio citato dalla circolare 26/16 emerge anzitutto una sorta di avallo alla tecnica contabile suggerita dal documento del Cndcec del 14 marzo in cui si ammetteva la possibilità di assegnare l’immobile al valore normale anche se superiore a quello contabile. 
Sul tema , tuttavia, deve riconoscersi piena validità anche a tutte le operazioni di assegnazione che avvengono eliminando riserva pari al valore meramente contabile dell’immobile attribuito ai soci. Questa diversa scelta contabile non comporta differenza sul piano fiscale. Infatti l’importo del dividendo tassabile sul socio parte sempre dal valore normale (nell’accezione di valore catastale) dell’immobile, e ciò nel rispetto dell’articolo 47 comma 3 del Tuir, norma applicabile anche alla assegnazione agevolata. Nell’esempio della circolare infatti il dividendo tassabile sul socio si determina partendo dal valore normale/catastale dell’immobile e sottraendo la base imponibile su cui la società ha pagato l’imposta sostitutiva: tutto ciò senza considerare l’importo delle riserve annullate. 
Pertanto riprendendo l’esempio citato dalla circolare , se si avesse valore normale del bene 100, valore catastale 80, valore fiscale/contabile 90, il dividendo tassabile sul socio sarà pari al valore catastale (non essendoci debito di imposta sostitutiva), cioè 80, e ciò a prescindere dalla circostanza che siano azzerate riserve per 100 o per 90. Pertanto si conferma la tesi che si potrà generare un dividendo tassabile anche inferiore al dato delle riserve azzerate per effetto della operazione.
Un secondo importante chiarimento riguarda il trattamento fiscale sul socio quando siano attribuite sia riserve di utili che riserve di capitale. 
Nel caso di attribuzione di riserve di capitale occorre considerare che l’effetto sul socio è in primo luogo la riduzione del costo della partecipazione, considerando però che la partecipazione va prima incrementata dell’importo su cui viene pagata l’imposta sostitutiva. A questo punto se per effetto della riduzione si determinasse un risultato negativo, il cosiddetto sottozero determina dividendo tassabile. Ma nel caso in cui si attribuiscono sia riserve di utili che di capitale come ci si deve comportare? Nella circolare 26/16 l’esempio n.3 riportato nel paragrafo 6.1.2 induce a ritenere che si debba adottare un criterio proporzionale. Una volta individuata l’incidenza delle riserve di capitale su quelle di utile, il dato va applicato al valore catastale dell’immobile per determinare le conseguenze fiscali. Ipotizziamo che l’immobile abbia valore normale di 100, valore catastale di 80 e valore contabile di 90. Le riserve sono azzerate al valore contabile e si utilizzano riserve di utili per 60 ( 2/3) e di capitale per 30 ( 1/3). Costo della partecipazione = 40. Partiamo dal valore catastale cioè 80, considerando che non vi è alcuna imposta sostitutiva in capo alla società, il dato di 80 per 2/3 va considerato riserva di utili attribuita , quindi dividendo per 53,33, mentre il costo della partecipazione viene ridotto per 26,67 diventando così 13,33. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Paolo Meneghetti

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